Rosa bronzo l’ammazzabambini non è un personaggio fittizio. Quella che emerge dai bassifondi della storia, agli albori dell’Unità nazionale, è una vicenda terribile e dimenticata, una strage degli innocenti. Siamo a Vallo della Lucania, nel Cilento contadino tra il 1875 e il 1877 segnato da una miseria senza rimedio.
Rosa Bronzo, l’ammazzabambini: una serial killer dell’800
Erode non veste i panni di un re sanguinario, ma quelli di una signora di mezza età che tra furti e delazioni finisce nel mirino dei tribunali del Regno.
Rosa Bronzo ha 47 anni, in qualche modo reputa onesto farsi pagare dalle povere donne della zona che non possono proprio tenere i cosiddetti figli della colpa. Figli illegittimi che previo pagamento deve consegnare all’orfanotrofio.
“Dava ad intendere ai suoi concittadini che adempiva al pietoso ufficio di raccogliere i neonati ripudiati dai loro genitori per recarli all’ospizio dei trovatelli in Salerno”, riferiscono le cronache dell’epoca.
In realtà a Salerno non ci arriveranno mai. La donna ha altri piani. Per non farli piangere li addormenta con misture oppiacee a base di papavero. La loro sorte è segnata: quando non li strangola con le sue mani, li mette in forno.
“Le indagini sulla condotta della Bronzo giunsero ad assodare che certo avea soffocato un bambino nel forno di sua casa, ed un altro cadavere di bambino in putrefazione fu trovato nel fondo di un sotterraneo della medesima casa”.
Il libro di Giuseppe Galzerano
Una “fabbricante di angeli”, declamava qualche titolo di giornale. “L’ammazzabambini“, sembrò più appropriato definirla. Il termine serial killer non era ancora divenuto parola corrente. Dichiarata colpevole, fu condannata ai lavori forzati a vita. Il tempo avrebbe steso un pietoso velo sulle sue malefatte.
Quel velo lo ha alzato Giuseppe Galzerano che ne ha ricavato un libro: “Rosa Bronzo. L’ammazzabimbi di Vallo della Lucania” (Galzerano Editore). Un documento agghiacciante.