Giobbe è una figura importante in più di una religione. Domina nella religione ebraica, il Corano lo onora come profeta e simbolo della virtù della pazienza (anche da noi si esalta la pazienza di Giobbe). Un capolavoro della letteratura moderna è il romanzo a lui intitolato di Joseph Roth.
Il personaggio nasce a Babilonia e nella cultura mesopotamica. Takayoshi Oshima ha pubblicato un libro che risale a quelle radici: “Le poesie babilonesi del pio sofferente” (Babylonian Poems of Pious Sufferers).
Nel mondo occidentale così frenetico c’è poco spazio per Giobbe, ma la Messa cattolica gli ha dedicato due letture in due giorni diversi nella prima settimana di ottobre. I due brani sono rispettivamente all’inizio e alla fine del libro di Giobbe, nella Bibbia.
Il demonio chiede il permesso a Dio di perseguitare il ricchissimo Giobbe per vedere se sarà così pio e devoto anche nella disgrazia. Dio consente ma avverte: fai tutto quello che vuoi ma non ammazzarlo.
(Gb 1,6-22) “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!”
Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse: «Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!».
In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto. Dopo pagine di dotte dissertazioni la conclusione.
(Gb 42,1-3.5-6.12-16) Giobbe prese a dire al Signore:
«Comprendo che tu puoi tutto
e che nessun progetto per te è impossibile.
Chi è colui che, da ignorante,
può oscurare il tuo piano?
Davvero ho esposto cose che non capisco,
cose troppo meravigliose per me, che non comprendo.
Io ti conoscevo solo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti hanno veduto.
Perciò mi ricredo e mi pento
sopra polvere e cenere».
Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie.
Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli.
Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni”.
Quod est in votis.
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