
Sanremo, Carlo Verdone dietro le quinte: “Ecco come ho lanciato Lucio Corsi” - Blitzquotidiano.it (foto Ansa)
Sanremo, Carlo Verdone dietro le quinte: “Ecco come ho lanciato Lucio Corsi”, racconta in questa intervista con Pino Nicotri.
Per la sua semplicità, sorprendentemente diversa dai chiassosi cliché di moda per farsi notare a tutti i costi, lo hanno soprannominato “un alieno caduto sul palco dell’Ariston”.
E il merito di avercelo fatto cadere, spingendolo non poco, è di Carlo Verdone, altro personaggio estraneo al chiasso di qualunque tipo.
Stiamo parlando di Lucio Corsi, il giovane cantautore che ha conquistato il secondo posto al Festival di Sanremo con “Volevo essere un duro”, canzone che sta riscuotendo più successo della prima classificata.
A Sanremo l’”alieno” ha anche vinto il premio Mia Martini e messo in scena un divertente duetto canoro con Topo Gigio sulle note della storica canzone Volare, dell’indimenticabile Domenico Modugno, nota anche come Nel blu dipinto di blu.
Carlo Verdone, a domanda risponde

DOMANDA
Carlo Verdone, come ha conosciuto Lucio Corsi?
RISPOSTA
Eravamo alla ricerca di un cantante vincitore della finta Sanremo della mia terza stagione di Vita da Carlo, prodotta dalla Paramount e uscita nello scorso novembre, dove figuro come direttore artistico e conduttore del festival. Volevamo un volto nuovo, diverso da tutti quelli che vanno per la maggiore. Abbiamo chiesto alla case discografiche, che ci hanno inviato cinque nomi.
D – Lucio Corsi era tra questi cinque quello che l’ha convinta di più?
R – No. Lui era il sesto nome, arrivato dopo quei cinque.
D – E come è arrivato?
R – Ce l’ha mandato Caterina Caselli. Ci ha spiegato che ce lo proponeva perché “ha un volto curioso, un po’ strano, molto originale”. Mi ha colpito che è anche educato, perbene, molto timido. Gli ho detto “ti faccio diventare un personaggio”.
D – Cosa non facile per una persona molto timida.
R – E infatti lui mi ha detto “dammi 4-5 giorni per pensarci”.
D – E Verdone?
R – Beh, gli ho detto “dài, pensiamoci”. Ci ha pensato e ha accettato. Per fortuna. Sua, ma anche nostra. La serie è uscita e la sua canzone è piaciuta. Lui è autentico, della sua giovinezza in Maremma conserva un bel calore familiare. Sul palco ha grazia e non è aggressivo. Non grida, non urla. Anche Achille Lauro è educato, non grida, e a Sanremo questa volta si è presentato sobriamente, ha rinunciato al truccarsi per fare scena, per anche recitare la canzone.
Un ragazzo molto timido
D – Molto timido, però alla porta del festival di Sanremo ha bussato, segno che voleva parteciparvi.
R – La sua non è stata una decisione facile. Ho dovuto insistere.
D – Cioè?
R – Quando ho cominciato a dirgli che doveva andare a Sanremo, visto che la sua canzone in Vita da Carlo è molto piaciuta, e che non poteva perdere l’occasione di fare un bel salto professionale, lui continuava a ripetermi che stava bene come stava, gli bastavano i concerti che dava, i locali che lo chiamavano, la spazio professionale che aveva: un po’ di nicchia, ma che gli permetteva di esprimersi. Insomma gli bastava la vita che faceva, ne era soddisfatto. Sono veramente contento di essere riuscito a convincerlo a farsi avanti. E sono felice del successo avuto a Sanremo, trampolino di lancio per un successo duraturo. Se lo merita.
D – Lo hanno definito “un alieno caduto sul palco dell’Ariston”. In effetti era un po’ un marziano rispetto agli altri concorrenti tutti – per usare i termini un po’ orrendi di moda – con look e autfit esagerati, spesso griffati, a volte a mio modesto avviso anche grotteschi. Come se i cantanti dovessero stupire il pubblico con il loro modo di presentarsi un scena anziché con le loro canzoni.
R – In effetti, la tendenza in molti campi, a partire dalla politica, è più di spettacolo che di sostanza. Magari c’è chi teme che se non si fa notare con stramberie ed esagerazioni estetiche e affini non viene notata neppure la sua canzone. Però mi pare che si cominci a tornare a una minore “anormalità” se non a una maggiore normalità o a un po’ di sobrietà. Me lo fa pensare il cambiamento “estetico” di Achille Lauro e la maggiore sobrietà anche di altri.
D – Che effetto ha fatto a Carlo Verdone questo festival imbottito più del solito di effetti scenici e di splendori, tutto teso al clamoroso, gridato e chiassoso quanto mai, in un periodo di guerre, massacri, incertezze, crisi, timori e paure diffuse? Il festival anche come arma di distrazione di massa?
R – Noi italiani siamo così: la mamma, i quattrini e il festival di Sanremo. Guai a toccarci queste tre cose. E certo in un periodo così travagliato e pericoloso il festival, e non solo, viene usato anche come arma di distrazione di massa. I problemi intanto si accumulano. Non c’è lavoro, non si fanno figli perché mantenere un figlio costa davvero molto, troppo. Non pochi giovani vanno a vivere all’estero.
“Panem et circenses”, al tempo dei romani. Oggi però ci sono più circenses che panem.
D – Torniamo a Lucio Corsi. Nella serie lui però il festival lo vinceva, ma questa parte finale è rimasta nei cassetti.
R – Sì, diciamo che non si è voluto esagerare. Però credo che la Paramount questa parte finale la voglia in qualche modo recuperare. So che stanno valutando il da fare