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In 10 anni 10mila medici hanno lasciato l’Italia: cresce il numero dei posti in medicina

I medici lasciano il nostro paese per lavorare. È una realtà. “In dieci anni, dal 2005 al 2015, oltre 10mila medici hanno lasciato l’Italia per lavorare all’estero. È un esodo di capitale umano che non possiamo più permetterci. In quest’ottica appare urgente porre i giovani al centro delle politiche di sviluppo. Offrendo loro la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni, sfatando l’idea che la nostra non è una nazione per giovani”. A dirlo è il ministro della Salute Orazio Schillaci, intervenendo nei giorni scorsi all’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università Cattolica di Roma. Come fare per fermare l’esodo? Innanzitutto si amplierà il numero di accessi alle facoltà di Medicina. 

I medici lasciano il paese? Si va verso un ampliamento dei posti in medicina 

Schillaci ha annunciato inoltre che si sta andando verso un ampliamento dei posti di Medicina. “Solo fino a due o tre anni fa venivano ammessi per ciascun anno tra gli 8.000 e i 10.000 studenti alla Facoltà di Medicina. Eppure già dieci anni fa la Conferenza dei Presidi della Facoltà di medicina chiedeva insistentemente di portare a 12.000 il numero di studenti che vi potevano accedere”. Per questo, “i numeri resi pubblici con il decreto del 10 febbraio relativi all’accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia sono da considerarsi provvisori. Credo si procederà a un ampliamento”.

La carenza di medici è un’emergenza 

Il ministro della Salute ha proseguito: “Oggi siamo impegnati a fronteggiare l’emergenza della carenza di medici. Una criticità che deriva da lontano: da una programmazione miope del numero di accesso alla facoltà di Medicina che non rispondeva alle reali esigenze del Paese”. Per trovare una soluzione in tempo reale al problema della carenza di medici, ha proseguito Schillaci, “è stato istituito presso il ministero dell’Università un gruppo di lavoro che ha il compito di definire il fabbisogno dei medici e adeguare le capacità e l’offerta potenziale del sistema universitario”. Perché non bisogna dimenticare “che nessuna innovazione tecnologica, per quanto indispensabile e necessaria, potrà mai sostituire la leva essenziale del nostro servizio sanitario nazionale: il capitale umano”. L’adagio che recita il triste ritornello dei medici che lasciano il paese per lavorare non può più essere la norma.

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