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Mogol: “All’inizio dissi a Battisti che la sua musica non era un granché”

Mogol, intervistato dal Corriere della Sera, racconta il primo incontro con Lucio Battisti:

“Ci fece conoscere Christine Leroux, direttrice di una casa di edizioni musicali che aveva fatto un contratto a Lucio. Lui mi fece sentire due canzoni. ‘Non mi sembrano un granché’, dissi. E lui ‘In effetti… sono d’accordo’. Era semplice e umile, sorrise nonostante la batosta. Per non sentirmi un verme miserabile gli proposi di vederci per provare a fare qualcosa insieme. Nacquero Dolce di giorno e Per una lira”.

Le parole di Mogol

Cosa ci aveva visto in quel ragazzo alle prime armi?

“Farei bella figura a dirlo, ma non avevo intuito nulla. Però la terza canzone fu ’29 settembre’ che divenne un successo dell’Equipe 84. All’inizio Lucio non voleva cantare, dovetti insistere prima di convincerlo”.

Mogol continua: “Era moderno. Non cantava per far sentire la voce, ma per comunicare qualcosa”. Racconta il loro metodo di lavoro: “Ci trovavamo tutte le mattine nella mia villa di campagna a Molteno. Io preparavo il primo caffè per accoglierlo, lui quelli successivi. Lucio stava sul divano con la chitarra, io sul tappeto con carta e penna. Lavoravamo un’ora, dalle 9 alle 10, e nasceva una canzone al giorno. Una volta che era pronto un album, il primo ascolto era riservato a un amico giardiniere”.

Dati Siae alla mano, il vostro più grande successo? “Il mio canto libero. Racconta di un mio nuovo amore dopo il divorzio. Allora non era cosa comune e infatti inizia con in un mondo che non ci vuole più”.

Nel 1980, dopo circa 150 canzoni scritte insieme, Mogol e Battisti litigarono per soldi. “Non fu una questione di soldi, ma di equità. Lui otteneva due terzi dei diritti e io un terzo. Chiesi di dividere in parti uguali. Sembrava d’accordo, ma il giorno dopo cambiò idea. Gli dissi che non avrei più lavorato con lui”.

Gianluca Pace

Laureato in Storia contemporanea, a Blitz quotidiano dal 2011. Qui mi occupo, si fa per dire, di quel che accade in questa misera Italia e nei dintorni. Con queste poche righe dovrei mettere in risalto, con un po’ di ironia e senza farlo notare troppo, le mie poche qualità. Ma insomma, alla fine che ci frega?

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