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Covid, vaccini a mRNA meno efficaci contro le varianti Cerberus e Gryphon

I vaccini a mRNA contro il Covid-19, anche quelli bivalenti, hanno una minore efficacia contro le sotto-varianti BQ.1.1 e XBB.1 (le cosiddette Cerberus e Gryphon). È quanto emerge da uno studio coordinato dal Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston e pubblicato sul New England Journal Medicine. Secondo l’indagine, la quantità di anticorpi in grado di neutralizzare le sotto-varianti, anche dopo il richiamo con il vaccino bivalente, è fino a 21 volte inferiore rispetto a quanto avveniva con BA.5.

Covid e vaccini, cosa dice lo studio

Lo studio ha valutato la quantità di anticorpi capaci di neutralizzare diverse varianti nel siero di 16 persone che erano state vaccinate con il prodotto monovalente Pfizer/BioNTech nel 2021, 15 vaccinate con il monovalente nel 2022 e 18 che avevano ricevuto il vaccino bivalente. Un terzo dei partecipanti aveva avuto anche un’infezione documentata da Covid-19. “Ma sospettiamo che la maggior parte dei partecipanti sia stato probabilmente infettato, vista l’altra prevalenza dell’infezione da Omicron nel 2022”, scrivono i ricercatori.

Le varianti più diffuse

Oltre al ceppe originario, il team ha preso in considerazione le sotto-varianti più diffuse negli ultimi mesi (BA.5, BF.7, BA.2.75.2, BQ.1.1 e XBB.1). Osservando una progressiva riduzione dei livelli di anticorpi neutralizzanti man mano che il virus è mutato. Nel caso dei vaccinati con bivalente, il livello di anticorpi era 40.515 per la versione originaria, 3.693 per BA.5, 2.399 per BA.2.75.2, 508 per BQ.1.1, 175 per XBB.1. Lo studio si riferisce soltanto alla conta degli anticorpi neutralizzanti. Non fornisce misurazioni del livello di protezione dei vaccini nella vita reale. Che è influenzata anche da altre componenti del sistema immunitario. “Questi risultati suggeriscono che le varianti BQ.1.1 e XBB.1 possono ridurre l’efficacia degli attuali vaccini a mRNA. E che la protezione del vaccino contro malattie gravi con queste varianti può dipendere dalle risposte delle cellule T CD8”, precisano i ricercatori.

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