
Le cover più ardite di Neil Young: The Meters, Tori Amos, Roxy Music... Blitz Quotidiano. Foto ANSA
Neil Young è uno degli artisti più acclamati e premiati della scena rock. Nella sua lunga attività di musicista ha prodotto una quantità sbalorditiva di album e molti brani che sono diventati simboli del rock, anche per i temi socialmente impegnati. Dagli anni Sessanta a oggi, sono tantissimi gli artisti che hanno omaggiato la sua carriera e la sua produzione con reinterpretazioni dei suoi brani. Ma quali sono le cover più ardite di Neil Young? Quelle, per capirsi, che si discostano maggiormente dalle versioni originali, facendo spesso emergere aspetti che nell’interpretazione dell’autore erano rimasti in secondo piano?
Legato fin dagli inizi all’ambiente del folk rock, Neil Young lasciò la sua terra natale, il Canada, negli anni Sessanta per unirsi ai Buffalo Springfield negli States. Oltre alla ben nota parentesi con Crosby, Stills, Nash & Young, negli anni Settanta ha prodotto una serie di album da solista, spesso insieme ai Crazy Horse, molti dei quali sono divenuti pietre miliari della storia del rock. Ha poi continuato la sua carriera solista, sperimentando con musiche per progetti cinematografici, collaborando con i Pearl Jam negli anni Novanta, fino all’ultimo album finora pubblicato, Early Daze, del 2024. Pur essendo un artista di estrazione folk rock, le sue produzioni sono sempre caratterizzate da una certa dose di sperimentazione. A volte, quindi, risulta davvero difficile immaginare come un brano di Neil Young possa essere interpretato in una “cover ardita”.
Eppure i tentativi sono stati molti, sia da parte di artisti famosi che meno famosi, in ambiti musicali molto diversi fra loro. Fra gli album più interessanti dedicati interamente alla produzione di Neil Young, vi segnalo Calling Cortez, pubblicato nel 2023 dai Minus 5: qui è possibile trovare una nutrita collezione di cover piuttosto ardite di brani dell’artista canadese. Tra gli innumerevoli album tributo, invece, vi segnalo Cinnamon Girl: Women Artists Cover Neil Young for Charity, pubblicato nel 2008, ma anche Everybody Knows This is Norway (A Tribute to Neil Young) del 2001. Qui, in particolare si trovano una versione bluegrass di Out on the Weekend e anche una cover abbastanza “pesante” di Thrasher ad opera dei norvegesi Madrugada.
Menzioni speciali
Considerata la grande mole di reinterpretazioni da parte degli artisti più svariati dei brani di Neil Young, in questo articolo mi sono concentrato sui suoi brani da solista, lasciando da parte la produzione con i Buffalo Springfield e con Crosby, Stills, Nash & Young. E si tratta comunque di un vastissimo repertorio. Curiosamente, la maggior parte delle cover si concentrano su pochi brani. Spesso, ovviamente, si tratta dei più celebri, ma ci sono anche esempi di brani che contano numerose cover pur non essendo tra i più famosi di Neil Young. Tra quelli famosi, Rockin’ in the Free World, originariamente pubblicato nel 1989 nell’album Freedom, è di certo un brano che conta molte cover, tra cui alcune ardite. I Larkin Poe ne hanno pubblicato una versione inaspettatamente intimista nell’album Kindred Spirits del 2020. Gli Alarm nel 1991 hanno inserito la loro versione in Raw. Suzi Quatro ne ha registrato una cover nel 2006 per il suo album Back to the Drive.
Nel 2019 è uscita l’interessante versione degli U.K. Subs, inclusa nel loro Subversions II. E addirittura le Pussy Riot ne hanno realizzato una cover nel 2015. Altro esempio è Old Man, pubblicata da Neil Young in Harvest, album del 1972, di cui esiste una cover piuttosto ardita di Natalie Cole, inclusa in Leavin’ del 2006, e un’altra totalmente diversa dei Puddle of Mud, registrata per l’album Re(disc)overed del 2011. Tra le cover ardite che non hanno trovato spazio nella selezione che segue, va sicuramente inserita Natalie Imbruglia, con la sua versione di Only Love Can Break Your Heart, inclusa in Male, del 2015. La registrazione originale compariva invece in After the Gold Rush del 1970. Dello stesso brano vi segnalo anche una reinterpretazione degli irlandesi Corrs, pubblicata nel 2022. Anche i Flying Pickets si sono cimentati con brani di Neil Young: la loro versione a cappella di Southern Man è del 1996.
Nel 1999 i Pretenders hanno realizzato una cover interessante di The Needle and the Damage Done. Mentre, venendo a brani forse un po’ meno noti, vi segnalo la versione di Sugar Mountain realizzata dai Fifth Flight nel 1970 e quella di Winterlong registrata dai Pixies per l’album tributo The Bridge: A Tribute to Neil Young del 1989. In Italia, alcuni brani di Neil Young sono stati reinterpretati con un testo in italiano, che in genere non ha nulla a che vedere con l’originale: è il caso ad esempio di Noi soli, pubblicato dai Dik Dik nel 1973, reinterpretazione di Birds. Ma veniamo alla selezione delle cover più ardite (e più riuscite) di Neil Young che ho scelto per voi.
The Meters, Down by the River
Down by the River è un brano pubblicato da Neil Young nel 1969 nell’album Everybody Knows This is Nowhere. Si tratta di uno dei brani più reinterpretati dell’artista canadese, con cover ardite già nel 1970, ad opera di Buddy Miles, e soprattutto nel 2001 da parte dei Low and Dirty Three. Ma la cover più ardita e ben riuscita per me è quella dei Meters, registrata con il loro caratteristico stile funk di New Orleans nel 1976 e pubblicata nella raccolta del 2001 delle rarità della band Kickback.
Manfred Mann’s Earth Band, Don’t Let it Bring You Down
Tratta da After the Gold Rush, terzo album di Neil Young pubblicato nel 1970, Don’t Let it Bring You Down è uno dei suoi brani più famosi. Molti artisti ne hanno realizzato delle cover. Tra le più ardite vi consiglio di ascoltare anche quella di Annie Lennox, inclusa nel suo album del 1995 Medusa. I Manfred Mann’s Earth Band l’hanno eseguita spesso dal vivo, a volte sotto il titolo di Castles Burning, in un arrangiamento più veloce rispetto all’originale e con lunghe parti improvvisate e soliste. Nel 2005 hanno inserito una loro versione del brano in Odds & Sods – Mis-takes & Out-takes. Ma già nel 2004 ne avevano pubblicato la versione proposta nel video, all’interno del DVD Angel Station in Moscow, registrata dal vivo a Mosca nel 2000.
Type O Negative, Cinnamon Girl
Pubblicata originariamente da Neil Young nel 1969, Cinnamon Girl era la traccia di apertura dell’album Everybody Knows This is Nowhere. John Entwistle, storico bassista degli Who, ne aveva realizzato un’interessante cover che vi consiglio di ascoltare, pubblicandola nel 1996 nella riedizione del suo album di esordio Smash Your Head Against the Wall, originariamente del 1971. La versione dei Type O Negative, inclusa nel loro album del 1996 October Rust, trasporta il brano in una dimensione che potremmo descrivere goth metal, guadagnandosi la mia personale preferenza come cover ardita.
Sonic Youth, Computer Age
Computer Age è un brano incluso nel tredicesimo album di Neil Young Trans, pubblicato nel 1983. Un album discusso e inatteso, in cui il cantautore canadese sperimentava con l’elettronica, sconfinando in una sorta di synth pop difficile da digerire per molti suoi fans. I Sonic Youth, nella loro reinterpretazione, riportano il brano in territori più rock, o perlomeno nella loro caratteristica interpretazione del rock. Ne viene fuori una versione decisamente ardita, che la band ha incluso nell’album Daydream Nation del 1988, ma solo nella versione deluxe uscita nel 1989.
Tori Amos, Heart of Gold
Pubblicata originariamente nell’album Harvest del 1972, Heart of Gold è una famosissima canzone di Neil Young. Negli anni, è stata più volte reinterpretata in chiave jazz, ad esempio, da Bettye LaVette proprio nel 1972 e più recentemente da Carla Cook. Una versione che colora il brano di sonorità metal è stata pubblicata dai Black Label Society di Zakk Wylde in Heart of Gold, Alcohol Fueled Brewtality Live!, del 2001. Ma la cover ardita che ho scelto per voi è quella realizzata da Tori Amos e inclusa nel suo album Strange Little Girls del 2001, un album in cui Tori Amos reinterpreta in chiave femminile classici originariamente cantati da uomini.
Teho Teardo & Blixa Bargeld, Hey Hey, My My
Hey Hey, My My è un vero e proprio inno del rock, inciso da Neil Young nel 1979 nel suo album Rust Never Sleeps. Fra le tante cover di questo brano, spiccano per arditezza quella dei D.O.A., pubblicata nel 2020 nell’album Treason, e quella realizzata dai Devo insieme allo stesso Neil Young per il film Human Highway del 1982. Questa è davvero una versione folle, più che ardita, ma il coinvolgimento diretto dell’autore mi fa dubitare che si possa definire cover. Del 2017, invece, è la versione realizzata da Teho Teardo e Blixa Bargeld, con la loro formazione avanguardistica e da “rock da camera”, inclusa nel loro album Fall. Nel video, una esecuzione dal vivo nel 2018.
The Flaming Lips, After the Gold Rush
After the Gold Rush è la title track del terzo album di Neil Young, pubblicato nel 1970. La versione a cappella incisa dagli inglesi Prelude nel 1974 è stata un grande successo e ha certamente influenzato molte versioni successive, inclusa quella del Trio, supergruppo composto da Dolly Parton, Emmylou Harris e Lisa Ronstadt, pubblicata nel 1999 nel loro album Trio II. I Flaming Lips ne pubblicarono una cover ardita nel 1989, all’interno della compilation tributo The Bridge: A Tribute to Neil Young. Nella loro versione, gli aspetti apocalittici del brano appaiono esasperati dalle scelte musicali.
Roxy Music, Like a Hurricane
Like a Hurricane è un brano di Neil Young pubblicato nell’album American Stars ’n Bars insieme ai suoi Crazy Horse nel 1977. Nonostante la melodia della strofa e l’attacco del ritornello siano molto caratterizzanti, ne esistono alcune cover che definirei ardite: i Mission ne hanno pubblicato una versione con il loro tipico stile un po’ gotico, nell’EP II del 1986. Ma soprattutto i Roxy Music hanno realizzato la cover più “ardita” di Like a Hurricane nel loro live del 1982, pubblicato inizialmente solo su VHS e in seguito nell’album Heart Still Beating del 1990. Nel video, la ripresa di quel live, con una versione del brano che ne fa emergere aspetti, soprattutto ritmici, insospettabili nell’interpretazione originale di Neil Young.
Dinosaur Jr., Lotta Love
Quarta traccia dell’album Comes a Time, Lotta Love fu pubblicata da Neil Young nel 1978. Nello stesso anno uscì la cover di Nicolette Larson, inclusa nell’album Nicolette, che ottenne un buon successo. Nel 1989 i Dinosaur Jr. registrarono la loro versione, che si può ben dire ardita, per la compilation The Bridge: A Tribute to Neil Young.
Everything but the Girl, Birds
Il duo inglese degli Everything but the Girl ha pubblicato una versione di Birds nell’EP The Only Living Boy in New York del 1993. È una versione acustica, quindi con timbri simili all’originale che Neil Young aveva incluso in After the Gold Rush nel 1970. Eppure, qui ci troviamo di fronte a un’interpretazione molto diversa, a una cover tutto sommato “ardita”.
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