Oggi si festeggia San Patrizio, celebratissimo patrono dell’Irlanda. E quale migliore occasione per proporvi un po’ di musica irlandese per la vostra playlist di San Patrizio? Perché potremmo dire che l’Irlanda, prima che un luogo fisico, è un sentimento perfettamente espresso nella sua musica. Il Saint Patrick’s day è infatti festeggiato in tutto il mondo, in ogni Irish pub, e non solo… La capacità della musica irlandese di affascinare e unire, con il suo senso di malinconia e di fratellanza, è assolutamente unica.
In realtà, quella che noi chiamiamo musica irlandese è una musica tradizionale che rientra nella più ampia famiglia della musica celtica. Ma la tradizione specificamente irlandese ha saputo tenersi viva in una maniera rara fra le musiche popolari, rinnovandosi più e più volte, mescolandosi con altri stili e tradizioni, senza perdere mai la propria identità. D’altra parte, non è forse questo che fanno le tradizioni, quando non sono chiuse in un museo a fare la muffa? E così, in Irlanda si parla di almeno due momenti di revival della musica tradizionale. L’ultimo, iniziato negli anni Sessanta, è quello che ha contribuito all’enorme diffusione della musica irlandese sia negli Stati Uniti che qui da noi, e che ha portato alla fusione con il mondo del rock.
E allora qui ci concentreremo soprattutto sugli artisti di questo “secondo revival”, che hanno costruito la musica irlandese così come la conosciamo tutti. Per i più puristi e per i curiosi, ci tengo però a segnalare che ci sono ancora molti notevolissimi artisti che portano avanti una tradizione più antica, spesso anche cantata in gaelico. Pur avendo un repertorio in gran parte comune con gli artisti più “innovativi”, il loro sound è molto più tradizionale, in un certo senso. Ma la tradizione irlandese è sempre viva, e quindi sempre mutevole. Basti pensare che tra gli strumenti tipici, accanto al bodhran, al fiddle, alla concertina, all’arpa celtica, alla cornamusa irlandese (uillian pipes) e al tin whistle, negli anni Settanta venne inserita una versione modificata del bouzuki!
Quindi, tutti pronti? Rigorosamente indossando qualcosa di verde, mi raccomando, partiamo con l’elenco di proposte della settimana, come al solito muovendoci tra classici e artisti meno noti, con l’obiettivo principale di ascoltare o riascoltare della buona musica!
Immancabili in una selezione di musica irlandese, i Pogues sono fin dagli anni Ottanta una bandiera di questo genere musicale, anche se inizialmente furono guardati con sospetto dai puristi della tradizione. Il famoso musicista irlandese Tommy Makem li definì addirittura “il peggior disastro che potesse capitare alla musica irlandese”. I loro successi maggiori sono probabilmente Fairytale of New York, con la partecipazione di Kristy MacColl, inserita nell’album If I Should Fall from Grace with God del 1988, e la title track dello stesso album. Ma molto spesso hanno interpretato classici del repertorio irlandese, collaborando con musicisti sia di musica folk che di estrazione punk rock, ad esempio: famose sono le collaborazioni con Joe Strummer e con i Dubliners, paladini del “secondo revival”, in una interpretazione di The Irish Rover, un classico del repertorio tradizionale. Qui però vi propongo la versione dei Pogues di Dirty Old Town, un brano del 1949 di Ewan MacColl, entrato nel repertorio tradizionale irlandese anche grazie alle interpretazioni dei Dubliners (nel 1968) e dei Pogues. Il brano è tratto dal secondo album dei Pogues, Rum Sodomy & the Lash, prodotto da Elvis Costello nel 1985.
I Dubliners sono stati indubbiamente una delle band più importanti per il cosiddetto “secondo revival”, portando la musica irlandese in tutta Europa, così come i Clancy Brothers and Tommy Makem avevano fatto negli Stati Uniti. Qui interpretano Finnegan’s Wake, ballata popolare già famosa a metà dell’Ottocento e fonte di ispirazione per la famosa opera di James Joyce. La versione dei Dubliners è inclusa nel loro terzo album Finnegan Wakes, registrato live e pubblicato nel 1966. Anche il video qui sotto è di una esecuzione dal vivo, ma del 1985.
Altra band fondamentale per la musica irlandese, i Chieftains sono considerati talmente importanti da ricevere nel 1989 il titolo ufficiale di “Ambasciatori musicali d’Irlanda”. Attivi fin dal 1962, sono tra i principali responsabili di quello che riconosciamo subito come il suono della musica irlandese. I Chieftains hanno pubblicato una miriade di album (46, se non ho contato male…), collaborando sia in studio che dal vivo con un’innumerevole quantità di artisti di grande spessore. Qui li troviamo impegnati insieme a Sinead O’ Connor in un classico della tradizione irlandese, She Moved Through the Fair (essendo cantato da una donna il titolo è stato cambiato da “she” a “he”). Si tratta di un brano molto antico, che vanta moltissime interpretazioni e la cui melodia è divenuta anche la base per Belfast Child dei Simple Minds. La versione dei Chieftains con Sinead O’ Connor è inclusa nell’album The Long Black Veil del 1995, probabilmente il più famoso dei Chieftains, in cui compaiono anche collaborazioni con Sting, Van Morrison, Mark Knopfler, Ry Cooder, Marianne Faithfull, Tom Jones, Mick Jagger e i Rolling Stones al completo.
Come già accennato, i Clancy Brothers sono stati un gruppo fondamentale per la diffusione della musica tradizionale irlandese negli Stati Uniti. Figli di immigrati irlandesi a New York, negli anni Sessanta sono stati tra le figure più importanti della rinascita folk americana, arrivando addirittura ad avere una forte influenza anche su Bob Dylan. Nei molti album che hanno prodotto, hanno reso famose molte canzoni della tradizione irlandese, soprattutto nel periodo della collaborazione con Tommy Makem. The Wild Rover è una canzone popolare che risale almeno al Seicento, e che è diventata una sorta di inno per gli irlandesi (e per gli scozzesi), anche grazie alle versioni dei Dubliners e dei Clancy Brothers and Tommy Makem. È inclusa nel loro album Recorded Live in Ireland del 1965.
I Lankum sono invece tra i rappresentanti più di spicco della nuova generazione della musica irlandese. Il loro primo album, Between the Earth and the Sky, è uscito nel 2017 e gli è valso in patria il premio come miglior album di folk. L’album successivo, The Livelong Day del 2019, è stato nominato addirittura miglior album dell’anno, senza restrizioni all’ambito folk. E anche il loro terzo album False Lankum del 2023 è stato accolto molto positivamente. Nel video li vediamo alle prese, dal vivo in uno studio di registrazione, con un altro grande classico della tradizione irlandese: The Rocky Road to Dublin. Si tratta di un brano dell’Ottocento, eseguito praticamente da tutti i musicisti che si sono mai definiti di tradizione irlandese. La particolarità nel sound dei Lankum è data dalle loro interpretazioni cupe, quasi dark, spesso sostenute da una nota di base eseguita su un armonium.
Be’, i Thin Lizzy non si possono certo considerare una band di musica irlandese, per quanto siano nati in Irlanda… ma quando nel 1972 pubblicano la loro versione di Whiskey in the Jar creano un punto di svolta per la musica folk d’Irlanda: un perfetto mix di blues rock e musica tradizionale irlandese. Whiskey in the Jar è un classico del repertorio celtico, una canzone risalente probabilmente almeno al Seicento, tra le più eseguite sia in patria che all’estero, dagli irlandesi emigrati: Alan Lomax ne registrò alcune versioni negli Stati Uniti durante le sue ricerche etnomusicologiche negli anni Sessanta. La versione dei Thin Lizzy fu pubblicata inizialmente come singolo e successivamente inserita nella riedizione su cd del 1991 dell’album Vagabond in the Western World, originariamente pubblicato su vinile nel 1973. Ebbe un tale successo da essere ripresa da molti interpreti della scena rock e blues, inclusi Simple Minds, U2 e nel 1998 dai Metallica. Per i più tradizionalisti, comunque, consiglio le versioni dei Dubliners, dei Pogues e dei Clancy Brothers and Tommy Makem.
Gli High Kings sono una band di musica folk irlandese della nuova generazione. Fondati nel 2008 da Finbarr Clancy, figlio di uno dei Clancy Brothers e parte lui stesso del gruppo negli anni Novanta, hanno prodotto diversi album attingendo spesso al repertorio tradizionale. The Irish Pub Song è contenuta nell’album Decade del 2017 e racconta di come si possa trovare in ogni parte del mondo un angolo di Irlanda: un pub irlandese!
Formati nel 1996 negli Stati Uniti, i Dropkick Murphys vengono spesso definiti una band “celtic punk”. I loro riferimenti alla tradizione irlandese e le loro collaborazioni con artisti folk irlandesi sono innumerevoli. I’m Shipping Up to Boston è uno dei loro brani più famosi, incluso nell’album The Warrior’s Code del 2005. Il testo è di Woody Guthrie, con il quale la band ha collaborato anche nell’album del 2022 This Machine Still Kills Fascists.
Come per i pub, anche le band di musica irlandese si trovano in tutto il mondo, anche qui da noi. I Modena City Ramblers nascono nel 1991 come un gruppo di musica folk irlandese. Nonostante negli anni abbiano preso anche strade diverse, l’Irlanda è sempre rimasta nel dna della loro musica, come testimoniano brani famosi come Un giorno di pioggia. Qui li vediamo alle prese con The Foggy Dew, un classico del repertorio folk irlandese, che i Modena registrarono nel loro primo album On the First Day of March… Live Demo del 1992. Il video è stato registrato durante le prove per il St. Patrick’s Tour del 2016.
Anche gli Her Pillow nascono all’inizio degli anni Novanta, e anche loro sono italiani. E anche loro, pur essendo meno famosi dei Modena City Ramblers, suonano musica irlandese. Basti pensare che il loro primo album del 1998 si intitolava L’Irlanda nel cuore, la birra nelle vene. The Irish Rover è un traditional molto popolare nel repertorio irlandese, registrato già dai Pogues e dai Dubliners, tra gli altri. La versione live degli Her Pillow è contenuta nel loro album Four Green Fields del 2013.
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