
Il ligure fu base delle lingue romanze, non il latino: 1863, Emanuele Celesia ma per il mito di Roma fu ignorato (foto Ansa-Blitzquotidiano)
La lingua ligure fu la base delle lingue dette romanze, non il latino. Lo sostenne, nel 1863, uno studioso ligure, Emanuele Celesia, patriota rivoluzionario e poi educatore, in un libro, “Dell’antichissimo idioma dei liguri”.
Del libro si sarebbero perse le tracce, non fosse per Google, che ne mette a disposizione la lettura gratuitamente, usando una copia recuperata dalla biblioteca di una università americana, il Dartmouth College. Da noi è sceso l’oblio. A Roma è rimasta una strada a lui dedicata, a Genova ci sono una strada e un ospedale nella periferia ex operaia di Rivarolo. A Genova, in corso Firenze, c’era anche una scuola elementare, dove ho frequentato la prima e dove ho forgiato una amicizia durata una vita con Gughi Valobra. Ora c’è un misterioso Istituto Comprensivo da cui non hanno avuto il coraggio di cancellare il titolo della scuola femminile dedicata a Maria Mazzini, madre di Giuseppe.
Celesia e la lingua ligure nel 1863

Celesia ha pubblicato il frutto dei suoi studi nel 1863, con largo anticipo su un altro libro dedicato alla storia dei liguri, quello di Henri d’Arbois de Jubainville, Les Premiers Habitants d’Europe, che è del 1877. Il lavoro di Jubainville occupa più di 400 pagine ma è fermo alla ricerca etnica. Il libro di Celesia è di sole 114 pagine ma dimostra, con precisi confronti, l’ascendenza ligure di italiano, francese, spagnolo, portoghese, nonché piemontese e ligure-genovese.
Genova è Liguria fino a un certo punto: fenici, ebrei, valdesi, profughi e marinai di ogni razza, inclusi i primi immigrati dal Sud Italia, confluiscono nel nostro DNA. Nella nostra lingua ci sono tracce di arabo: gabibbo, usato per definire i nostri meridionali, viene da habib, amico in arabo. Al confine tra Siria e Libano, qualche anno fa, pensai per un attimo di essere a Genova mentre decine di camionisti si salutavano con una raffica di habib.
Per me la prova della connessione fra le lingue non tanto nelle parole quanto nella grammatica e nella sintassi. Le lingue romanze le hanno uguali, mentre il latino è del tutto diverso, come sa chi ha sofferto fin da bambino studiando Aurea Roma e altri sacri testi.
Dante Alighieri, che per primo, 700 anni fa, affrontò il tema della lingua italiana, mai sostenne che questa derivasse dal latino. Ma non andò oltre nella ricerca delle sue origini, limitandosi a teorizzare la superiorità del volgare fiorentino con argomenti un po’ da bar.
Basti citare quello che scrisse sui genovesi, che “se per un’amnesia, perdessero la lettera z, o diventerebbero del tutto muti o si dovrebbero inventare una nuova lingua. La z infatti tiene la più gran parte del loro linguaggio, ed è una lettera che si pronuncia con molta durezza”. Vero ancora oggi ma irrilevante.
Celesia, peraltro, porta (pag. 49) un bello elenco di parole genovesi usate da Dante nella Commedia.
Dopo questa lunga introduzione, ecco alcuni passi dal libro di Emanuele Celesia. Aggiungo ancora che il frutto di tutte queste teorie e ricerche è andato smarrito nella nebbia della retorica gallica e in quella romanistica risorgimentale e fascista. Ma la verità è sotto i nostri occhi. Leggiamo Celesia.
Origine del nome Ligure
Che i primi abitatori d’Italia , designati da noi col nome di Osco – montani ossia liguri , stanziassero sui dossi dei monti , anzichè sul basso delle pianure ammorbate da letifere esalazioni , non par cosa da chiamarsi più in dubbio , poichè i primi luoghi abitati furono al certo i primi luoghi abitabili .
Quindi torna agevole il credere che le primigenie tribù, le quali dall’alpi marittime calarono alle coste del Mediterraneo , dovessero attribuirsi un nome che accennasse al loro passaggio dai gioghi alpestri alle aperte marine , e in fatti si dissero Li – guri , ossia Equereo – montani .
Li teniamo sia derivazione di lix , licis , lica, antichissima voce degli Osci meridionali, che per testimonianza di Nonio Marcello significava aqua ; gur o gora , onde il greco oros , in tutte le vecchie loquele valeva alto ed alpestre. Questo vocabolo è ancor vivo fra i Baschi e gli Slavi .
L’idioma ligure serbava un’impronta speciale e apparteneva a quell’unico idioma che, smembrato in varii dialetti, sui primordi dei tempi storici propalavasi dall’Alpi allo Stretto . Quest’opinione a cui consentono i dotti Inglesi autori della Storia universale, non parrà fuori del verosimile, se si fa stima, che le schiatte aborigene o liguri venute prime in Italia dagli altipiani dell’Asia fra l’Eufrate ed il Tigri, dalla catena dell’Himalaia e degli Urali, ove forse stanziando confusero il primitivo linguaggio, doveano ritenere nelle lor parlature lo stampo di quegli idiomi, di che ci son testimonio gl’istessi nomi patronimici che fra noi trapiantarono, a memoria delle primigenie lor sedi.
Tale , per restringerci a pochi esempi , è il nome di Magra , fiume che lambe la città di Marsi Eloyum sul litorale siriaco, portato in più luoghi della Liguria, cioè nel Saluzzese, appiè dell’Alpi, dapprima, appresso nel noto fiume sul golfo di Luni , quindi nei campi omonimi del Modenese, da cui transitava fra i Marsi sul lago Fucino, i quali cosi vocarono un fiume della loro regione.
Alba , città ligure , risponde ad una città della Mesopotamia ; Aulon è un paese di Palestina presso il Giordano , ed Aula è una terra ed un fiume fra noi : è pure un colle in vicinanza di Taranto .
Ad ogni piè sospinto troviam diramati nell’antica Liguria e da questa nell’Italia meridionale le appellazioni della penisola asiatica. In entrambe queste regioni si occorrono Albani , Iberi , Sardi , Eneti o Veneti ; troviam Susa , Cidno , Cre- mona , Gerra od Acerra : a Pergamon , a Berga , ad Oropo consuonano Bergamo , Berga ed Oropo dell’Italia superiore ; a Camarina di Assiria fanno riscontro Ca- merino fra noi , Camarina in Sicilia , i Camerti dell ‘ Um- bria e i Camerj della Sabina : ad Abella di Persia quel di Sicilia : ai Tauri del Libano i Taurini dell ‘ alpi che forse anch’esse , un di nomavansi Tauro dalla catena di questo nome nell ‘ Asia minore .
Al Pada fiume dell’India consuona il Padus italico . La città di Tuna nella Sabina ricorda il nome di quella che facea parte della tribù d’Issachar presso la Dora , di cui troviam cenno ne ‘ libri sacri. E Dora e Sabata ed altri derivarono pur dall’Asia fra noi .
Le tribù liguri
Sul limitare della storia d’Italia stanno le nebulose regioni del mito . Pur giova osservare che le prime memorie dei greci storici e favoleggiatori non sono al postutto che memorie ligustiche . In quella parte che declina all’Adriatico approda Antenore ; nell ‘ Eridano affoga Fetonte , e le Elliadi si tramutano in pioppi ; qui Manto cela il suo nato , e regna Cigno figliuolo di Stenelo : qui s’accampa contro Ercole la formidata oste de ‘ liguri , contro i quali verran manco il suo valore e i suoi strali; qui traggono i Greci a mercanteggiare l’eletro del Baltico e i cavalli vincitori in Olimpia .
I Romani scrittori a lor volta ci additano le tribù liguri che scendono dalle alpestri loro dimore a popolare ogni più riposta parte d’Italia . Le sponde del Ticino sono tenute dai Levi (Antiquam gentem Laeves ligures incolentes circa Ticinum amnem Tit . Liv.) : i colli e i valloni del Piemonte dai Montani e dai Taurini () In altera parte Montanorum ….. Taurini ligustica gens aliique ligures – Strab.).
Non parlo degl’incoli del lago d’Idro (Liguribus Stonis Fast . consol.) e delle diverse schiatte degl ‘ Insubri e de ‘ luoghi ove ora siedono Brescia e Verona (Tit . Liv . dec . 4.a lib . V. ).
Basti pure accennare che tutti gli sbocchi delle Alpi e la stęsa della valle padana s’impronta del ligure nome. Arrogi le dotte investigazioni dei moderni , che omai posero in chiaro , i primi abitatori del Settimonzio , ove regnava Auno e Fauno re liguri , essere stati i Siculi , ai quali tennero dietro altre genti aborigene che col soccorso dei venturieri o Pelasgi gli cacciarono da quelle sedi .
E i siculi che Dionigi fa indigeni , stanziarono da prima sul Po, cioè furono liguri , dalle cui rive respinti transitarono nel Lazio , negli Abruzzi e finalmente nella Trinacria , cui diedero il nome .
Se non che al primo albeggiare dei tempi istorici i liguri già volgeano al loro declino ; quindi del loro idioma niun monumento letterato rimane , da poche voci topiche in fuori , come il Boding o Poding che vale privo di fondo , e che appresso raccorciavasi nel nome del Po (Tal radice è comune fra noi che abbiamo il Po – ra , Po – irino , Po – lengo , Po – lenzo ecc.).
Da queste voci , come di leggeri si scorge , niuna norma critica ci è dato inferire . Torna in vero assai ma- lagevole il concepire , come un popolo , che occupò pres- sochè tutta Italia , e che distendendo il suo reggimento dovette di necessità estendere anche il proprio linguaggio , un popolo la cui favella fu modulata da Cigno ( 2 ) , e che forse diè il nome ad una Musa e ad una Sirena , non abbia di se lasciato alcun vestigio , quasi sia retro- cesso nella sua prima selvatichezza .
Conclusione di Celesia
Ora le congetturate e in gran parte chiarite cose stringendo , parmi si possa fermare : Che l’osco – ligure fu nelle sue origini affine alle lingue arie . Che fu base e cemento delle altre favelle italiche . Che invaso da influenze fenicie , iberiche , etrusche , galliche , laziari e saracene , serbò nondimeno tal fondo etnografico e tale un tipo gramaticale ed eufonico , da mostrarsi a prima giunta linguaggio originale .
Che l’antico osco – ligure non era , vuoi nelle voci , vuoi nelle profferenze , che l’odierno volgare , con le modificazioni ed innesti che le ragioni del tempo e il progressivo lavoro della sintassi v ‘ hanno di necessità dovuto introdurre .
Che la medesimezza delle voci e dei nomi topici in Italia , in Ispagna , in Gallia ed altrove , accusa lo spargimento e la vitalità d’un linguaggio , che fu la scaturigine di tutti i loro volgari .
Sento l’arditezza e la novità delle mie conclusioni , alle quali per altro prepotentemente mi tirano tutti gli studi a tal uopo intrapresi . Forse Dante stesso nei suoi divini concepimenti presentia questo vero , quando cerniti e riprovati tutti i volgari d’ Italia , non d’altro appunta il genovese dialetto , che della asperità in lui derivante dalla lettera z.
È la lingua che in tutto a un dipresso il territorio che essi occupavano , conserva un ‘ indole meravigliosamente uniforme , se non che in Piemonte e in Lombardia ha più mescolanza di gallico e di longobardo , e a Venezia si abbella d’una cotal tinta greca dei bassi tempi ; del rimanente la sua somiglianza col ligure proprio , par tanto maggiore , quanto i due popoli son più divisi l’uno dall’altro . Che più ? anche oltre Varo suonava , e ancor suona il ligustico nel dialetto della Provenza e molto , io v ‘ aggiungo , tuttavia ligureggia l’idioma dei Catalani .
A questo nostro vernacolo così succinto , snodato e ubbidiente al pensiero , deve l ‘ Italia i più celebri esempi di laconismo . Costretto un Doge genovese ad ossequiare Luigi XIV in Parigi , ed ivi accolto con singolar pompa , a chi gli chiedeva quale fra le meraviglie del luogo reputasse la meraviglia maggiore – mi chi ( io qui ) rispondeva quel fiero .
Fanno riscontro a questi due mo- nosillabi- l’aigua alle corde e il che l’inse ? — memorabili nei liguri annali . Un popolo non si smentisce la sua lingua risponde alla sua storia.