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Il Viagra riduce fino al 50% il rischio di sviluppare l’Alzheimer

Il Viagra come alleato contro l’Alzheimer? Uno studio condotto dalla Cleveland Clinic ha suggerito che il sildenafil, il principale componente presente nei farmaci per la disfunzione erettile, potrebbe ridurre il rischio di Alzheimer fino al 50%. La ricerca, pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease ( Epub 2024 Mar 1 ) e guidata dal dottor Feixiong Cheng, ha analizzato una vasta gamma di dati per valutare l’effetto del sildenafil sulla progressione dell’Alzheimer.

Utilizzando modelli computazionali e dati provenienti da database assicurativi, il team ha rilevato un calo significativo nell’incidenza dell’Alzheimer tra i pazienti che assumevano sildenafil rispetto a quelli che non lo assumevano.

Secondo lo studio, i pazienti trattati con sildenafil hanno mostrato una riduzione del 30-54% nelle diagnosi di malattia di Alzheimer. Questo risultato è stato confermato anche attraverso osservazioni sulle cellule cerebrali, dove è stato dimostrato che il sildenafil riduce i livelli di proteine tau neurotossiche associate all’Alzheimer.

Approvazione anche dalla Food and Drug

La Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha approvato l’uso del sildenafil nella ricerca contro l’Alzheimer, riconoscendo il potenziale del farmaco nel trattamento di questa malattia neurodegenerativa. Questa approvazione è il risultato di un’analisi approfondita dei dati e dei risultati dello studio condotto dalla Cleveland Clinic.

Secondo il dottor Cheng, i risultati dello studio forniscono una solida base per ulteriori ricerche cliniche sull’efficacia del sildenafil nel trattamento dell’Alzheimer. “Abbiamo utilizzato l’intelligenza artificiale per integrare dati provenienti da molteplici fonti, confermando tutti il potenziale del sildenafil contro questa devastante malattia neurologica”, ha affermato il dottor Cheng.

Questo studio apre nuove prospettive nel campo della ricerca sull’Alzheimer, offrendo una speranza concreta per milioni di persone affette da questa malattia. Se confermati da ulteriori studi clinici, i risultati potrebbero portare a nuovi trattamenti farmacologici per l’Alzheimer, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie.

Claudia Montanari

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