Il dato del lavoro femminile è comunque quello che fa riflettere di più. In primo luogo perché il 47% significa dieci punti in meno rispetto alla media Ue che è del 57.2%. Dato che arriva nel giorno in cui negli Usa, per la prima volta nella storia, le donne al lavoro hanno effettuato il sorpasso sui maschi sia in termini assoluti che in termini percentuali.
Nel sud Italia, afferma l’istituto di statistica, «quasi un lavoratore su cinque può essere considerato irregolare».
Per quanto riguarda il settore pubblico, nel 2008 rappresentava il 14,4% della forza lavoro, un punto percentuale in meno rispetto al 2000. Un valore, scrive l’Istat, che colloca il nostro Paese nella parte bassa della graduatoria europea, al 23° posto. Un punto in meno, in ogni caso, rispetto al bisogno di tagli della spesa pubblica in conto corrente significa ancora troppo poco.
Sul fronte privato, la dimensione media delle imprese italiane resta molto piccola: circa 4 addetti per azienda. Numeri che in Europa sono superiori solo è a quelli di Portogallo e Grecia (dati 2007). Al contrario, in Italia ci sono 66 imprese ogni mille abitanti, valore tra i più elevati in Europa, e il tasso di imprenditorialità è pari al 32,2%, valore quasi triplo rispetto alla media europea. Tante piccole imprese ma diffuse in modo capillare. Ma anche qui si registra una grossa differenza tra nord e sud: tra le imprese del sud la solvibilità di quelle che ricorrono a finanziamenti bancari risulta «sistematicamente inferiore rispetto al centro-nord». Questo si riflette sui livelli dei tassi d’interesse, mediamente superiori di circa un punto percentuale indipendentemente dalla durata del prestito.