Menopausa: Rompere il tabù è lo slogan che lancia il Times of India, giornale fra i più diffusi al mondo, ospite di una rubrica su gender e donna.
In una sua recente newsletter, il ToI cita un articolo del New York Times in cui si parla di menopausa e di come affrontarla. Il NYT “aggredisce un tabù che persiste da secoli, anzi da sempre, e consola le donne perché, afferma, tutto si può affrontare e anche i sintomi più sgradevoli possono trovare soluzioni che diano sollievo”.
Anche molte celebrità del cinema ne discutono e vogliono condividere con tutte le donne le difficoltà a parlarne perché prima che un problema medico è sicuramente una questione culturale di rimozione collettiva.
Da Gwyneth Paltrow a Pamela Anderson a Naomi Watts con le loro testimonianze vogliono aiutare le donne in questo percorso della loro vita che le accomuna ad ogni latitudine o paese perché entro il 2025 saranno in menopausa più di un miliardo di donne in tutto il mondo.
Eppure di questo evento biologico naturale si inizia a parlarne apertamente solo ora così come la scienza inizia finalmente ad interrogarsi su quanto accade in questa fase evolutiva della donna cercando soluzioni idonee.
Con il nome menopausa si identifica la fine degli anni fertili della donna e si parla di perimenopausa quando si fa riferimento ai molti anni che la precedono.
Da sempre le donne si confrontano a bassa voce, come se fosse qualcosa di cui vergognarsi, su sintomi come fluttuazioni ormonali, vampate di calore, irritabilità, che hanno il potere di agire sull’umore, sulle funzioni corporee e sessuali, cercando silenziosamente di trovare il modo di uscire da una situazione psicofisica che può diventare anche debilitante.
Non c’è mai stata attenzione sino ad oggi, non solo da parte della scienza ma anche dalla cultura sociale in generale, relegando una questione che riguarda abbondantemente la metà della popolazione femminile mondiale a fatto privato e tutto sommato disdicevole da verbalizzare.
Molti biologi evoluzionisti si sono interrogati a lungo sul perché le donne continuino a vivere anche dopo che il loro tempo fertile si è interrotto. Uno dei primi ginecologi che ha trattato il tema nel 1966, Robert Wilson, aveva paragonato la menopausa addirittura ad una castrazione e alla fine della storia femminile. In quegli anni gli approcci scientifici erano discontinui e le soluzioni variavano sia per i medici che per le donne coinvolte.
Oggi i trattamenti medici si sono evoluti e alcuni sono stati rivalutati come, per esempio, la terapia ormonale sostitutiva che per alcuni anni è stata considerata pericolosa per i potenziali effetti collaterali cancerogeni.
La questione più rilevante, però, è la nuova attenzione scientifica rispetto ad un disagio in grado di condizionare in maniera negativa la vita di migliaia di donne.
L’industria farmaceutica finalmente presta attenzione a questa domanda di sollievo perché la menopausa, anche se non è una malattia, ha necessità di risposte che non siano la banalizzazione del dolore o la negazione dei sintomi.
È evidente che questo nuovo interesse medico/industriale parte anche dalla considerazione che la donna è agente economico e di potere, come forse mai in passato. La disponibilità economica delle donne, derivata sovente dal lavoro che si protrae più a lungo nel corso della loro vita, ne fanno soggetti in gradi di avere più mezzi per prendersi cura del proprio benessere.
Negli ultimi decenni le donne hanno preso coscienza del loro valore come individui della società con diritti ed esigenze non assimilabili dentro gabbie culturali di riferimento vetuste. Molte si sentono anche più a loro agio nel riconoscere, tutto sommato, il lato positivo nel raggiungere quel momento nel quale finisce la fase della vita fertile e ne inizia un’altra, tutta da scoprire e da rivalutare.
La premessa indispensabile è che la menopausa è un tempo transitorio che può essere doloroso e per un certo periodo invalidante. La sua negazione appartiene ad un mondo maschile che riconosce alla donna solo il potere che deriva dalla giovinezza e dalla bellezza. Se la menopausa viene fatta uscire dall’oblio della memoria collettiva, però, può essere l’inizio di una vita diversa e appagante.
Un periodo della vita che può diventare per le donne il luogo della libertà, affrancarle da ciò che devono essere e/o rappresentare e portarle finalmente a riappropriarsi di ciò che sono realmente, attraverso la riscoperta di una qualità della vita che non subisce questo passaggio naturale ma lo governa per aprirsi a nuove prospettive.
Conclude il ToI: Non obsolescenza sociale, dunque, ma rinnovamento a tutto tondo.
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