Era solo quest’estate: Satnam Singh, bracciante sikh, viene scaricato più morto che vivo davanti a casa invece che al Pronto Soccorso, a dissanguarsi fino a morirne perché un macchinario agricolo gli aveva portato via un braccio. Un braccio buttato su una cassetta di frutta. Era giugno, a qualche decina di chilometri da Roma, in provincia di Latina, nelle campagne dell’Agro Pontino.
LeggerMente: “Agro Punjab”, di F. Cicculli e S. Prandi
Agro Punjab. Perché qui ci lavorano, ormai da una ventina d’anni, migliaia di braccianti stranieri, in prevalenza di religione sikh, giunti dal Punjab: faticano per 4-6 euro l’ora, raccolgono soprattutto kiwi. L’Italia è il terzo produttore del mondo, e l’Agro Pontino è il punto più fertile.
“Agro Punjab” è anche il titolo di un’inchiesta appena uscita per Nottetempo (Agro Punjab. Lo sfruttamento dei sikh nelle campagne di Latina, pagg. 144, 14,90 euro), firmata da Francesca Cicculli e Stefania Prandi. Quella di Satnam non è una tragedia privata.
Gli appezzamenti di terra offerti da Mussolini ai coloni del Veneto e dell’Alta Italia che bonificarono le paludi pontine, negli anni ’80 sono caduti nelle mani delle diverse declinazioni mafiose della criminalità organizzata.
Le due giornaliste hanno realizzato centinaia di interviste all’interno della comunità: il reclutamento in India, l’indebitamento iniziale che li strangola e ricatta. L’opaco sistema di intermediazione tra datori e braccianti: un sistema che sfrutta i lavoratori e sfrutta le falle del decreto flussi. Il mondo di Satnam è un inferno che ci rifiutiamo di vedere.
Marco Omizzolo, sociologo e attivista da anni al fianco dei braccianti sikh, nota nella postfazione che “Agro Punjab parla di noi stessi, del modo in cui abbiamo organizzato le nostre istituzioni, del nostro modello di impresa e della cultura che ispira la nostra capacità di dare ordine al mondo”.