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Micromega cambia direttore, da Paolo Flores a Cinzia Sciuto, 300 pagine scritte da 70 personalità della cultura

Micromega cambia direttore. Paolo Flores d’Arcais, che ha fondato la rivista, lascia, dopo 38 anni, avendone compiuto 80 lo scorso luglio, passando il testimone della direzione di MicroMega a Cinzia Sciuto, che ha assunto l’incarico a partire dal 1° settembre. Lascia da par suo, distribuendo in libreria un numero speciale di MicroMega, l’ultimo firmato da Paolo Flores d’Arcais, un numero speciale di 300 pagine, nel quale 70 personalità del mondo della cultura, della politica, della giustizia, dell’informazione raccontano il loro rapporto con la rivista, ripercorrendo contemporaneamente quasi quarant’anni di storia politica e culturale italiana.

Doveroso ricordare che Micromega nacque con la spinta, finanziaria e gestionale, del Gruppo Espresso e di Carlo Caracciolo personalmente. Caracciolo vedeva in Micromega una potenziale diversificazione dell’Espresso: all’epoca il Gruppo era fatto del settimanale, di un po’ di giornali locali e di mezza Repubblica. Carlo De Benedetti non ebbe il coraggio di toccarla. I rapporti con Repubblica furono sempre difficili. Eugenio Scalfari non amava Flores, che era un grande rompiscatole, Ezio Mauro non lo capiva e non lo sopportava.

Micromega addio

Micromega cambia direttore, da Paolo Flores a Cinzia Sciuto, 300 pagine scritte da 70 personalità della cultura – Blitzquotidiano.it

Nella lettera di commiato che apre il nuovo volume in libreria Paolo Flores d’Arcais ricorda che Cinzia Sciuto lavora con lui da oltre vent’anni e che da oltre un anno  è stata nominata condirettrice. La transizione che costituisce un momento cruciale affinché la vita di un’iniziativa di successo continui anche oltre chi l’ha fondata e per decenni diretta.

Dalla primavera del 1986, quando la rivista nacque, sono passati 38 anni e mezzo, quasi lo spazio di due generazioni. E più di una fase storica.

Nel 1986 il mondo sembrava geopoliticamente diviso in due, Occidente e paesi socialisti, sotto l’egemonia americana il primo e sotto quella della Russia sovietica il secondo. Il resto era “Terzo mondo”, luogo costante di scontro tra le due superpotenze, con la Cina sul punto di gigantesche e imprevedibili trasformazioni. Tutto sembrava assai solido.

Per unanime opinione MicroMega, che fin dall’inizio ha dato grande spazio ai dissidenti dei paesi “socialisti” (Cina e Cuba compresi), sembrava sostenere una posizione priva di realismo politico, una battaglia di testimonianza etica. Perché in pochissimi, e noi fra questi, avevano capito che con la nascita di Solidarność, e malgrado la durissima repressione, tutti gli schemi del dopoguerra erano definitivamente tramontati. Venne infatti il secondo ’89, una nuova epoca della storia mondiale.

La fine del comunismo, il ritorno della storia

Che non era la fine della storia, anzi. La democrazia senza più nemici, il capitalismo senza più alternative, erano ormai senza alibi. Non avrebbero più potuto nascondere contraddizioni, limiti, colpe. Poiché non c’era più il Male comunista, non potevano più invocare il merito di essere il male minore.

MicroMega si è caratterizzata per la critica dei “socialismi reali” sul piano internazionale, e – da sinistra, ereticamente – del comunismo e dei sindacati sul piano nazionale. Rivendicando e rinnovando l’eredità del Sessantotto, riallacciandosi a quella dell’azionismo di “Giustizia e libertà”.

Ha sviluppato una critica articolata della degenerazione della democrazia in partitocrazia, ha fatto della laicità un suo permanente cavallo di battaglia, ha accompagnato sul piano dell’informazione e dell’approfondimento la straordinaria e troppo breve stagione della giustizia eguale per tutti, con le inchieste della procura di Milano contro Tangentopoli e della procura di Palermo contro la mafia.

Pur avendo una posizione apertamente atea, ha dialogato costantemente con la Chiesa cattolica (oltre che con altre confessioni religiose) e con i suoi massimi esponenti, da Ratzinger a Martini, da Tettamanzi a Scola, da Herranz a Zuppi e a tantissimi altri, affrontando i temi più controversi.

MicroMega è stata una rivista anomala anche perché il suo impegno civile non è restato sulla carta. Ma, quando possibile, si è trasformato in prassi, in azione politica. Il momento cruciale è stato il 2002, l’anno dei girotondi, concluso con la gigantesca manifestazione del 14 settembre a Roma a piazza San Giovanni, anno lungo tutto il quale la rivista ha giocato un ruolo di primo piano.

Impegno pratico diretto che si è espresso anche nelle iniziative pubbliche contro le successive leggi-vergogna e leggi-bavaglio di Berlusconi, nella promozione di manifestazioni per il diritto all’eutanasia e su tanti altri temi egualitari e libertari, fino al sostegno convinto e senza tentennamenti alla resistenza (anche armata) degli ucraini contro la Russia di Putin e all’impegno accanto alle donne scese in piazza lo scorso 25 novembre contro i cascami di un patriarcato che ancora oggi continua a uccidere.

Con la pandemia e a maggior ragione con la stagione di guerra inaugurata dall’invasione di Putin in Ucraina e proseguita dalla bestiale strage di Hamas e dalla criminale politica di Netanyahu come risposta, le sfide per una rivista come questa – che nel frattempo è diventata indipendente suo malgrado, dopo una cacciata violenta dal gruppo editoriale di cui faceva parte: è andata vicinissimo alla chiusura e l’ha evitata solo grazie alla tenacia della redazione e all’affetto e alla vicinanza dei lettori – si moltiplicano.

Si complicano i compiti e le responsabilità di un giornalismo culturale e intellettuale che continui a essere militante, in un’epoca in cui la militanza così come l’avevamo conosciuta e vissuta è scomparsa. Rinnovare la nostra storia e tradurla verso un domani che in questo tragico ’24 appare quanto mai buio, sarà il compito della redazione presente e futura e di tutto l’arco di persone, dagli autori ai lettori, che vorranno continuare a eleggerla come punto di riferimento.

 

 

Sergio Carli

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