Una recente ricerca condotta presso l’Icahn School of Medicine del Mount Sinai, a New York suggerisce che dispositivi indossabili smartwatch come Apple Watch, Fitbit e Oura Ring potrebbero prevedere l’insorgenza di episodi acuti legati alle malattie infiammatorie intestinali (IBD) fino a sette settimane prima. Si tratta di una notizia importante per chi vive con patologie croniche come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, aprendo la strada a una gestione più proattiva e personalizzata.
Le malattie infiammatorie intestinali colpiscono milioni di persone in tutto il mondo, caratterizzandosi per fasi acute e remissioni. Durante un episodio, i sintomi possono includere dolore addominale, diarrea, stanchezza e una forte infiammazione intestinale. Nonostante l’IBD non sia costantemente attiva, gli episodi acuti tendono a manifestarsi senza preavviso, rendendo la gestione della malattia complessa e, talvolta, frustrante per i pazienti.
Attualmente, per identificare un’infiammazione in corso, i medici ricorrono ad analisi del sangue o delle feci. Tuttavia, queste verifiche avvengono quando i sintomi sono già presenti, lasciando poco margine per un intervento preventivo. La possibilità di anticipare l’arrivo di un flare rappresenta dunque un cambiamento epocale.
Dispositivi come Fitbit e Apple Watch sono ormai strumenti comuni per monitorare parametri fisici quotidiani. Tracciano, ad esempio, la frequenza cardiaca, la variabilità del battito cardiaco, i livelli di ossigenazione del sangue, il numero di passi e altre metriche fisiologiche. Questi dati, raccolti in tempo reale, possono offrire un quadro dettagliato dello stato di salute dell’utente.
Lo studio del Mount Sinai ha evidenziato che alcune di queste metriche cambiano in modo significativo settimane prima di un episodio acuto di IBD. Ad esempio, un aumento della frequenza cardiaca a riposo o una riduzione della variabilità del battito cardiaco possono segnalare un’infiammazione imminente. Anche una diminuzione dei livelli di ossigenazione del sangue o una ridotta attività fisica possono essere segnali premonitori. Queste alterazioni, osservabili con largo anticipo, potrebbero trasformare il modo in cui le malattie croniche vengono gestite.
Il progetto di ricerca ha coinvolto oltre 300 partecipanti, tutti affetti da morbo di Crohn o colite ulcerosa, monitorandoli tra il 2021 e il 2023. Gli individui hanno indossato dispositivi per almeno otto ore al giorno e risposto a questionari frequenti. I dati raccolti hanno permesso di identificare pattern fisiologici comuni prima dell’insorgenza di un episodio acuto.
I risultati, pubblicati sulla rivista Gastroenterology, suggeriscono che queste tecnologie possono essere utilizzate per sviluppare strumenti predittivi avanzati, in grado di fornire avvisi personalizzati e precisi. Questi avvisi potrebbero permettere ai pazienti di adottare misure preventive mirate, come modificare la terapia farmacologica o adattare la dieta.
Vivere con una malattia infiammatoria intestinale comporta una gestione costante e complessa. Molti pazienti descrivono l’incertezza legata ai flare come uno degli aspetti più stressanti. Non sapere quando un episodio acuto si manifesterà può influire negativamente sulla qualità della vita, limitando attività quotidiane, viaggi o impegni sociali.
Secondo il dottor Rudolph Bedford, gastroenterologo non coinvolto nello studio, attualmente non esistono metodi affidabili per prevedere i flare, a meno che non si effettuino test clinici immediatamente prima dell’insorgenza dei sintomi. Questo approccio, tuttavia, è poco pratico nella vita di tutti i giorni.
Con l’introduzione di dispositivi predittivi, i pazienti potrebbero finalmente avere maggiore controllo sulla propria condizione. Una previsione accurata potrebbe consentire di intervenire in anticipo, riducendo l’intensità dei sintomi o persino prevenendo completamente un episodio.
La prevenzione delle fasi acute passa attraverso una combinazione di interventi medici e cambiamenti nello stile di vita. Fattori come lo stress, il fumo e l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (ad esempio ibuprofene o aspirina) possono aumentare il rischio di un flare. Anche l’alimentazione gioca un ruolo importante, sebbene gli effetti varino da persona a persona.
Diete bilanciate, come quella mediterranea, sono spesso consigliate per chi soffre di IBD. Questo tipo di alimentazione favorisce la salute intestinale grazie all’abbondanza di fibre, grassi sani e antiossidanti. È importante, però, che ogni paziente identifichi gli alimenti che potrebbero peggiorare i propri sintomi e li eviti. Alcuni cibi, come i latticini o i prodotti altamente processati, sono più frequentemente associati a episodi acuti.