Demenza e sonno: un disturbo del sonno in realtà poco diffuso è un segnale d’allarme per lo sviluppo della demenza.
Il disturbo è noto come REM o RED, consiste nel rapido sbattere delle palpebre, chi ne soffre reagisce ai sogni e agli incubi gridando o scalciando.
Gli scienziati vogliono capire se il disturbo del comportamento del sonno REM o RBD possa essere correlato allo sviluppo di malattie cerebrali come il morbo di Parkinson e la demenza.
È un disturbo del sonno poco conosciuto che colpisce il 2% delle persone con più di 65 anni e circa l’1% della popolazione globale.
Questo disturbo, però, è presente nel 25-58% dei pazienti malati di Parkinson e nel 70-80% dei pazienti affetti da demenza a corpi di Lewy. Normalmente colpisce le persone tra i 40 e i 50 anni ma nessuna età ne è immune. Dopo i 50 colpisce maggiormente gli uomini e i giovani che assumono antidepressivi sono più a rischio di altri.
I ricercatori hanno monitorato a lungo termine 1280 di questi pazienti ed hanno constatato, dopo 12 anni, che oltre il 73% dei soggetti che avevano il disturbo comportamentale del sonno REM hanno sviluppato una malattia neurodegenerativa.
REM (acronimo di rapid eye movement ovvero movimento rapido degli occhi), una delle fasi del ciclo del sonno, è fondamentale per tutta una serie di attività, come la memoria, la rielaborazione delle emozioni, il sogno, e, più in generale, per uno sviluppo sano del cervello.
Soffrire di disturbo comportamentale del sonno in questa fase può portare nel tempo a problemi psichici, allucinazioni, paranoia e disturbi della personalità sino ad arrivare all’autolesionismo durante il sonno.
Il disturbo comportamentale del sonno o RBD può essere individuato precocemente se non si sottovalutano sintomi ripetuti nel tempo. Tra questi, anche movimenti aggressivi e/o violenti, come tirare pugni, scalciare, dimenarsi incontrollatamente, che possono provocare lesioni a sé stessi o a chi si ha vicino. Anche le cosiddette vocalizzazioni, come urla, insulti, possono essere un segnale da non ignorare.
La tempestività nella diagnosi aiuterebbe gli scienziati a studiare la malattia e le eventuali cure perché oggi le terapie a disposizione sono poche. Si utilizzano principalmente la melatonina e il clonazepam per migliorare i sintomi.
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