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Padre nostro pregano 2,5 miliardi di cristiani, antica preghiera ebraica

Padre nostro pregano e invocano due miliardi e mezzo di cristiani nel mondo, ogni domenica, ogni giorno. La preghiera, Pater Noster, ufficialmente ha duemila anni, in realtà ne ha molti di più, affondando le sue radici nella tradizione ebraica, a sua volta indebitata con la cultura religiosa babilonese e mediorientale.

Questo legame millenario dovrebbe scaldare il cuore, perché ti fa sentire parte di una spinta che nasce con le origini della civiltà e forse ancora più indietro. Non piace alla Chiesa di Roma in nome della sua pretesa unicità e della asserita originalità dell’insegnamento di Gesù Cristo.

Ci dà una versione del Padre Nostro, come quella che si recita nella Messa, il Vangelo di Matteo. Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così.


Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome, 
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti 
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.


Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

Quanto questa traduzione, come forse altre, sia attendibile è materia di fede. Insospettisce che, nel testo reperibile online e quindi costantemente aggiornabile, compaiano le parole “non abbandonarci alla tentazione”, nuovissima invenzione vaticana che non amava più l’originale “non ci indurre in tentazione”, “ne nos inducas in tentationem”. 

Sono parole che riconoscono un ruolo quantomeno non neutro di Dio nel male oltre che nel bene. D’altra parte il diavolo, prima di iniziare a tormentare il povero Giobbe (storia presa pari pari da Babilonia) chiede il permesso a Javhe. Il che ha autorizzato la teoria non disprezzabile (se Dio è onnipotente non può esistere una forza alternativa ma solo e comunque subordinata; quando vedono Gesù i demoni scappano senza nemmeno provare a resistere) che il demonio sia in realtà una specie di agente segreto del Padreterno.

Torniamo al Pater. Una prima e più antica versione ci viene dalla raccolta di detti di Gesù nota come Fonte Q da Quelle, che in tedesco vuole dire fonte.«Quando pregate dite “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, dacci quest’oggi il nostro pane quotidiano e perdonaci i nostri debiti  one noi perdoniamo a ogni nostro debitore e non ci indurre in tentazione “».

Quella del pane quotidiano è un’altra questione che lascia perplessi sull’uso politico e propagandistico della traduzione da parte dei religiosi di professione. Anche il testo sacro per eccellenza degli anglicani, la Bibbia nello traduzione voluta da Re Giacomo mezzo millennio fa, parla di pane quotidiano.

Nel mondo cattolico come in quello protestante i ricchi stavano sopra, i poveri sotto ed era bene che questi si accontentassero di un pezzo di pane e magari un bicchiere di vino per stordirsi. Da che mondo è mondo questo costituì la dieta della maggioranza degli umani: state contenti di quel poco che avete, era il senso di uno dei precetti della Chiesa al catechismo. Anche Martin Lutero si piegò.

Ma è possibile che Gesù, il grande rivoluzionario, esortasse a pregare per la pagnotta? Ci stona un po’ in una orazione tutta proiettata in un mondo che sarà. E qui emerge una versione ben diversa del pane quotidiano. Non per quello dobbiamo pregare ma per il pane del domani, concetto coerente con il momento fondamentale dell’insegnamento di Gesù, l’istituzione della Eucarestia. Dacci oggi il nostro pane di domani, invoca Cristo; non pensa alla michetta ma al pane trasformato nel suo corpo.

Ma dove lo ha detto? L’ha detto ma l’hanno obliterato, stile Stalin e Putin.

Tutto si gioca attorno a una parola greca: epiousios o epiousion che vuole dire appunto del domani o trans sostanziale.

Da duemila anni filosofi, biblisti, teologi dibattono su questa parola che è stata usata solo una volta nel greco scritto proprio nel Padre Nostro. La questione è complessa come sempre quando c’è di mezzo Dio. La scelta del pane del domani appare più coerente con il messaggio di Gesù.

Il pane del domani, collegato con l’istituzione della Eucarestia, apre a un ulteriore approfondimento sul Padre Nostro.

Non solo l’Eucarestia si innesta nella tradizione millenaria del rito del pane e del vino che precede ebrei e cristiani. Quando Abramo arrivò a Gerusalemme, il locale re-sacerdote Melchisedech, che non era ebreo, lo iniziò al rito del pane e del vino. Nella messa di una volta c’era un riferimento a questo personaggio, che negli ultimi anni è stato fatto sparire in pieno stile sovietico. Ma lo stesso Padre Nostro non è una originalità di Gesù, ma una sua elaborazione e innovazione su una antica preghiera ebraica.

D’altra parte Gesù ebreo era e il suo proposito originale non era quello di scardinare legge e tradizione ma di aprirle e innovarle.

Un ebreo francese moderno, Robert Aron, ci apre nuovi orizzonti sulla evoluzione di una antica preghiera giudaica nel Padre Nostro.

Sergio Carli

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