
- Blitzquotidiano.it (nella foto dell'autore il porto dalla mia finestranel 1960)
Scialla, parola entrata nell’uso comune dei giovani e titolo di un film di successo del 2011 e da una puntata di Amici, che le davano una impronta meridionale, è stata importata in Italia nei secoli remoti dai marinai genovesi di ritorno dal Medio Oriente musulmano.
Ci sono altre parole di origine araba nella lingua genovese e ligure, come mandillo, fazzoletto, la più famosa essendo gabibbo, da habib, amico, che definisce i meridionali. Le ha dato popolarità nazionale il Gabibbo di Striscia la notizia invenzione del ligure Antonio Ricci.
Scialla scialla recita un verso dell’Eneide in genovese scritta da Niccolò Bacigalupo nel 1867.
Scialla vuol dire evviva, spiega il vocabolario di …Gismondi, pubblicato nel 1955, più o meno nel tempo in cujj lo stesso Gismondi, illustre pediatra, mi visitava nel suo studio suo Ponte Caffaro, a Genova.
Inshallah, voglia Dio, dicono con notevole frequenza i personaggi delle serie turche dedicate alle origini e ai trionfi ottomani.
Scialla come Inshallah
Inshallah dicevano portuali e marinai degli scali turchi, libanesi, pelestinesi, egiziani dove accostavano le navi con la croce di San Giorgio sulla bandiera.
Inshallah dicevano i turchi sulla coste del Mar Nero e a Pera, rione di Istanbul sul lato asiatico del Bosforo, territorio a dominio genovese.
Un lungo e denso articolo del 2014 a firma di Raffaella Setti sul sito della Accademia della Crusca, elabora il tema.
Il percorso, scrive Setti, che parte dall’arabo è stato seguito per spiegare lo stesso verbo, nella forma riflessiva e con raddoppiamento di -l-, sciallâse ‘rallegrarsi, gioire’, ma anche ‘dissipare’, attestato nel genovese (la troviamo registrata da Giovanni Casaccia nel suo Vocabolario genovese-italiano, Genova, Tipografia dei f.lli Pagano, 1851), che riporta anche il contesto in cui l’espressione era usata: i marinai, al ritorno da lunghi viaggi, salutavano i familiari con la locuzione di allegria scialla, scialla! ‘evviva!’, un invito quindi a essere felici, a godere dei momenti belli della vita.
Sempre in Liguria – ma sono testimonianze non documentate – mi si dice che era diffusa una specie di filastrocca che le mamme recitavano ai bambini per tranquillizzarli e in cui si faceva riferimento al prossimo rientro dei padri: in questo contesto scialla sembrerebbe assumere proprio il valore di ‘tranquillo, calma’.
Una parola di origine araba
La stessa esclamazione ligure è uno degli arabismi segnalati da Giovanni Battista Pellegrini.Gli arabismi nelle lingue neolatine.Con speciale riguardo all’Italia, Brescia, Paideia, 1972) che propende per farla derivare dall’arabo wa_a(a)llah ‘voglia Iddio.
In coda all’articolo di Raffaella Setti, un contributo di Lorenzo Coveri ribadisce la presenza, da lunghissima data, della voce nei dialetti liguri.
In effetti, scrive Coveri, a partire dallo storico Dizionario genovese-italiano (da citare nella seconda edizione del 1876) di Giovanni Casaccia, la voce (con reduplicazione esclamativa) scialla! scialla!(“Allegri! Evviva! Viva viva! Esclam. d’allegrezza”) è ampiamente presente nella lessicografia genovese otto-novecentesca: così nei dizionari del Frisoni, 1910 (in cui è segnalata l’origine araba), del Gismondi, 1955, sino a vocabolari più recenti (p. es. il Moderno dizionario rapido, rist. 2011) (ma già nel piccolo Olivieri, 1841).
Accanto all’esclamazione, troviamo quasi sempre il lemma connesso sciallàse ‘rallegrarsi, gioire, gongolare, giubilare’. Nei due volumi de I dialetti della Liguria orientale odierna. La Val Graveglia, 1975 (nonostante il titolo, di fatto un vocabolario storico ed etimologico dei dialetti liguri, data la ricca documentazione comparativa, scrive Coveri).
Anche il più recente Vocabolario delle parlate liguri, III, 1990 (nato da inchieste sul campo in un centinaio di punti liguri) testimonia, s. v., della presenza di scialàse (e varianti fonetiche) in tutta la Liguria, in quanto ‘divertirsi’, ‘gioire’, ‘battere le mani’, ‘applaudire’, e. come voce autonoma, di sciala [sic] “esclamaz. di giubilo: sciàla, sciàla, ad Arenzano ‘evviva’; fa sciàla, a Sanremo ‘fare evviva’, ‘salutare con enfasi’”.
La tradizione orale ligure, prosegue Coveri, colloca l’espressione prima di tutto nell’ambito dell’uso popolare e marinaresco. Come scrive la docente di lingua e letteratura araba Lucy Ladikoff, “in genovese, un tempo era una locuzione di allegria usata da marinai che tornavano a casa dopo lunghe assenze. Ancora nel secolo scorso, la mamma la poteva usare come cantilena di saluto al papà”
Questa connotazione è confermata da varie testimonianze anche nel web in cui si ricorda la filastrocca “scialla ch’o gh’è o papà / porta tante ciappellette”… [caramelle]). Un altro ambito è quello del folklore per l’infanzia: a Natale i bambini festeggiavano l’arrivo di Gesù Bambino nel presepe battendo (eventualmente con l’aiuto dei grandi) le manine e recitando: “Oh Bambin dexideròu / scialla scialla che t’ho attrovòu!” [O Bambino desiderato / evviva evviva che ti ho trovato!] con la variante “Ah scialla scialla che v’ho truvou / còu Banbinettu desiderou!” (Antonio Arecco, Il folklore dell’infanzia in Liguria con particolare riferimento a Loano e dintorni, Savona, Editrice Liguria, 1982, p. 62).
Coveri ricorda ancora, a distanza di anni, che la formuletta ritmata “scialla scialla che vegne o papà” [evviva evviva che viene il papà] era usata dalla mamma, o da un altro adulto, per tranquillizzare il bimbo piangente ed accompagnata dal battito delle mani o dal gesto di sollevare in alto il neonato, il che rappresenterebbe uno scivolamento semantico verso l’accezione attuale.