Il radon, un gas radioattivo naturale prodotto dalla decomposizione di metalli come l’uranio e il radio nelle rocce e nel terreno, rappresenta una causa nota di cancro ai polmoni, seconda solo al fumo di sigaretta. Questo gas può infiltrarsi nelle abitazioni attraverso fessure nei muri e nei pavimenti, principalmente nei seminterrati e attorno alle tubature. Nonostante sia incolore, insapore e inodore, il radon può essere rilevato solo tramite appositi test. Recenti studi pubblicati su Neurology, la rivista dell’American Academy of Neurology, hanno evidenziato una correlazione tra l’esposizione al radon e un aumento del rischio di ictus, oltre che di altre condizioni correlate, soprattutto nelle donne.
I risultati di questi studi sono emersi dopo un’analisi dei dati di oltre 160.000 donne, le quali sono state suddivise in base ai livelli di esposizione al radon. Si è osservato che le partecipanti che vivevano in aree con le concentrazioni più elevate di radon presentavano un rischio significativamente maggiore di sviluppare ictus rispetto a quelle che vivevano in zone con concentrazioni più basse di questo gas radioattivo.
Inoltre, un altro studio ha esaminato una condizione chiamata emopoiesi clonale a potenziale indeterminato (Chip), che si verifica quando alcune cellule staminali ematopoietiche subiscono mutazioni genetiche. Questo studio, che ha coinvolto oltre 10.000 partecipanti di sesso femminile, ha rilevato un’associazione tra elevati livelli di radon e un aumento della frequenza di Chip nelle persone esposte. Questi risultati hanno portato gli autori degli studi a suggerire una revisione dei limiti raccomandati per l’esposizione al radon, attualmente fissati a 4 picocurie per litro (pc/l). Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per confermare tali risultati e determinare se il radon possa rappresentare un fattore di rischio significativo non solo per il cancro ai polmoni, ma anche per altre condizioni patologiche, come gli ictus e le malattie cardiovascolari.
Si stima che ogni anno, in Lombardia, ben 877 casi di tumore polmonare siano attribuibili all’esposizione al radon. L’incidenza sul totale di tumori al polmone è la più alta in Italia col Lazio. Come spiega il Ministero della Salute “applicando i risultati di studi europei, è stimato che in Italia il 10% circa dei casi di tumore al polmone, cioè circa 3300 casi annui su oltre 30000, sono attribuibili al radon, la maggior parte si ritiene che avvenga tra fumatori ed ex a causa dell’effetto sinergico tra radon e fumo di sigaretta”. Questa percentuale varia di regione in regione, a seconda delle concentrazioni: per la Lombardia, sale al 15%.
Su 5755 casi di tumore al polmone all’anno, si stima che 877 siano legati all’esposizione al radon. Ciò è legato alle concentrazioni rilevate nelle case che in Lombardia raggiungono livelli tra i più elevati, di oltre 100 Bq/m3. In particolare, sono 90 i Comuni classificati in area prioritaria a livello regionale, per 195mila persone, secondo la mappatura di Arpa. Tra le province, Brescia è quella con il maggior numero di abitanti coinvolti, oltre 60mila, seguita da Sondrio con poco più di 53mila. Sono le fasce montane di queste 2 province e di quella di Bergamo quelle con più Comuni in area prioritaria, in cui la stima della percentuale di edifici che supera il livello di 300 Bq/m3 di concentrazioni di radon indoor è superiore al 15%. In questi c’è l’obbligo per gli esercenti ed i datori di lavoro, di monitorare i livelli di concentrazione media annua negli interrati, a cui si è aggiunto l’obbligo di misurazione negli ambienti di lavoro ai piani terra e seminterrati. Federica Pacella
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