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LeggerMente, il consiglio letterario di oggi: “L’acquetta di Giulia. Mogli avvelenatrici nella Roma del ‘600”

Rimarrà spiazzato chi non sa rinunciare alle etichette, alle rigide classificazioni editoriali: “L’acquetta di Giulia. Mogli avvelenatrici e mariti violenti nella Roma del Seicento” (Viella, pp. 368, 28 euro) si legge come una “crime story” e un “legal thriller”, di cui si intuisce l’ambizione dell’affresco storico, filtrato tuttavia dagli strumenti rigorosi dell’indagine storiografica.

LeggerMente: “L’acquetta di Giulia”

Che, senza attualismi di maniera, rinvia ovviamente alle questioni presenti della violenza maschile e della cultura patriarcale. La parola femminicidio non esisteva, mentre il corrispettivo di genere, diciamo viricidio, non poteva alludere ad alcun significato stabile, giacché non si davano donne che rispondessero alla violenza. Se non in rarissimi casi.

Simona Feci, valente storica all’Università Orientale di Napoli, ci guida attraverso i tetri vicoli di una Roma appena uscita dalla peste, ci fa conoscere una galleria di donne sorprendenti e volitive, siano esse mogli di mercanti, linarole, tessitrici, acconciateste o ruffiane.

LeggerMente, il consiglio letterario di oggi: “L’acquetta di Giulia”. Mogli avvelenatrici nella Roma del ‘600

“Sabbato saranno impiccate in Campo di Fiore cinque donne artefici di veleno che uccideva senza darne verun segno, col quale avevano fatto la carità di liberare quietamente da mariti spiacevoli gran numero di mogli scontente…”

Mogli avvelenatrici e mariti violenti nella Roma del Seicento

È l’estate del 1659, la corda del boia si è stretta attorno al collo di 5 romane. Un sodalizio criminale, giustificato da paura e vergogna: i mariti violenti dovevano morire.

Alla bisogna c’è l’acquetta preparata da Giulia Tofana, palermitana emigrata e madre di una delle condannate a morte: una mistura a base di arsenico. Offre un decesso controllato, una decina di giorni, per consentire alla vittima perfino di fare testamento e alla giustiziera di turno di farla franca.

La mistura è irriconoscibile, la peste e il profilo violento delle vittime assicurano una quasi sicura impunità. Quasi, perché, come per ogni investigatore degno di questo nome, “follow the money” è la prima regola. Anche nella buia Roma barocca.

Published by
Francesca Ripoli