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LeggerMente, il consiglio letterario di oggi: “Underground. Ovvero un eroe del nostro tempo”, di Vladimir Makanin

“Dostoevskij nel 1861 mette in piedi un’irruenta requisitoria sull’incapacità che la cultura europea dimostra ogni volta che parla di Russia. Presi di mira sono soprattutto i francesi (detestati anche da Tolstoj) per la mondana e salottiera disinvoltura con cui pretendono di descrivere e interpretare gli altri popoli”. Lo sottolineava qualche giorno fa Alfonso Berardinelli mentre invitava a rileggere “Russia” del grande scrittore (Aragno, per la cura di Lucio Coco).

Ma per capire i russi oggi, noi europei, francesi compresi – meglio, per evitare l’implicita trappola del pregiudizio  avvolto nella consolatoria confezione di concetti elusivi quanto radicati come “anima russa”, “misticismo slavofilo” – esiste un Dostoevskij dei nostri giorni?

LeggerMente: “Underground. Ovvero un eroe del nostro tempo”, di Vladimir Makanin

Gira un pugno di nomi, di sicuro non si potrà evitare il Vladimir Makanin di “Underground. Ovvero un eroe del nostro tempo”, da poco riproposto nelle librerie (Guanda, pagg. 640, euro 24). La traduzione è quella ormai classica di Sergio Rapetti

L’autore, Makanin, morto a 80 anni nel 2007, sembra coincidere con l’idea che ci siamo formati su un carattere russo di qualità cresciuto sotto gli Urali: matematico e scacchista, il suo romanzo fiume coglie quel passaggio di stato che corrisponde al liquefarsi dell’Unione Sovietica fino all’effervescenza criminale della nuova società che sta nascendo già corrotta.

LeggerMente, il consiglio letterario di oggi: “Underground. Ovvero un eroe del nostro tempo”, di Vladimir Makanin

Protagonista e alter ego dell’autore è Petrovič, con Lermontov il recalcitrante eroe del nostro tempo. Perdigiorno che cita Heidegger e Sartre, semialcolista e poeta, tragicamente onesto e occasionalmente assassino, di lui conosciamo solo il patronimico, nemmeno il nome proprio di persona sembra appartenergli.

Le case degli altri

Sradicamento e marginalità come stile di vita, al collo una macchina da scrivere che smentendo la funzione non batte un tasto, Petrovič è una specie di fiduciario dei pochi metri quadrati di un grande condominio di alloggi collettivi che a turno gli abitanti, quando costretti ad assentarsi, lasciano alla sua custodia.

Picaresco e condominiale, il romanzo contiene una galleria infinita di personaggi in lotta per la sopravvivenza, o solo per conservare una ultima fiammella di speranza.

«Lui e lei, entrambi avrebbero congiuntamente rinfocolato la fiammella che li riscaldava (sfregandosi l’uno all’altra). Magari lui l’avrebbe picchiata. Magari lei gli avrebbe mentito. Ma, gli occhi negli occhi, si sarebbero sempre più chiariti a vicenda, sempre più riflettendosi una nell’altro. In sostanza sarebbero stati bene insieme. Meravigliosamente bene. (Si cerchino l’un l’altro, allora, nel trambusto del mondo.)».

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Francesca Ripoli