La crisi, il declino politico, economico, culturale dell’Occidente – vero o presunto non conta – ci precipita ciclicamente con rinnovato entusiasmo verso un Medioevo più romanticamente vagheggiato che storicamente meditato.
E giù saghe, castelli, cattedrali, cavalieri, draghi, streghe, alchimisti. E icone, e reliquie, tante reliquie, simboli obbligati di un’epoca oscura e superstiziosa.
Ma se alla suggestione posticcia sostituiamo l’accurato racconto del travagliato peregrinare di queste reliquie, eccoci immersi dentro un’avventura senza fine di santi e eroi, re e regine, donne e uomini in bilico fra culto e crudeltà, battaglie campali e dispute teologiche. Occorre ricordare che il passaggio dalla romanità al cristianesimo universale poggia sull’ostinazione di Sant’Elena e sul capitale raggiro della vera Croce?
“Sacre ossa. Storie di reliquie, santi e pellegrini” (Laterza, pagg. 312, euro 19) dello storico Federico Canavaccini, docente di Paleografia e Filosofia Medievale, è un invito a perdersi nel reliquario occidentale, gli amabili resti di una devozione armata fino ai denti (come quello da latte di Gesù Bambino o quello di Santa Apollonia conservato nell’omonima chiesa di Trastevere a Roma).
Una geopolitica fissata dal possesso e dall’ostensione mistica di un sandalo (Sant’Andrea), di un mantello (San Martino), e veli, bastoni, vesti, sangue, frammenti di ossa…
Un fantastico plot romanzesco, “dal palazzo imperiale di Costantinopoli a ciò che resta del Calvario presso Gerusalemme, dal cuore dell’Arabia alla brumosa Britannia, dalle abbazie ai palazzi reali, dalle piccole pievi rurali fino alle cattedrali delle più grandi città d’Europa”.