I Depeche Mode hanno dominato la scena musicale fin dai primi anni Ottanta, distinguendosi fra i principali esponenti dell’ambiente musicale che cercava di coniugare l’elettronica al pop. E hanno continuato per oltre quarant’anni a mantenere un’elevata qualità musicale e uno stile inconfondibile. E allora questa settimana io sono andato a caccia per voi delle cover più ardite dei Depeche Mode.
Perché nello sterminato catalogo di successi della band di Dave Gahan e Martin Gore non ci sono solo hit pop, ma anche tanti brani che hanno dimostrato nel tempo di potersi adattare facilmente anche ad altri stili musicali. Ed è proprio nelle reinterpretazioni che trasportano le loro canzoni dal pop ad altri mondi sonori che possiamo scoprire quanto quei brani apparentemente semplici siano in realtà dei capolavori. Ovviamente i tributi ai Depeche Mode sono spuntati come funghi, soprattutto dopo la scomparsa di Andrew Fletcher, il terzo componente storico della band. E moltissimi sono stati anche i grandi nomi che si sono cimentati con il loro repertorio, sia in compilation tributo che in album interamente dedicati alle reinterpretazioni di brani dei Depeche Mode.
Alcuni li incontreremo in questa selezione, ma tra gli altri citerò qui a titolo di esempio i Cure, che nel 1998 hanno rivisitato World in My Eyes, i Def Leppard, che nel 2018 hanno registrato una loro versione di Personal Jesus, i Rammstein con la loro Stripped del 1998, Scott Weiland, che nel 2001 ha reinterpretato But Not Tonight, i Tangerine Dream, con la loro versione di Precious, registrata nel 2010, i Royksopp con Ice Machine, pubblicata come singolo nel 2013. Come appare evidente, si tratta spesso di artisti di provenienze e universi musicali molto distanti fra loro, ma in questa prospettiva accomunati dal desiderio di mettere mano alle canzoni dei Depeche Mode.
Menzioni d’onore
Come potete immaginare, in questo scenario sarebbe impossibile dare conto di tutte le cover ardite dei Depeche Mode. Cercherò comunque di concentrarmi su quelle meglio riuscite e più distanti dalle versioni originali dei brani. In questo paragrafo, in particolare, tenterò di colmare alcune lacune, indicandovi delle versioni molto intriganti che però non hanno trovato spazio nella selezione che segue. In generale, ho cercato di evitare le cover di ambito elettronico, perché difficilmente riescono a discostarsi molto dagli originali. Vale la pena però citare qui A Question of Time nella versione dei Clan of Xymox, pubblicata nel 2012 nel loro album Kindred Spirits.
Tra i successi più pop dei Depeche Mode c’è indubbiamente Just Can’t Get Enough. Ma riuscite a immaginarla in versione bossanova? È esattamente ciò che hanno fatto i Nouvelle Vague nel loro album di esordio del 2004. Un’altra versione piuttosto ardita del brano è stata pubblicata nel 2021 dalla cantante filippina Chir Cataran nella compilation By Popular Demand Presents Acoustic New Wave. Se poi avete mai avuto la curiosità di sapere come suonerebbero i Depeche Mode in versione reggae, i Sublime Reggae Kings hanno pubblicato un arrangiamento di Strangelove nell’album Vintage Reggae Beats del 2018.
Nella compilation tributo For the Masses del 1998, troviamo una interessante versione di Shake the Disease registrata dagli Hooverphonic. Dello stesso brano, poi, vi consiglio la versione jazz di Lisa Bassenge Trio contenuta nell’album A Sigh a Song del 2002 e quella dei Songs of Lemuria, contenuta nell’album Shake a Disease del 2006. Nello stesso album dei Songs of Lemuria, vi segnalo anche la cover di Freelove. Un’ulteriore versione ardita che merita una menzione è quella di It’s No Good registrata dai Cosmic Tribe nel 2010 per il loro album Hypersonic Scream.
Dee Madden, Everything Counts
Musicista di Portland, Dee Madden ha dedicato nel 2016 un intero album alle reinterpretazioni di canzoni dei Depeche Mode, dal titolo Mimeograph 2: DM. Tutte le cover contenute in questo album meriterebbero il titolo di “ardite”, ma qui ho scelto per voi Everything Counts. Nella sua versione originale, il brano era incluso nell’album Construction Time Again, pubblicato dai Depeche Mode nel 1983.
The Quakes, Behind the Wheel
New Generation, pubblicato nel 1993, è il quarto album dei Quakes, band americana di psychobilly, ovvero una fusione di rockabilly con elementi del punk. New Generation ebbe un notevole successo in Giappone, supportato da un tour nella terra del Sol levante tra il 1992 e il 1993. L’album include una versione di Behind the Wheel dei Depeche Mode, eseguita con lo stile e la strumentazione tipici del rockabilly: contrabbasso, chitarra elettrica e batteria. L’originale dei Depeche Mode era stata pubblicata nel 1987 nel loro album Music for the Masses.
Smashing Pumpkins, Never Let Me Down Again
Ed eccoci già arrivati ai nomi famosi, come vi avevo anticipato all’inizio dell’articolo. Tratta dalla compilation tributo ai Depeche Mode For the Masses del 1998, la versione di Never Let Me Down Again registrata dagli Smashing Pumpkins trasporta il brano dall’ambito pop elettronico dei Depeche Mode al mondo del rock schietto e sanguigno, senza strumenti elettronici, fatto di chitarre dal suono acido e parti di batteria esuberanti. Anche questo brano era originariamente incluso nell’album Music for the Masses, pubblicato dai Depeche Mode nel 1987. Dello stesso brano, vi segnalo però anche alcune altre cover piuttosto “ardite”.
Quella dei Farmer Boys, contenuta nel loro album Countryfied del 1996, si presenta in stile gothic metal, con la partecipazione alla voce della cantante olandese Anneke van Giersbergen, già nota per la sua militanza nei Gathering. La cover realizzata da Greg Laswell insieme a Molly Jenson nel 2019, inclusa nell’album Covers II, ha invece un carattere più cantautorale. Nel 2002 ne hanno registrato un’interessante versione anche i Mission, per il loro album Aural Delight. Più recenti sono la cover dei Watershed, realizzata nel 2022 per la compilation 6122 (To Andrew Fletcher of Depeche Mode), e quella della band elettronica Xiu Xiu, registrata nel 2023 per la compilation All I Ever Wanted – A Tribute to Depeche Mode. Nel video, vi propongo un’esecuzione dal vivo degli Smashing Pumpkins, tratta da un loro live del 2018, in una versione forse ancora più sanguigna di quella registrata nella compilation.
Lacuna Coil, Enjoy the Silence
Enjoy the Silence, pubblicata dai Depeche Mode nel 1990 all’interno del loro album Violator, è uno dei brani più reinterpretati in cover più o meno fedeli all’originale. Si trovano diversi esempi di nomi famosi, da Tori Amos a Richie Ramone, dai Linkin Park agli HIM. Ma quanto ad arditezza, ritengo siano più interessanti la versione registrata dai Brains nel 2011 per il loro album Rockabilly and Psychobilly Madness e quella di Phillip Boa and the VoodooClub, inclusa nell’album Eugene del 2001. La cover ardita che però ancora detiene la palma di migliore è secondo me quella realizzata dagli italiani Lacuna Coil e inclusa nel loro album Karmacode del 2006. Qui i Lacuna Coil la eseguono dal vivo in Germania nel 2007.
Sissel Vera Pettersen and Nikolaj Hess, Home
Una cantante jazz norvegese, Sissel Vera Pettersen, che collabora con un pianista danese, Nikolaj Hess, nella costruzione di un album, By This River, dai toni rarefatti ed eleganti, pubblicato nel 2006. L’album include anche una cover ardita di Home dei Depeche Mode: decisamente una versione da ascoltare! Home è un brano pubblicato dai Depeche Mode nel 1997 nell’album Ultra.
Terry Hoax, Policy of Truth
Secondo album dei tedeschi Terry Hoax, Freedom Circus è stato pubblicato nel 1992. I Terry Hoax sono una band dal suono genuinamente rock, e in questo album inseriscono una cover di Policy of Truth suonata con tale naturalezza da far pensare che sia un brano nato rock. Si tratta invece di una canzone che i Depeche Mode avevano pubblicato nel 1990 nel loro album Violator. Un’altra versione degna di nota è quella dei Dishwalla, contenuta nella compilation For the Masses del 1998.
Placebo, I Feel You
Tornando ai nomi famosi, anche i Placebo si sono cimentati con la reinterpretazione di brani dei Depeche Mode. Questa loro versione di I Feel You è sicuramente una delle cover ardite più riuscite, pubblicata nel loro Black Market Music del 2000. Dieci anni dopo venne inclusa anche nell’album Covers. Ma i Placebo non sono gli unici fra i grandi nomi ad aver affrontato la reintepretazione di questo brano: Johnny Marr, chitarrista degli Smiths, ne registrò una versione piuttosto particolare nel 2015, pubblicandola come singolo. L’originale dei Depeche Mode era incluso nell’album Songs of Faith and Devotion del 1993.
A Perfect Circle, People Are People
People Are People è un brano dei Depeche Mode del 1984, originariamente contenuto nell’album Some Great Reward. La versione registrata dagli A Perfect Circle e inclusa nel loro album del 2004 Emotive risponde perfettamente alla definizione di “cover ardita”: qui cambiano gli strumenti, le atmosfere e addirittura la melodia viene modificata in maniera sapiente. Nel video, un’esecuzione live tratta dal dvd del boxset A Perfect Circle Live: Featuring Stone and Echo, pubblicato nel 2013.
Nina Hagen, Personal Jesus
Personal Jesus è indubbiamente il brano dei Depeche Mode che vanta più cover in assoluto, ma soprattutto più cover ardite. Celeberrima è la versione del 2004 di Marilyn Manson, inclusa nell’album Lest We Forget. Probabilmente altrettanto famosa è la cover ardita di Johnny Cash, pubblicata nel 2002 nell’album American IV: The Man Comes Around, forse la capostipite fra tutte le cover, quella che ha dato spunto a molte delle interpretazioni ardite successive. E così abbiamo nel 2006 la versione jazzata di Jazzystics and Karen Souza, nel 2010 quella blues dei Blues Collective inclusa nell’album Panic Attack, quella di Sammy Hagar in Sammy Hagar & Friends del 2013, quella rockabilly del 2014 pubblicata dai Brains in Cover Up.
Sempre nel 2014 troviamo un interessante caso italiano, con la cover realizzata da Veronica Marchi e pubblicata nel suo album Cover. Infine, vi segnalo anche la versione di Richard Cheese, inclusa in I’d Like a Virgin del 2006. Queste a mio parere sono le cover più ardite e ben riuscite di Personal Jesus, ma su tutte ho scelto di proporvi qui quella di Nina Hagen, pubblicata nel 2010 nel suo album Personal Jesus, dove la geniale follia della cantante tedesca arricchisce il brano di toni completamente nuovi. L’originale dei Depeche Mode era di nuovo contenuta nell’album Violator del 1990. Nel video, Nina Hagen dal vivo nel 2010 nel programma televisivo francese Tarata.
Sylvain Chauveau and Ensemble Nocturne, Strangelove
Per concludere, vi propongo un brano tratto dal’album del 2005 Down to the Bone (An Acoustic Tribute to Depeche Mode) di Sylvain Chauveau, compositore francese di musica elettronica. In questa versione di Strangelove, come anche in tutte le altre cover dei Depeche Mode contenute nell’album, il suo approccio minimalista spazza via qualsiasi tentativo di comprensione armonica, e la melodia originale si ritrova appoggiata su un tessuto inaspettato e decisamente ardito. I Depeche Mode avevano pubblicato Strangelove nel 1987 nel loro iconico album Music for the Masses.
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