Improvvisamente precipitati negli anni ’70, abbiamo sentito il sindaco di Bologna accusare il governo Meloni di aver inviato in città 300 “camicie nere”, i famigerati fascisti del terzo millennio di Casa Pound, inquadrati in corteo sotto le insegne dei “Patrioti”. Dall’altra parte della barricata, Salvini svelena sulle “zecche rosse”, i comunisti dei centri sociali definiti covi di criminali.
Zecche rosse e camicie nere: la macchina del tempo ingolfata meriterebbe un salto in officina per la revisione. Forse ha ragione lo storico Giordano Bruno Guerri: i fascisti di oggi sono fascisti immaginari.
Gente che vuol menare le mani che niente sa di un fenomeno circoscritto agli anni ’20 e anche allora equivocato, giacché gli italiani erano mussoliniani, devoti cioè all’uomo forte e salvifico, non certo fascisti convinti dall’idea teorizzata da Giovanni Gentile che fuori dallo stato l’individuo non è nulla.
Simmetricamente, i neoantifascisti di oggi segnalano la deriva parodistica di chi si appunta sul petto una medaglia resistenziale gratuita: quelli rischiavano vita e galera, questi guadagnano il più facile degli applausi. Antidoti? Leggere. E leggere anche quelli meno vicini alla nostra sensibilità: per esempio “Benito. Storia di un italiano”, di Giordano Bruno Guerri, Rizzoli.
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