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L’ansia aumenta il rischio di sviluppare il Parkinson

La malattia di Parkinson è una delle più note e studiate malattie neurodegenerative, ma il suo sviluppo e i suoi fattori di rischio rimangono parzialmente misteriosi. Recentemente, uno studio ha evidenziato un possibile legame tra l’ansia nelle persone di età superiore ai 50 anni e un aumento del rischio di sviluppare il Parkinson. 

I ricercatori hanno analizzato i dati sanitari di oltre 109.435 persone che hanno sviluppato ansia dopo i 50 anni, confrontandoli con un gruppo di controllo di 878.526 persone senza ansia. Questi dati sono stati ottenuti dalle cure primarie nel Regno Unito e sono stati utilizzati per esaminare le caratteristiche del Parkinson, come problemi del sonno, depressione, tremori e disturbi dell’equilibrio, dal momento della diagnosi di ansia fino a un anno prima della diagnosi di Parkinson. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sul British Journal of General Practice, suggerendo che le persone con ansia dopo i 50 anni avevano il doppio delle probabilità di sviluppare il Parkinson rispetto a quelle senza ansia.

Il legame tra ansia e Parkinson

Secondo il dottor Daniel Truong, neurologo e direttore medico del Truong Neuroscience Institute presso il MemorialCare Orange Coast Medical Center in California, e redattore capo del Journal of Clinical Parkinsonism and Related Disorders, lo studio fornisce prove convincenti che collegano l’ansia a un aumento del rischio di sviluppare la malattia di Parkinson negli individui sopra i 50 anni. Truong sottolinea che l’ansia di nuova insorgenza può essere considerata un sintomo prodromico del Parkinson, evidenziando l’importanza della diagnosi e dell’intervento precoce. Questo significa che l’ansia potrebbe essere un primo segnale della malattia, permettendo ai medici di intervenire prima che compaiano sintomi motori più gravi.

L’ansia, insieme ad altri fattori come la depressione, i disturbi del sonno, la fatica, il decadimento cognitivo, l’ipotensione, il tremore, la rigidità, la compromissione dell’equilibrio e la stipsi, è stata identificata come un potenziale fattore di rischio per il Parkinson. Questi risultati sono stati aggiustati per tenere conto di variabili come età, sesso, deprivazione sociale, fattori legati allo stile di vita, gravi malattie mentali, trauma cranico e demenza, che possono influenzare la probabilità di sviluppare la malattia.

Ansia come fattore di rischio

Tuttavia, non tutti gli esperti concordano sull’uso dell’ansia come criterio diagnostico per il Parkinson. Il dottor Clifford Segil, neurologo presso il Providence Saint John’s Health Center in California, ritiene che il Parkinson non sia un disturbo dell’umore e abbia una ragione biologica completamente diversa dall’ansia o dalla depressione. Segil sottolinea che molte persone possono diventare ansiose a causa della paura della diagnosi di Parkinson e delle sue implicazioni sulla loro vita, ma questo non significa che l’ansia sia un precursore della malattia. Secondo Segil, l’ansia potrebbe essere un sottoprodotto della diagnosi di Parkinson piuttosto che un sintomo precoce.

L’utilizzo delle informazioni secondo cui l’ansia può essere un indicatore precoce della malattia di Parkinson può migliorare notevolmente la cura dei pazienti attraverso la diagnosi precoce, il monitoraggio proattivo e la gestione completa. Truong evidenzia come lo screening regolare dell’ansia nei pazienti di età superiore ai 50 anni, in particolare quelli con ansia di nuova insorgenza, possa aiutare a identificare i soggetti a più alto rischio di Parkinson. L’implementazione di questionari e valutazioni per l’ansia durante i controlli di routine per gli anziani può garantire il riconoscimento precoce dell’ansia o di altri potenziali sintomi prodromici del Parkinson.

Monitorare i pazienti con ansia per altri sintomi prodromici del Parkinson, come disturbi del sonno, costipazione, depressione e deterioramento cognitivo, può facilitare la diagnosi precoce della malattia prima che compaiano sintomi motori significativi, consentendo un intervento e una gestione più tempestivi. Questo approccio di monitoraggio completo può essere fondamentale per migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Inviare i pazienti con ansia persistente o grave a un neurologo per una valutazione approfondita, che comprenda neuroimaging e altri test diagnostici, può aiutare a rilevare i primi segni del Parkinson. La consultazione precoce con gli specialisti può portare a diagnosi più accurate e piani di trattamento su misura. Educare i pazienti e le loro famiglie sul potenziale legame tra ansia e Parkinson può aumentare la consapevolezza e incoraggiare una consultazione medica precoce per sintomi nuovi o in peggioramento.

La consulenza può aiutare i pazienti a gestire l’ansia e lo stress, il che può mitigare alcuni processi neurodegenerativi. Sviluppare piani di trattamento personalizzati che affrontino sia gli aspetti psicologici che neurologici della cura può includere una combinazione di trattamenti farmacologici, terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e modifiche dello stile di vita per gestire l’ansia e altri sintomi prodromici.

Claudia Montanari

Nata nel 1985 a Roma. Una laurea in lettere con indirizzo moda e comunicazione, sostengo che Roberto Rossellini, lo Stedelijk Museum, Naruto e Lena Dunham mi abbiano cambiato la vita. Da più di 10 anni lavoro come society journalist per ladyblitz e blitzquotidiano occupandomi di moda, lifestyle, salute, viaggi e bellezza.

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