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L’Italia rischia una sanità “per censo”. Chi ha i soldi potrà curarsi, gli altri no

L’Italia rischia una sanità “per censo”, dove chi ha i mezzi economici potrà sempre di più garantirsi le cure mentre chi non dispone di un reddito adeguato non potrà curarsi. A lanciare l’allarme è il 21/mo Rapporto “Ospedali e salute”, redatto da Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) e Censis.

Già attualmente, il 42% dei cittadini meno abbienti è costretto a rinunciare alle cure poiché, non riuscendo ad ottenerle nell’ambito del sistema pubblico, non ha i mezzi per rivolgersi alla sanità a pagamento. Anche le fasce più deboli sono spinte verso il privato non avendo accesso al Ssn a causa, spesso, delle lunghe liste di attesa, e questo provoca un ulteriore impoverimento di alcune categorie.

Il primo dato che emerge, raccolto sulla base di un sondaggio Censis su 2mila cittadini, è che il 47,7% degli utenti ha una percezione positiva del Servizio sanitario della propria regione (Ssr): l’8,7% e il 39% ritiene che la sanità locale sia di un livello qualitativo ottimo o buono. Il 28,1% esprime invece un giudizio di sufficienza e il 22,4% ritiene che il Ssr sia ‘insufficiente’. Ma se più di un cittadino su 5 esprime un giudizio negativo, l’insufficienza del proprio Ssr è tuttavia riportata solo dal 9,4% dei residenti nel Nord-Est contro addirittura il 35,2% degli utenti che vivono nelle aree del Mezzogiorno.

Uno dei problemi maggiori restano le lunghe liste di attesa. La conseguenza è che negli ultimi 12 mesi, rileva il Rapporto, il 16,3% delle persone che hanno avuto bisogno di rivolgersi ai servizi sanitari si è recato in un’altra regione, nell’ambito delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario. La motivazione più ricorrente della mobilità sono appunto le lunghe liste di attesa nella Regione di appartenenza, afferma il 31% dei migranti sanitari. ma c’è anche una quota del 34,9% che rinuncia e si rivolge alla sanità a pagamento (intesa come privato puro e intramoenia).

Nel 2023, il dato più grave riguarda però quel 42% di pazienti con redditi più bassi, fino a 15mila euro, che è stato costretto a procrastinare o a rinunciare alle cure sanitarie perché nell’impossibilità di accedere al Ssn e non potendo sostenere i costi della sanità a pagamento. Il 36,9% degli italiani ha invece rinunciato ad altre spese per sostenere quelle sanitarie: è il 50,4% tra i redditi bassi e il 22,6% tra quelli alti. Un fenomeno ormai intollerabile, ha commentato il ministro della salute Orazio Schillaci alla presentazione del Rapporto.

“Già i dati Istat del 2017 indicano che in Italia chi ha un titolo di studio superiore, e quindi guadagna di più, vive di più di chi ha un titolo di studio inferiore. Questo è inaccettabile”, ha detto. Ma il ministro ha puntato i riflettori anche su un altro dato: “Il 51% degli italiani si rivolge alla sanità privata direttamente, senza prima richiedere la prestazione necessaria alla sanità pubblica: questa è una criticità e tale atteggiamento di sfiducia, pur senza aver prima provato il Ssn, può essere conseguenza anche di una rappresentazione di una sanità in crisi, ma non è sempre così”.

“Dobbiamo recuperare questa parte di italiani”. Schillaci ha quindi ricordato che “siamo avanti in Europa per vari ambiti e prestazioni, ed è necessaria una narrazione diversa del nostro Ssn”. Quindi ha indicato proprio l’abbattimento delle liste di attesa come una “priorità del governo”, ricordando che sarà presto operativo “un piano accurato su questo”. Altro nodo è quello del personale. Sempre oggi, in audizione alla Camera, Schillaci ha assicurato che “entro l’anno, dopo 17 anni, riusciremo a superare il tetto di spesa sulle assunzioni”.

Il rischio di una sanità ‘per censo’, però, incombe ed il segretario generale del Censis Giorgio De Rita invita ad una rapida risposta: “E’ necessaria una accelerazione perché le tensioni sociali si stanno accumulando e questo non è un lusso che ci possiamo permettere”, avverte. Segnali positivi, conclude la presidente Aiop Barbara Cittadini, arrivano però dall’ultima legge di Bilancio, “grazie alle risorse ulteriori previste per le liste di attesa e anche alla possibilità di acquistare prestazioni dal privato per ridurre le stesse”.
   

Silvia Di Pasquale

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