“Benché da molti sia considerata una bella donna, mia madre puzza”: non male come incipit per un romanzo familiare, a dimostrazione che, soprattutto in letteratura, la mamma non è sempre la mamma.
Gli stereotipi non reggono alla distanza e la banalità di un amore filiale consente al massimo una facile presa iniziale. Appena dimenticata l’enfasi elogiativa della fascetta promozionale, chi ricorderà più il personaggio della buona madre santa e amata?
Antonio Franchini, editor e autore, influente protagonista del panorama editoriale italiano, lo sa. Finalista, ma non vincitore annunciato dell’ultimo premio Campiello, con il suo “Il fuoco che ti porti dentro” (Marsilio, pagg. 224, euro 18) ci consegna il ritratto irresistibile di una madre odiosa, la sua. Un concentratto di nefandezze caratteriali – egoista, livorosa, opportunista, violenta – che la rende memorabile.
Angela Izzo, beneventana sposata a un borghese napoletano, è anche il prototipo di un certo tipo, prevalente, di arcitaliana: “Il qualunquismo, il razzismo, il classismo, l’egoismo, l’opportunismo, il trasformismo, la mezza cultura peggiore dell’ignoranza, il rancore…”.
Franchini ne fa un personaggio emblematico, senza psicologismi d’accatto o redenzioni posticce. Né, tanto meno, intenti vendicativi. Sullo sfondo, l’eterno conflitto culturale Nord-Sud (il figlio, l’autore, si è trasferito a Milano per lavoro). Non si gridi al capolavoro: basta dirselo, anche a bassa voce.