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Le cover più ardite dei Beatles: Nina Hagen, Zoot, Cathy Barberian…

Non c’è praticamente musicista o band al mondo che si sia mai cimentato con una cover dei Fab Four. Ma quali sono le cover più ardite dei Beatles, quelle che si distaccano di più dalle versioni originali, senza diventare inutilmente brutte? Conosciamo tutti le celebri interpretazioni di Joe Cocker, che comunque rimanevano piuttosto fedeli alle canzoni dei Beatles. Un discorso simile si può fare per le cover realizzate da Ray Charles o Aretha Franklin, anche se in questi casi c’era già un certo gusto blues aggiunto. Anche Oasis, Mission, Phil Collins hanno inciso versioni molto fedeli di grandi classici del quartetto di Liverpool. Persino Jeff Beck, di cui è famosa la versione strumentale di A Day in the Life. Poi ci sono le cover legate ai film sui Beatles, come in Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, musical girato nel 1978 da Michael Schulz: un flop colossale nonostante la partecipazione di George Martin (ex produttore dei Beatles) come direttore musicale e di Bee Gees, Billy Preston, Peter Frampton, Aerosmith e Alice Cooper tra gli interpreti di versioni spesso fin troppo fedeli agli originali e a volte invece un po’ forzate. O in Across the Universe, film decisamente di maggior successo del 2007 diretto da Julie Taymor, costruito sulle canzoni dei Beatles eseguite anche da Joe Cocker, Jeff Beck e Bono e The Edge degli U2: anche in questo caso, però, si tratta di versioni molto simili a quelle originali.

E poi ci sono una miriade di reinterpretazioni che rasentano onestamente il ridicolo: da Nowhere Man rifatta da Tiny Tim, alle versioni dei cori di bambini del Langley Schools Music Project, alle cover di un fantomatico artista che si faceva chiamare Lord Sitar, all’imbarazzante interpretazione di Lucy in the Sky with Diamonds di William Shatner (il capitano Kirk di Star Trek). E l’elenco potrebbe continuare, soprattutto se prendiamo in considerazione anche tutti i campionamenti utilizzati nella musica elettronica, dance e pop… Ma noi vogliamo comunque ascoltare buona musica. E allora nell’elenco che segue troverete versioni piuttosto rimaneggiate di canzoni dei Beatles da parte di artisti noti e meno noti, partendo dagli ascolti più… diciamo “normali”, per arrivare gradualmente alle reinterpretazioni più estreme, senza scadere nell’assurdo!

Earth, Wind and Fire, Got to Get You into my Life

Cominciamo soft. Questa cover degli Earth, Wind and Fire fu pubblicata nel 1978, all’interno della colonna sonora del film Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, di cui abbiamo accennato, unico vero successo di quell’album. La versione originale dei Beatles, uscita nel 1966, non viene completamente stravolta qui, anche se ne viene esasperato l’aspetto ritmico in stile motown, quasi funky direi, con la caratterizzazione dei riff della sezione fiati. Questa cover di Got to Get You into my Life è sicuramente la migliore rappresentante di tutte le interpretazioni dei Beatles in chiave blues, motown, soul funky. Nel video un’esecuzione live in uno studio televisivo americano.

Nina Hagen, Revolution

Nina Hagen è senza dubbio una delle artiste più eccentriche del panorama mondiale, e indubbiamente lascia un segno inconfondibile su qualsiasi cosa tocchi. Tutto sommato, quindi, mi sento di dire che questa cover di Revolution è quasi “normale” rispetto ai suoi standard. Ma, ehi, è comunque Nina Hagen e “normale” non è certo una parola che esiste nel suo vocabolario! Questa traccia non è mai stata incisa su un album ed è tratta da un live del 2002 negli Stati Uniti.

Los Fabulosos Cadillacs y Debbie Harry, Strawberry Fields Forever

Quando un gruppo ska argentino incontra Debbie Harry, cantante dei Blondie, e decidono di incidere insieme una cover dei Beatles, ci sono tutti gli ingredienti per stuzzicare la curiosità. Tra tutti i brani della vasta produzione dei Fab Four, poi, loro scelgono una delle canzoni più psichedeliche. E per di più decidono di cantarla nella loro lingua madre (le parti di Debbie Harris sono in inglese). Il risultato è questa interpretazione ska di Strawberry Fields Forever, contenuta nell’album Rey Azucar del 1995.

Siouxsie and the Banshees, Helter Skelter

La cover dei Beatles più famosa registrata dai Siouxsie and the Banshees è probabilmente Dear Prudence, pubblicata come singolo nel 1983 e inclusa nell’album Nocturne e che vede tra l’altro la partecipazione di Robert Smith dei Cure alla chitarra. Ma già nell’album di esordio del 1978, Scream, la profetessa del post-punk aveva inciso con la sua band una cover dei Beatles, Helter Skelter. E qui sì che il termine “ardito” è calzante! Il brano inizia con un crescendo inquietante, quasi emergendo da un caos primordiale, sviluppandosi poi con un cantato tesissimo e dissonante, al limite della stonatura, con una chitarra acida e una sezione ritmica incalzante. Il finale poi arriva improvviso, come una doccia fredda che ci fa domandare: che razza di genialità abbiamo appena ascoltato? Se pensavate che l’originale del 1968 dei Beatles fosse strano, ascoltate questa traccia, qui proposta in un live del 1983, ancora con Robert Smith alla chitarra! Per i più curiosi, Helter Skelter è stata rivisitata tra gli altri anche da Motley Crue, Aerosmith, U2, Marilyn Manson, Pat Benatar, Husker Du, Rob Zombie.

Zoot, Eleanor Rigby

Gli Zoot erano una band australiana di fine anni Sessanta. Pubblicarono un solo album mentre erano in attività, Just Zoot nel 1970. La loro cover di Eleanor Rigby, che peraltro fu il loro principale successo, venne pubblicata solo come singolo e poi inclusa nel 1971 nella compilation Zoot Out, dopo lo scioglimento della band. Il brano è stato reinterpretato molte volte da diversi artisti: per i più curiosi consiglio di cercare anche la versione dei Big Country, inclusa nell’album Eclectic del 1996, e quella degli islandesi Of Monsters and Men del 2016, inclusa nella colonna sonora del cartone animato The Beat Bugs. Quella degli Zoot rimane a mio avviso la cover più ardita, con un’epica introduzione e un arrangiamento da power trio rock in pieno stile anni Settanta.

Cathy Berberian, Ticket to Ride

Ed eccoci arrivati alle cover più ardite di questo elenco: siete pronti ad ascoltare cose che non avreste mai pensato di ascoltare? Cathy Berberian è stata una delle più importanti cantanti di musica classica contemporanea, soprattutto a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Mezzosoprano americana, fu molto attiva anche nel tentare di abbattere i pregiudizi dell’elite classica nei confronti della musica popolare. In questa versione in stile operistico di Ticket to Ride, pubblicata nell’album Beatles Arias del 1967, spariscono tutte le blue notes e il ritmo swing dell’originale dei Beatles. Il solo pianoforte accompagna in stile musica da camera la voce operistica, che arricchisce la melodia di melismi in stile quasi barocco. Io la trovo una versione geniale, divertente e sicuramente ardita!

Dr. Zab & The Fantomatick Bands, Lucy in the Sky with Diamonds

Thierry Zaboitzeff è un polistrumentista franco-austriaco, membro degli Art Zoyd, band francese di spicco nella scena del Rock in Opposition e della scena di avanguardia degli anni Settanta. Uscito dagli Art Zoyd alla fine degli anni Novanta, cominciò a lavorare a progetti da solista. La cover di Lucy in the Sky with Diamonds è inclusa nell’album Dr. Zab, Vol. 2 del 2000. La “fantomatick band” che lo accompagna è appunto fantomatica, nel senso che in realtà è Zaboitzeff a suonare tutti gli strumenti e a cantare, cosa che fa anche nelle esecuzioni live, con l’aiuto di effetti e strumentazione elettronica. Nell’album ci sono anche altre due cover dei Beatles degne di nota: Come Together e Get Back. La sua versione di Lucy in the Sky with Diamonds è sostanzialmente strumentale, eseguita con strumenti inusuali ed estremamente elegante.

Bobby McFerrin, Drive My Car

Drive My Car è un brano dei Beatles contenuto in Rubber Soul del 1965. Energetica, ritmata e basata su riff di chitarra elettrica: chi poteva pensare di fare una cover di questa canzone usando la sola voce, se non quel matto di Bobby McFerrin? Questa versione a cappella, ovvero con l’utilizzo di sole voci e nessuno strumento, fa parte di quello che probabilmente è il suo album più famoso, Simple Pleasures del 1988, che peraltro include anche qualche altra cover interessante. Bobby McFerrin è decisamente un artista, un mago della vocalità e le sue sperimentazioni sono spesso ardite e divertenti: questa cover ne è la dimostrazione perfetta!

 

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Roberto Cruciani

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