I Led Zeppelin sono indubbiamente una band iconica del rock, con centinaia, forse migliaia di artisti che si sono cimentati almeno in una cover dal loro repertorio, ma io sono andato a caccia delle cover più ardite dei Led Zeppelin, quelle che più si discostano dalle versioni originali, pur mantenendo un’alta qualità musicale. Negli Stati Uniti, in particolare, sembra ci sia una vera e propria mania per Robert Plant e compagni. Pensate che esistono almeno due famose tribute band al femminile: le Lez Zeppelin e le Zepparella. Entrambe però si mantengono piuttosto fedeli alle interpretazioni originali. Diversi sono anche gli album tributo pubblicati, tra cui Enconium: A Tribute to Led Zeppelin del 1995, che include una bella versione di Misty Mountain Hop dei Four Non-Blondes, e All Blues’s Up: Songs of Led Zeppelin del 2002, in particolare con l’interpretazione di Eric Gales di Custard Pie e quella di Clarence Brown di Rock and Roll.
Molti artisti hanno anche dedicato interi album alle cover dei Led Zeppelin, come Beth Hart (A Tribute to Led Zeppelin, 2022) e Keith Emerson (The Greatest Led Zeppelin Tribute of All-Time, 2010). In ambito punk, spicca la versione di Communication Breakdown dei Flaming Lips, ma vi segnalo le interpretazioni dello stesso brano anche dei Dickies e dei D.O.A. Tra i nomi di rilievo che si sono cimentati con i classici dei Led Zeppelin, troviamo Chris Cornell con Thank You dal vivo, unplugged, gli Iron Maiden con Communication Breakdown, i Dream Theater con un medley di The Rover, Achilles Last Stand e The Song Remains the Same, i Living Colour con The Ocean, i Tool e gli Ayreon entrambi con No Quarter, Sheryl Crow con D’yer Mak’er… tutte versioni abbastanza fedeli. Spiccano invece per originalità le interpretazioni dei Nirvana registrate come demo tape a inizio carriera e pubblicate postume: fra tutte forse Heartbreaker.
Alcune cover non sono rientrate nell’elenco che segue, ma meritano una menzione speciale per l’originalità. I Six Appeal, ad esempio, hanno realizzato una versione a cappella di Fool in the Rain. Gli Hayseed Dixie hanno pubblicato una interessante versione bluegrass di Whole Lotta Love e, sempre in ambito bluegrass, segnalo anche gli Iron Horse con When the Levee Breaks, accanto a diverse altre nell’album Whole Lotta Bluegrass del 2005. I Bonerama hanno interpretato in versione funky Heartbreaker, con due tromboni, in un album dedicato ai Led Zeppelin: Bonerama Plays Zeppelin del 2019. The Hampton String Quartet ha arrangiato per archi Black Dog, Whole Lotta Love e Stairway to Heaven in un album singolarmente intitolato Sympathy for the Devil del 2004. Jake Shimabukuro ha invece prodotto una versione strumentale per ukulele di Going to California. Segnalo anche la versione jazz-soul di Since I’ve Been Loving You di Corinne Bailey Rae.
Incredibile ma vero, l’interpretazione dei Duran Duran di Thank You (nel loro album Thank You del 1995) è decisamente interessante e originale. Dancing Days degli Stone Temple Pilots contiene anche elementi interessanti. Rock and Roll interpretata da Jerry Lee Lewis, con la partecipazione di Jimmy Page, è un’altra cover da ascoltare. Come anche la Stairway to Heaven per due chitarre di Rodrigo Y Gabriela.
Ma vediamo quali sono le cover più ardite del Led Zeppelin che ho scelto per voi questa settimana.
I Dread Zeppelin sono una band reggae rock di mattacchioni americani nata con l’intento di riproporre i classici dei Led Zeppelin in versione reggae. In realtà, però, la faccenda non finisce qui. Innanzitutto nella loro produzione si trovano reinterpretazioni di hit di diversi altri artisti. Ma ciò che li rende particolari è l’interpretazione vocale in stile Elvis Presley, accanto a una buona dose di umorismo. Il risultato è spesso decisamente geniale. Livin Loving Maid è un brano contenuto originariamente in Led Zeppelin II del 1969. La versione dei Dread Zeppelin è pubblicata nell’album Un-Led-Ed del 1990.
Sicuramente la cover più famosa dei Led Zeppelin, ma direi anche probabilmente la più ardita e pazzerella! Stairway to Heaven è stata pubblicata dai Led Zeppelin nel 1971 nell’album Led Zeppelin IV. L’interpretazione di Frank Zappa invece è uscita nel 1991 nell’album The Best Band You Never Heard in Your Life, anche se Zappa già la suonava dal vivo almeno dalla fine degli anni Ottanta.
Le SHEL sono un gruppo folk pop americano composto dalle quattro sorelle Holbrook, dai nomi delle quali deriva l’acronimo SHEL: Sarah, Hannah, Eva e Liza. Una band composta da banjo, violoncello, mandolino, fisarmonica, organetto, violino e percussioni: non stupisce che l’arrangiamento del brano dei Led Zeppelin risulti quantomeno ardito… ma io aggiungerei anche molto ben riuscito! Battle of Evermore era contenuta in Led Zeppelin IV del 1971, mentre la versione delle SHEL è del 2012, contenuta nell’album omonimo. Il video propone una esecuzione live della band.
Black Dog è un classico del rock, anch’esso contenuto originariamente in Led Zeppelin IV. Ne esistono moltissime e diversissime cover, tra cui una in finlandese degli Elakelaiset, contenuta nell’album Humppakarajat del 1994, arrangiata come musica tradizionale finlandese: la humppa è una danza tradizionale derivata dalla polka. In ambito jazz, sono da segnalare anche la versione di Ted Kooshian con l’arrangiamento per sax in Ted Kooshian’s Standard Orbit Quartet del 2008, e soprattutto quella del 1972 dei C.C.S. (Collective Consciousness Society), band inglese degli anni Settanta basata sui fiati. Ma l’arrangiamento del trio Bailey, White, Coryell pubblicato nell’album Electric del 2005 spicca fra tutte le interpretazioni jazz e non solo. Il video che vi propongo è di un live a San Pietroburgo del 2016. Occhio alla sezione ritmica: il batterista Lenny White è lo stesso che ha picchiato le pelli in Bitches Brew di Miles Davis e nei Return to Forever, tra gli altri; Victor Bailey invece è stato il bassista dei Weather Report dal 1982 al 1986… non credo serva dire altro!
Ancora da Led Zeppelin IV è tratto il brano Going to California. Liz Larin, nel suo album Wake Up, Start Dreaming del 2006, ne ha proposto un’interessantissima versione. Ma come potrebbe mai competere con questa arditissima interpretazione di Elisapie? Regista cinematografica e cantante canadese di origini inuit, Elisapie ci propone qui un’interpretazione in lingua inuit, contenuta nell’album Inuktitut del 2023.
Kashmir era originariamente contenuta nell’album dei Led Zeppelin Celebration Day del 1975. Molte sono state negli anni le reinterpretazioni interessanti e originali, in particolare l’arrangiamento strumentale per archi, batteria, chitarra e sax del 1989 degli Ordinaires, e la versione del 2015 dei Songhoy Blues, band originaria del Mali in esilio che canta in lingua songhoy. Io però qui ho scelto la cover di Vincent Peraini, Kashmir to Heaven, contenuta in Living Being II (Night Walker) del 2018. La versione di questo fisarmonicista jazz francese, infatti, è decisamente lontana dall’originale, e ardita! Nell’esecuzione dal vivo del 2018 proposta nel video il brano si conclude con il tema di Stairway to Heaven.
Immigrant Song, contenuta in Led Zeppelin III del 1970, è un altro grande classico dei Led Zeppelin, al quale molti artisti si sono rivolti. In particolare, segnalo la versione di Ann Wilson contenuta in Hope and Glory del 2007: l’interpretazione della ex cantante degli Heart rallenta il brano senza però indebolirne il groove. Le versioni dei Minimal Compact nel 1987 e dei Vanilla Fudge del 2007 sono anche interessanti, ma un po’ più aderenti all’originale. La cover che vi propongo qui, invece, è di Cyro Baptista, geniale percussionista brasiliano che ha collaborato con moltissimi noti importanti, fra cui John Zorn… e questo dovrebbe mettervi in allarme. Inclusa nell’album Love the Donkey del 2005, la sua Immigrant Song è decisamente creativa e fondamentalmente imperniata sull’aspetto percussivo.
Di cover ardite di Moby Dick, brano pubblicato in Led Zeppelin II del 1969, non se ne trovano invece molte, complice sicuramente la difficoltà nel riproporre l’iconico assolo di batteria di Bonham. È singolare quindi trovarne una versione fortemente riarrangiata in una band capitanata da un batterista, per l’esattezza l’ex batterista dei Red Hot Chili Peppers Chad Smith. Pubblicata nell’album More Meat del 2010, questa cover propone un arrangiamento decisamente più funky rispetto all’originale.
I Rasputina sono una band alternative rock di New York, fondata da Melora Creager quando aveva acquisito una certa fama per aver suonato il violoncello in alcuni live dei Nirvana. L’arrangiamento, strumentale, per violoncelli e batteria, rende questa cover piuttosto ardita… L’originale del 1971 era contenuto in Led Zeppelin IV, mentre la cover dei Rasputina è pubblicata nell’album The Lost & Found del 2001.
Per concludere, ancora una trasposizione di un brano rock in chiave tradizionale, questa volta messicana. I Sones de Mexico Ensemble sono una band di Chicago con la missione di tenere viva la tradizione della musica messicana. Questa versione di Four Sticks, quindi, è interpretata in messicano, con strumenti tradizionali e un arrangiamento inequivocabile. L’originale proviene sempre da Led Zeppelin IV, mentre l’interpretazione dei Sones de Mexico è contenuta nell’album Esta Tierra Es Tuya del 2007.
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