Netanyahu, Benjamin, oltre il sionismo in un libro sul padre scritto da un ebreo americano la chiave per capirlo

Netanyahu, Benjamin, primo ministro di Israele, per capire meglio il suo modo di pensare, al di là delle sue vicende giudiziarie personali che certo pesano, un libro può aiutare. Parla del padre, professore universitario e della madre e del loro approccio alla vita e alla storia. È scritto da un ebreo, Joshua Cohen, sulla traccia degli appunti di un professore ebreo, Ruben Blum, in una università americana negli anni ’50. Si intitola “I Netanyahu. Dove si narra un episodio minore e in fin dei conti trascurabile della storia di una famiglia illustre”,  Codice edizioni, Torino.

La sintesi.
Corbin College, Stato di New York, inverno del 1959. Ruben Blum, professore di storia, viene incaricato di guidare e accompagnare per un weekend uno studioso israeliano che l’università sta valutando di assumere: Ben-Zion Netanyahu, padre di quel Benjamin che alcuni decenni dopo diventerà primo ministro di Israele.

L’incontro con la famiglia Netanyahu sconvolgerà la tranquilla esistenza di Ruben, costringendolo a tornare in contatto con le sue radici ebraiche più profonde, da cui per tutta la vita ha cercato di affrancarsi.

Liberamente ispirato a una storia vera raccontata a Cohen dal famoso critico letterario Harold Bloom, “I Netanyahu” è un campus novel, una commedia dissacrante, una lezione di storia, una conferenza accademica, una polemica sul sionismo, una riflessione sui conflitti culturali e religiosi degli ebrei americani e sulle vulnerabilità dei discorsi identitari.

Alcune righe.

Più di una volta Netanyahu ha mostrato una tendenza a politicizzare il passato ebraico, trasformando i suoi traumi in propaganda. 

“Netanyahu” è la versione ebraicizzata, il nome israeliano di una famiglia chiamata Mileikowsky. Ci sono centinaia di piccoli paesi e villaggi sparsi come semi nelle terre slave i cui nomi sono una variazione della radice proto-indoeuropea melh, “macinare”, Mileykovo, Milikow, ecc., vale a dire “il villaggio del mulino”. (Sono certo che, allo stesso modo, ci siano centinaia di “Milltown” in America.) Passare da “l’uomo del villaggio del mulino” a “mandato da Dio” (il significato grandioso dietro la parola “Netanyahu”) è una trasformazione non da poco.

Il padre di Netanyahu, Nathan Mileikowsky, nacque nell’anno insanguinato dai cosacchi del 1879, a Kreva, nella Russia Bianca, vicino al confine lituano, e studiò per diventare rabbino nel famoso yeshivah di Volozhin, dove finì sotto le influenze sioniste.

Questo era il sionismo del rabbino Mileikowsky, un oratore e agitatore itinerante che pubblicava i suoi libelli polemici sotto lo pseudonimo di “Netanyahu”. Sì, il nome del vostro candidato, quel maestro degli pseudonimi, è stato uno pseudonimo a sua volta, un tempo! Dobbiamo fare attenzione quando proviamo a nasconderci, perché ciò che si nasconde in una generazione può diventare famoso in un’altra!

Nei testi che il rabbino Mileikowsky firmava “Netanyahu”, la sua posizione era inequivocabile: a differenza dei sionisti di Vienna, Budapest e della Svizzera, si rifiutava di aspettare che il mondo “assegnasse” agli ebrei una terra promessa quando e dove sarebbe piaciuto alle potenze mondiali; Dio aveva già “assegnato” agli ebrei la storica madrepatria in Palestina, che era lì ad aspettarli (era Netan-yahu, “mandata da Dio”, appunto). Dovevano solo prendersela.

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Sergio Carli