Questa settimana sono andato a caccia per voi delle cover più ardite dei Pink Floyd: quelle che sono riuscite a reinterpretare i grandi classici di una band storica in una veste diversa, senza cadere nel ridicolo! In effetti, se ci pensate, è tutt’altro che facile immaginare le canzoni più famose dei Pink Floyd in una forma diversa da quella che tutti conosciamo a memoria.
Molti sono stati gli artisti che si sono cimentati con i loro brani, ma la maggior parte delle volte si tratta di esecuzioni piuttosto fedeli agli originali. Così come agli inizi degli anni 2000 sono spuntati come funghi interi album reinterpretati: tra questi, spiccano Back Against the Wall di Billy Sherwood del 2005, che contiene anche composizioni originali, e Return to the Dark Side of the Moon pubblicato nel 2006 dalla tribute band Pink Floyd Project, sempre con lo zampino di Billy Sherwood. Nella compilation Rebuild the Wall realizzata dalla rivista Mojo nel 2009 spicca la cover di Stop dei Diagonal.
I Foo Fighters hanno reinterpretato Have a Cigar, mentre i Scissors Sisters hanno realizzato una cover di Comfortably Numb. In entrambi i casi si tratta di buone cover, ma che non si discostano molto dagli originali. Probabilmente tra i primi a incidere una cover dei Pink Floyd, gli Hawkwind hanno pubblicato una loro splendida versione di Cymbalene già nel 1970. Degne di nota sono anche la versione del 1991 di Interstellar Overdrive degli scozzesi Teenage Fanclub e quella del 2008 dei Kylesa, in un album tributo a Syd Barrett. E ancora, la versione funky degli Snatch di Another Brick in the Wall, del 1980, quella di Mary Fahl di Us and Them e la reinterpretazione di See Emily Play realizzata da Judy Dyble nel 1982 ma pubblicata nel 2009. Ma andiamo a scoprire cosa ho scovato per voi…
Tratta dall’omonimo album del 1975, Wish You Were Here è sicuramente una delle canzoni più rivisitate nel vasto repertorio dei Pink Floyd. La versione reggae di Alpha Blondy del 2007 è certamente degna di nota, così come quella con due violoncelli che i Rasputina hanno pubblicato nel 2001 nel loro album The Lost & Found. La cover di Bettye LaVette che ho scelto, però, mi pare un’interpretazione più originale, con una enorme dose di personalità e stile. Inserita nel suo album Interpretations: The British Rock Songbook del 2010, dà l’impressione che la cantante l’abbia assorbita, fatta sua e reinterpretata con gli stilemi tipici del soul. Qui la possiamo apprezzare dal vivo in un concerto a New York nel 2010.
Sotto il nome collettivo di The Entertainers si nascondono due virtuosi degli archi: Andrej Kurti al violino e Viktor Uzur al violoncello. Nel loro album del 2005 The Entertainers hanno reinterpretato Run Like Hell, brano incalzante contenuto in The Wall. E ci sono tutte le premesse per una versione ardita, ben diversa dall’originale e che promette fuochi d’artificio.
Un brano di psichedelia pura tratto da Ummagumma del 1969, reinterpretato qui da uno dei protagonisti della scena psichedelica degli anni Settanta. Nik Turner è infatti conosciuto soprattutto per essere stato membro degli Hawkwind. Contenuta nella compilation The Other Side of Pink: A Tribute to Pink Floyd del 1999, questa sua versione di Careful with that Axe Eugene è una cavalcata di otto minuti di space rock elettronico condito da sapienti interventi di flauti.
Nel 2001 i Luther Wright and the Wrongs pubblicano il loro album Rebuild the Wall che, ovviamente, ripropone l’intero The Wall, ma in versione bluegrass. Questa versione di Goodbye Blue Sky però non è solo una rivisitazione in veste bluegrass, ma piuttosto un adattamento creativo dell’universo dei Pink Floyd al mondo dei cowboy, delle balle di fieno ai rodeo e del banjo.
Altro grande classico tratto da Wish You Were Here, anche Shine On You Crazy Diamond vanta numerose cover. Tra quelle più interessanti, vi segnalo la versione di Kendra Morris contenuta nel suo album Mockingbird del 2013: vi consiglio di cercarne la versione dal vivo su Youtube. Ma quella che ho scelto per voi è invece la reinterpretazione di Christy Moore, contenuta nell’album Listen del 2009. Christy Moore, irlandese, è stato uno dei fondatori dei Planxty, una band che è una bandiera della musica irlandese. E in questa sua versione si percepisce quella sfuggente e indescrivibile vibrazione che è comune a tutta la musica folk irlandese.
Nel loro album Defy del 2018, i californiani Of Mice and Men reinterpretano con il loro tipico stile da rockettari pesanti Money, originariamente pubblicata in The Dark Side of the Moon nel 1973. E il risultato, oltre che ben riuscito, spicca per originalità rispetto al celebre singolo dei Pink Floyd.
Era abbastanza prevedibile che in questo elenco di cover ardite arrivasse una versione reggae di un classico dei Pink Floyd. Ma che si trattasse di The Great Gig in the Sky, uno dei brani più difficili da reinterpretare, era tutt’altro che scontato! Gli Easy Star All Stars sono una band americana che rivisita in chiave dub album famosi di altri artisti e generi diversi. The Dub Side of the Moon, del 2003, è il loro primo album. E questa versione del classico di The Dark Side of the Moon è decisamente interessante.
Quando nel 1977 i Pink Floyd pubblicarono questo brano nel loro album Animals probabilmente si ritennero molto sperimentali. Questa versione dei Cokegoat, inserita nell’album Vessel del 2013, traghetta Dogs nel territorio del progressive sludge metal, tra doom, stoner e hardcore…
E torniamo ancora all’album dei Pink Floyd The Wall. Questa versione di Comfortably Numb, pubblicata nel 2008 nell’album For All I Care, vede però all’opera un trio jazz americano, accompagnato dalla cantante jazz Wendy Lewis. Si tratta dell’unico album della band che non contiene esclusivamente brani originali, ma l’arrangiamento è talmente riuscito che se non fosse un brano così celebre si stenterebbe a credere che sia una cover. Nel video vi propongo una esecuzione live.
Pigs, come è facile immaginare, è un brano contenuto nell’album Animals dei Pink Floyd. Qui ne possiamo apprezzare una bellissima versione tutta in chiave italiana. Daggermoth è infatti il nome d’arte dietro cui si nasconde Sara Ardizzoni, chitarrista e cantante che vanta molte collaborazioni internazionali, e che qui è supportata dalla collaborazione di Giorgio Canali, già CCCP e CSI. Contenuta nell’album One of my Turns, a Tribute to Pink Floyd del 2012, non è forse la più ardita tra le cover ascoltate finora. Ma si tratta pur sempre di una splendida e intensa interpretazione che sicuramente è sfuggita a molti, ma che vale la pena scoprire.
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