Depressione, scoperti oltre 200 geni: possibili cure con farmaci già noti
Più di 200 geni sono stati identificati in associazione alla depressione, come rivelato da uno studio di portata globale che coinvolge individui di diverse etnie. Pubblicato su Nature Genetics e coordinato dall’University College di Londra (Ucl), questo studio innovativo ha individuato nuovi bersagli, aprendo la strada a strategie di cura all’avanguardia e all’eventuale impiego di farmaci già utilizzati per altre patologie, come ad esempio la metformina. La ricerca, guidata da Karoline Kuchenbaecker di Ucl, ha visto la collaborazione di diverse realtà, tra consorzi internazionali, enti e gruppi di lavoro situati nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Cina e in Giappone.
La scoperta: 200+ geni associati alla depressione
Lo studio, guidato da Karoline Kuchenbaecker di Ucl, rappresenta il primo del suo genere a livello globale, coinvolgendo un milione di partecipanti di varie origini. Gli scienziati hanno utilizzato dati provenienti da diverse metodologie di indagine genetica, analizzando informazioni genetiche relative a 21 coorti in vari Paesi, compresi individui di origini africane, asiatiche e ispaniche/latinoamericane. Tra i partecipanti, 88.316 erano affetti da depressione maggiore. Questo sforzo collettivo ha portato alla scoperta di oltre 50 nuovi loci genetici (specifiche posizioni sui cromosomi) e 205 nuovi geni associati alla depressione.
Nuove speranze per cure con farmaci già noti
L’aspetto più rivoluzionario di questa scoperta è la prospettiva di nuovi trattamenti basati su farmaci già noti. Gli scienziati mettono in luce il gene Ndufaf3, precedentemente associato all’instabilità dell’umore, e suggeriscono la possibilità di influenzarlo attraverso la metformina, un farmaco comunemente utilizzato per trattare il diabete di tipo 2. Test condotti su animali hanno indicato una connessione tra l’assunzione di metformina e la riduzione di depressione e ansia, aprendo la strada a futuri approfondimenti clinici.
Karoline Kuchenbaecker sottolinea l’importanza di superare i pregiudizi eurocentrici nella ricerca genetica per comprendere appieno malattie complesse come la depressione. L’autrice principale del lavoro afferma che “molti geni precedentemente ritenuti collegati al rischio di depressione potrebbero influenzarne la probabilità solo nelle persone di origine europea”. Quindi, per avanzare nelle nuove frontiere della ricerca genetica e sviluppare farmaci che possano aiutare pazienti di ogni origine, è essenziale diversificare i set di dati genetici.
Questo studio non solo offre una nuova comprensione della depressione a livello genetico ma apre anche la strada a un approccio più personalizzato alle cure. Con la possibilità di utilizzare farmaci esistenti per trattare la depressione, il futuro della cura della salute mentale sembra più promettente che mai.