Identificata una variante genetica che sembra essere in grado di ridurre il rischio di una delle malattie neurodegenerative più temute: l’Alzheimer. Recentemente, gli scienziati del Vagelos College of Physicians and Surgeons della Columbia University di New York hanno annunciato la scoperta di una variante genetica che potrebbe ridurre le probabilità di sviluppare l’Alzheimer fino al 71%.
Sebbene la causa precisa dell’Alzheimer rimanga ancora sfuggente agli scienziati, è ampiamente accettato che la genetica svolga un ruolo significativo nello sviluppo di questa condizione. Le varianti genetiche possono influenzare la suscettibilità di una persona all’Alzheimer e la gravità dei sintomi. In particolare, alcune mutazioni genetiche possono aumentare il rischio di sviluppare questa malattia neurodegenerativa, mentre altre varianti possono offrire una protezione naturale.
Lo studio
Lo studio condotto presso il Vagelos College of Physicians and Surgeons ha portato alla luce una nuova variante genetica precedentemente sconosciuta, che sembra offrire una protezione significativa contro l’Alzheimer. Questa variante si verifica nel gene responsabile dell’espressione della fibronectina, una glicoproteina adesiva che svolge un ruolo importante nel mantenimento della salute del cervello.
La fibronectina è coinvolta in diverse funzioni cellulari, ma ha un ruolo particolarmente critico nella barriera emato-encefalica. Questa barriera protegge il cervello impedendo l’ingresso di sostanze dannose e regolando lo scambio di nutrienti e rifiuti. Ricerche precedenti hanno dimostrato che le persone affette da Alzheimer tendono ad avere livelli più elevati di fibronectina nel sangue, il che potrebbe indicare una compromissione della barriera emato-encefalica.
Implicazioni terapeutiche
La scoperta di questa variante genetica offre nuove prospettive nel campo della terapia dell’Alzheimer. Gli scienziati ipotizzano che imitare l’effetto protettivo di questa variante potrebbe portare allo sviluppo di trattamenti innovativi per prevenire o curare la malattia. Una terapia mirata alla fibronectina potrebbe rappresentare un’arma potente nella lotta contro l’Alzheimer, intervenendo precocemente nella patologia e contrastandone lo sviluppo.
Esperti nel campo della neurologia hanno accolto con entusiasmo questa scoperta, sottolineando il suo potenziale nell’aprire nuove strade per la ricerca sull’Alzheimer. Karen D. Sullivan, neuropsicologa certificata, ha osservato che “qualsiasi nuova scoperta che possa ridurre le probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer è molto entusiasmante e incoraggiante”. Manisha Parulekar, direttrice della Divisione di Geriatria presso l’Hackensack University Medical Center, ha sottolineato l’importanza di studiare più approfonditamente le persone con la variante genetica della fibronectina al fine di comprendere appieno il suo impatto fenotipico.
Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per confermare e comprendere appieno le implicazioni di questa scoperta, i risultati finora ottenuti rappresentano un importante passo avanti nella lotta contro questa malattia debilitante.