L’universo, è proprio il caso dirlo, delle avanguardie e delle sperimentazioni musicali è costellato di generi e sottogeneri ricchi di perle musicali nascoste. Perlomeno nel senso che non le troviamo tutti i giorni sotto i riflettori, anche se meriterebbero ben altra visibilità. Oggi voglio portarvi in un viaggio alla scoperta dello space rock in 10 album, già sapendo che non sarà un percorso esaustivo, ma nella speranza che possa essere uno stimolo per approfondire l’esplorazione della buona musica. Come spesso accade con i sottogeneri musicali, c’è parecchia confusione riguardo allo space rock, complice anche una discreta disinformazione da parte di fonti che in genere vengono ritenute attendibili.
Molti definiscono lo space rock come un genere musicale caratterizzato da testi e presentazioni visive legate allo spazio e alla fantascienza. Be’, sì, non si può certo dire che sia falso. Ma spero che siamo tutti d’accordo che i testi e le scenografie non dovrebbero essere sufficienti a definire un genere musicale! Secondo questa prospettiva, vengono citati frequentemente i Rockets come paladini del genere, il che, personalmente, mi lascia molto perplesso… Seguendo questa stessa logica, attendo con terrore il giorno in cui nello space rock verranno annoverati anche Alan Sorrenti con la sua Figli delle stelle, o i Cugini di campagna con i loro costumi di scena pacchianamente futuristici! Ma lo space rock è soprattutto una musica di ricerca e sperimentazione, che da sempre getta le basi per nuove frontiere musicali e diventa seminale per le sonorità riprese anche in altri ambiti.
Senza voler entrare nello specifico troppo tecnico delle scelte armoniche e melodiche tipiche del genere, potremmo comunque dire che lo space rock è sempre stato orientato verso nuove forme musicali, dall’improvvisazione in forma libera alla creazione di viaggi complessi che si aprono a nuovi orizzonti, invece di ritornare su se stessi, sulla rassicurante ripetizione di ciò che abbiamo già sentito all’inizio del brano. Per questo aspetto, è una musica legata a doppio nodo con la psichedelia e il free jazz, ma allo stesso tempo non è sinonimo di nessuna delle due. C’è un grande utilizzo di riff, spesso alla base del principio compositivo e a volte usati in maniera molto originale, con cambi di accenti e di tempi che sembrano spostarli, come se fluttuassero su un tessuto ritmico rigoroso e allo stesso tempo fluido.
C’è anche un grande uso di elettronica, che è uno degli aspetti che accomuna lo space rock con il krautrock o, come lo chiamavano i suoi protagonisti, con la kosmische musik. Ma soprattutto, e questo non dovremmo mai dimenticarlo, si tratta di una scena musicale di sperimentazione. Lo è stata alla fine degli anni Sessanta, quando è comparsa per la prima volta, e lo è stata di nuovo negli anni Novanta, in quella che viene spesso definita la “seconda ondata” dello space rock. Diverse band e artisti hanno fatto capolino nel mondo dello space rock, pur non legando poi la propria storia a questo genere.
È il caso ad esempio dei Pink Floyd, che nelle prime produzioni hanno sperimentato con lo space rock in più riprese, in Astronomy Domine, Interstellar Overdrive o Set Control for the Heart of the Sun, per citare alcuni brani. È il caso degli Eloy, che nel 1978 pubblicano Silent Cries and Mighty Echoes, album che poi verrà seguito da produzioni decisamente più vicine all’ambito prog. Stesso discorso si può fare per i Nektar, dei quali probabilmente solo Journey to the Centre of the Eye del 1971 può essere considerato un album di space rock. E poi c’è la grande triade della scena musicale dello space rock, composta da Hawkwind e Gong per quanto riguarda la “prima ondata” e dagli Ozric Tentacles per la “seconda ondata”. E intorno a queste band, come vedremo, si è sviluppata una scena incredibilmente vivace e variegata che è iperattiva ancora oggi.
Storie ai confini dello spazio
Tra la fine degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta, la scena dello space rock era fondamentalmente composta dai musicisti che gravitavano intorno ai Gong e agli Hawkwind. Molti progetti paralleli creati dall’incontro fra questi musicisti hanno dato vita a grandi album di space rock. Ci sono ad esempio le prodezze soliste di Tim Blake, tastierista legato ad entrambe le band, che nel 1978 incide Blake’s New Jerusalem. Ci sono i Mother Gong di Gilli Smyth, voce ed anima femminile dei Gong, attivi dal 1979, quando pubblicano l’album di debutto Fairy Tales. E ci sono poi band, come gli UFO, che, pur provenendo da ambiti musicali molto lontani, come l’hard rock, produssero nel 1971 UFO 2: Flying, un album in cui lo spirito dello space rock risuona prepotentemente.
Anche i Go sono un supergruppo che ha avuto a che fare con la scena dello space rock. Fondati dal giapponese Stomu Yamashta, nel loro album del 1976 Go – Live from Paris vedono la partecipazione di Steve Winwood, Al Di Meola e Klaus Schulze! Lo space rock degli inizi è alla ricerca di nuove forme di sperimentazione, anche scenica, e si lega a doppio nodo alle nuove tendenze di tecnici luci che inventavano in quegli anni effetti fluidi realizzati con la proiezione di liquidi che si muovevano su vetrini illuminati. Quasi tutti i concerti di space rock, ancora oggi, sono arricchiti da effetti scenici luminosi all’avanguardia. Ed era una scena musicale profondamente legata al panorama dei festival britannici, in particolare ai “free festival”, di cui spesso erano gli animatori se non addirittura gli organizzatori.
Così, band storicamente legate al mondo dei free festival, come i Pink Fairies, vengono spesso incluse nel panorama dello space rock. Indubbiamente facevano parte dello stesso ambiente, ma musicalmente erano piuttosto lontani. Qualche punto di vicinanza, però, lo possiamo ritrovare nel loro album del 1971 Never Never Land. Negli anni Ottanta, l’eredità dello space rock viene raccolta da progetti collettivi, come Spirits Burning, dove spesso collaboravano Daevid Allen, Steven Wilson e addirittura musicisti dei Blue Oyster Cult. Nel 1986 iniziano la loro carriera anche gli Omnia Opera, band inglese di space rock la cui carriera è costellata di scioglimenti e re-union. Intanto Daevid Allen creava la Invisible Opera Company of Tibet insieme al chitarrista brasiliano Fabio Golfetti, oggi membro effettivo dei Gong, e in seguito il Daevid Allen Weird Quartet.
Del 1986 è poi The Politics of Ecstasy, album di esordio della Magic Mushroom Band: il progetto parallelo della band, gli Astralasia, dedito alla musica elettronica, diverrà invece il loro progetto principale. Agli albori degli anni Novanta arrivano anche gli Spiritualized, il cui Ladies and Gentlemen We Are Floating in Space del 1997 è probabilmente l’album più famoso. Altra band fondamentale per lo space rock, anch’essa legata profondamente ai Gong, sono i giapponesi Acid Mothers Temple: vi consiglio il loro album del 1997 Acid Mothers Temple and the Melting Paraiso U.F.O.
Tra gli anni Ottanta e i Novanta, molte band di space rock sperimentano a fondo con l’elettronica. Nascono i Mandragora, che si fanno un nome nei circuiti dei festival, soprattutto lo Stonehenge Free Festival, pubblicando quattro album, tra cui Earthdance del 1992, prima di orientarsi verso scelte più elettroniche e dub. Arrivano i Porcupine Tree, i cui primi album sono pienamente di ambito space rock: On the Sunday of Life (1992), Up the Downstair (1993), The Sky Moves Sideways (1995) e anche l’ep Voyage 34 del 1992. E ci sono sperimentazioni più esplicitamente elettroniche, come quelle degli Orb e dei System 7 di Steve Hillage e Miquette Giraudy, entrambi provenienti dai Gong.
Ma lo space rock è ancora vivo e vegeto ai giorni nostri, con album come Ritual dei Nemrud del 2013, Monomyth dei Monomyth del 2013, o Ummon degli Slift del 2020. Anche gli australiani ed eclettici King Gizzard and the Lizard Wizard sperimentano con lo space rock nell’album Polygondwanaland del 2017. Come è evidente, la scena avanguardistica dello space rock è estremamente variegata e vivace, oltre che ancora fervente ai giorni nostri. E allora adesso addentriamoci nel nostro viaggio nello space rock in 10 album.
Hawkwind, Space Ritual
Gli Hawkwind sono da sempre un pilastro dello space rock, tra i fondatori e forse gli inventori del genere. Ciascuno dei loro innumerevoli album, dall’esordio Hawkwind del 1970 fino all’ultimo Stories from Time and Space del 2024, è un capolavoro di space rock. Fin dagli esordi, gli Hawkwind hanno legato la propria storia a quella dei festival, collaborando con moltissimi musicisti e band, tra cui i Pink Fairies, con i quali suonarono per un breve periodo sotto il nome di Pinkwind. Tutti i componenti della band sono stati fondamentali per lo sviluppo della scena musicale di ricerca e sperimentazione sia negli anni Settanta che successivamente: in particolare, il leader Dave Brock, Lemmy Kilmister che poi abbandonò il gruppo per fondare i Motorhead, il sassofonista Nik Turner, figura centrale in particolare per lo Stonehenge Free Festival.
I loro live show sono sempre accompagnati da spettacolari e innovativi spettacoli di light design. Space Ritual, registrato dal vivo e pubblicato nel 1973, è l’album che più costantemente viene citato come un punto di riferimento imprescindibile per lo space rock. Creato nel periodo di collaborazione con lo scrittore di fantascienza Michael Moorcock, l’album è stato registrato da una delle formazioni più mitologiche degli Hawkwind, con Lemmy al basso, Nik Turner al sax e Robert Calvert alle voci recitate. La penultima traccia di questo doppio lp live è Master of the Universe, che nel video vi propongo da un concerto del 2002 con la partecipazione di Arthur Brown.
Gong, Angel’s Egg
Altra band assolutamente fondamentale per lo space rock e per lo sviluppo della scena musicale più sperimentale sono i Gong. Fondati da Daevid Allen alla fine degli anni Sessanta, hanno prodotto sei imprescindibili album di space rock prima dello scisma del 1975, quando Daevid Allen e Gilli Smyth lasciarono la band nelle mani del batterista Pierre Moerlen. Da quel momento, per un certo periodo, il sound del gruppo si orientò più verso una sorta di jazz rock, fino al ritorno di Allen negli anni Novanta. Dopo la morte di Daevid Allen nel 2015, i Gong hanno continuato con una nuova formazione a portare avanti l’eredità dello space rock, sempre caratterizzati dal “glissando” sulla chitarra, tecnica inventata da Daevid Allen.
Tra gli album degli anni Settanta, spesso vengono citati Camembert Electrique e You come riferimenti fondamentali per lo space rock. Ma io qui vi propongo Angel’s Egg, secondo capitolo della trilogia che narra le avventure di Zero the Hero e dei folletti che vengono dal pianeta Gong. Pubblicato nel 1973, Angel’s Egg contiene alcune perle assolute, registrate da una delle formazioni più formidabili della band, con Daevid Allen, Gilli Smyth, Pierre Moerlen, Steve Hillage, Mike Howlett, Didier Malherbe, Tim Blake. I Never Glid Before è la penultima traccia dell’album, nel video eseguita dal vivo per una televisione francese nel 1973.
Ozric Tentacles, Pungent Effulgent
Facciamo un balzo in avanti nel tempo e arriviamo alla terza grande potenza dello space rock britannico. Gli Ozric Tentacles, fondati da Ed Wynne nel 1983, hanno legato le proprie fortune ai festival, in particolare al Glastonbury Festival, producendo musica strumentale con una forte presenza di tastiere ed elettronica. Oltre ai soliti incredibili light show e alle inconfondibili immagini di copertina che sono diventate un marchio di fabbrica, la band è da sempre caratterizzata da una formazione “fluida”, una sorta di grande collettivo con diverse anime e una visione musicale comune.
Dopo aver pubblicato sei album su cassetta tra il 1985 e il 1989, esordiscono proprio nel 1989 con il primo vero album in studio, Pungent Effulgent. Da allora, la loro produzione si è costantemente arricchita, arrivando a quasi venti album nel 2023, con la pubblicazione di Lotus Unfolding. E ogni nuovo album è una continua sorpresa, con soluzioni timbriche, armoniche e soprattutto ritmiche sempre nuove ed entusiasmanti. Da Pungent Effulgent, vi propongo la traccia che apre il lato B del vinile, Ayurvedic.
Omega, Time Robber
Usciamo dall’ambito britannico per andare a scoprire una band ungherese. Gli Omega si formarono nel 1962 come band hard rock che non disdegnava escursioni nella psichedelia, e divennero ben presto il gruppo di maggior successo dell’Ungheria, pubblicando album in ungherese e inglese. Un loro brano del 1969, Pearls in Her Hair, venne addirittura ripreso e adattato dagli Scorpions nel 1994 e pubblicato col titolo White Dove. Dopo diversi cambi di formazione, nel 1971 la band trova il suo assestamento, orientandosi più verso il prog e lo space rock. Time Robber, pubblicato nel 1976, è decisamente un album space rock, che a tratti ricorda da vicino le sonorità di Steve Hillage. L’album, pubblicato sia in ungherese che in inglese, si apre con una suite di tre brani collegati fra loro: House of Cards Part I, Time Robber e House of Cards Part II. Nel video vi propongo la seconda traccia Time Robber, in ungherese Idorablò, eseguita dal vivo nel 1977.
Steve Hillage, Green
Chitarrista nella formazione classica dei Gong, Steve Hillage è un altro eroe indiscusso della scena space rock. Già membro e fondatore anche degli Arzachel e dei Khan, dal 1975 inizia una sorprendente carriera solista con l’incredibile album di esordio Fish Rising. Negli anni Novanta, inoltre, dà il via insieme a Miquette Giraudy al progetto parallelo di musica elettronica System 7. Ma tra i diversi splendidi album della sua carriera solista, ho deciso qui di proporvi Green, il suo quarto lavoro pubblicato nel 1978, prodotto da Nick Mason e con l’immancabile Miquette Giraudy alle tastiere. Un album meraviglioso e squisitamente space rock, che si apre con questa Sea Nature.
Here & Now, Give and Take
Ancora una band che gravita nell’area Gong, gli Here & Now sono in attività dal 1974, sempre fedeli alla filosofia e al sound dello space rock. Tra il 1977 e il 1978 hanno collaborato con Daevid Allen e Gilli Smyth, pubblicando il loro album più famoso, Live Floating Anarchy 1977 sotto il nome di Planet Gong. Give and Take è il primo lavoro in studio, pubblicato nel 1978 dopo una serie di live: un album di rara bellezza, in cui punk e reggae si mescolano al servizio di un sound decisamente space rock. È possibile riconoscere in alcuni passaggi da dove gli Ozric Tentacles hanno preso ispirazione: gli Ozric, d’altra parte, avevano spesso suonato come band di supporto degli Here & Now negli anni Ottanta… La traccia di apertura di Give and Take è What You See Is What You Are.
Nik Turner’s Sphynx, Xitintoday
Nik Turner è stato un personaggio eclettico e fondamentale per tutta la scena dello space rock, dei festival britannici e della musica di sperimentazione. Sassofonista e flautista, entrò a far parte degli Hawkwind, portando la sua idea di free jazz all’interno di una band rock. Ma in seguito si fece promotore di diversi altri progetti, oltre a collaborare con innumerevoli band, tra cui Mother Gong, Sham 69, Pink Fairies e Stranglers. Tra il 1976 e il 1977, dopo essere uscito dagli Hawkwind, Turner va in vacanza in Egitto, dove registra delle parti di flauto all’interno della Grande piramide di Giza. Al suo ritorno, Steve Hillage mette in piedi un gruppo con Miquette Giraudy, Mike Howlett e Tim Blake, fra gli altri, per registrare delle tracce di supporto a quelle parti di flauto. Nasce così Xitintoday, album del 1978 ispirato alla mitologia egizia, che segna l’esordio solista di Nik Turner. Da quest’album, ho estratto Toth, la quinta traccia.
The Radio Actors, Nuclear Waste
Ora vi voglio parlare di un progetto un po’ singolare, forse non pienamente associabile al genere space rock. Ma si tratta di una chicca particolare, che forse può aiutare a capire l’importanza seminale di tutta la scena space rock. The Radio Actors sono stati una band di brevissima durata: un progetto voluto dal polistrumentista Harry Williamson, già membro tra le altre band della Invisible Opera Company of Tibet. The Radio Actors pubblicarono solo un singolo nel 1978, ma a leggere oggi i nomi coinvolti nel progetto vengono i brividi: oltre a Harry Williamson, c’erano Nik Turner, Steve Hillage, Mike Howlett e alla voce niente meno che Sting! Se, come è probabile, non l’avete mai ascoltata, scoprite qui questa Nuclear MegaWaste!
Hidria Spacefolk, Balansia
Passiamo ai giorni nostri, con un paio di esempi di band contemporanee che portano avanti la tradizione dello space rock. Gli Hidria Spacefolk sono una band finlandese, fondata nel 1999, che mescola un’innata propensione per lo space rock con strumenti acustici e tradizionali: violoncello, violino, didgeridoo, mandolino, sitar, vibrafono… Hanno all’attivo sette album in studio, oltre a un paio di live. Balansia è il loro terzo album, pubblicato nel 2004, e si apre con il brano Kokkola, che nel video vi propongo dal vivo nel 2006.
Oresund Space Collective, Orgone Unicorn
Gli Oresund Space Collective sono invece un progetto formato da musicisti scandinavi e portoghesi. Nati nel 2006, si caratterizzano per un sound decisamente space rock in composizioni totalmente improvvisate: lunghe cavalcate di musica spaziale strumentale che li ha fatti paragonare spesso agli Ozric Tentacles. E sono un collettivo estremamente prolifico: dal 2006 a oggi hanno pubblicato ben 44 album! Il più recente è Orgone Unicorn, uscito nel 2024 e composto da sette brani, sette lunghe cavalcate space rock che quasi sempre hanno durate intorno ai 20 minuti e oltre… Questo è il video ufficiale della title track.
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