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Pandemia di influenza aviaria? Per ora prende polli visoni foche ma degli umani colpiti metà muore

Una nuova pandemia si prepara nel nostro futuro? Le autorità sanitarie di tutto il mondo si preparano (o dovrebbero farlo) ad affrontare la prospettiva di una pandemia di influenza aviaria, o H5N1. Essa uccide gli animali da oltre un anno, diffondendosi più ampiamente di quanto abbia mai fatto prima. Negli Stati Uniti, l’H5N1 è stato rilevato in più di 6.300 uccelli selvatici e in ogni stato. Epidemie negli allevamenti commerciali sono state registrate in 47 stati, portando gli allevatori ad abbattere oltre 58 milioni di uccelli.
È stato trovato nei mammiferi americani, come i procioni e le foche comuni. E il numero delle specie di uccelli e mammiferi colpiti continua a crescere.

MORTALITÀ AL 50% NEGLI UOMINI MA NON è ANCORA PANDEMIA

Un lungo articolo di Caitlin Rivers su Foreign Affairs traccia un quadro allarmante anche perché non proprio così chiaro come i preposti, sfiniti dal Covid, si stiano preparando a una nuova emergenza.
Caitlin Rivers non è una dell’ultima ora: è Senior Scholar presso il Johns Hopkins Center for Health Security e professore assistente presso la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health. Dal 2021 al 2022 è stata fondatrice e direttrice associata del Centro per la previsione e l’analisi delle epidemie presso i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie.
Sebbene, scrive, l’H5N1 abbia infettato raramente gli esseri umani, tra i casi diagnosticati il tasso di mortalità è stato di circa il 50%. Un’influenza aviaria che si diffondesse in modo efficiente tra le persone provocherebbe una nuova pandemia e comporterebbe costi straordinari per la vita umana, la società e l’economia globale.
Anche se ha attirato relativamente poca attenzione da parte del pubblico, la portata dell’epidemia di influenza aviaria va ben oltre qualsiasi cosa il mondo abbia mai visto prima. L’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale ha registrato centinaia di focolai di H5N1 in decine di paesi.

70 FOCOLAI DI PANDEMIA IN TRE CONTINENTI

Solo nel gennaio 2023, l’organizzazione ha registrato 70 focolai in tre continenti, con conseguente abbattimento di tre milioni di uccelli in un periodo di riferimento di tre settimane.
Sono state segnalate infezioni anche in una varietà di mammiferi, tra cui puzzole, volpi, linci rosse, orsi, leoni di montagna e una tigre. Per gli scienziati, questi casi sono particolarmente allarmanti. Il virus dell’influenza è noto per la sua propensione ad adattarsi, mutare e combinarsi con altri virus influenzali per formare nuovi sottotipi. La sua versatilità e la lunga esperienza nella guida di pandemie sono le ragioni principali per cui l’influenza è stata a lungo classificata come la principale malattia infettiva a rischio.
Il fatto che il virus stia già infettando diversi mammiferi aumenta la possibilità che l’H5N1 possa acquisire la capacità di diffondersi tra gli esseri umani.
Un recente studio condotto in Spagna ha messo a fuoco la plausibilità di questo scenario. La maggior parte delle infezioni da virus nei mammiferi sono episodi isolati, acquisite quando un animale ha un contatto diretto con un uccello. (Una volpe, ad esempio, potrebbe raccoglierlo rovistando in una carcassa.)
Ma in Spagna, i ricercatori hanno osservato uno schema più preoccupante. I visoni di un allevamento commerciale si ammalarono di H5N1 anche se nella regione non erano stati segnalati focolai di pollame. Una successiva indagine portò gli epidemiologi a concludere che probabilmente il virus si stava diffondendo tra gli animali.
I visoni possono essere infettati sia dal virus dell’influenza aviaria che da quella umana, il che suggerisce che potrebbero fungere da vasi affinché il virus impari a diffondersi tra le persone.
I visoni non sono gli unici mammiferi che potrebbero aver sperimentato la trasmissione interna dell’H5N1. Funzionari sanitari peruviani hanno riferito a marzo che decine di migliaia di uccelli selvatici e quasi 3.500 leoni marini sono stati trovati morti al largo delle coste del paese, tutti infetti dall’influenza aviaria.
È possibile che tutti i leoni marini abbiano avuto un contatto diretto con uccelli infetti e abbiano contratto il virus in questo modo. Ma data l’entità della moria, è possibile che il virus si stesse diffondendo tra i mammiferi stessi.

Le epidemie di visoni e di leoni marini non sono di per sé eventi catalitici che renderebbero l’H5N1 una minaccia umana. Entrambi si sono conclusi senza infettare persone e l’attacco dei visoni è stato attentamente controllato dalle autorità sanitarie spagnole. Ma sono momenti istruttivi, colpi di scena che mostrano come il virus potrebbe trovare un percorso per diffondersi negli esseri umani.
Esistono diversi modi in cui l’influenza aviaria potrebbe evolversi. Il virus potrebbe rimanere principalmente una minaccia per la salute degli animali finché non si regredirà, come è avvenuto in passato. Potrebbe anche rimanere limitato agli animali senza infettare sistematicamente gli esseri umani, diventando una minaccia ecologica ed economica persistente, anche facendo aumentare i prezzi delle uova e del pollame e minacciando le specie in via di estinzione. Ma il terzo scenario, e quello più preoccupante, è che l’H5N1 potrebbe evolversi per diffondersi in modo efficiente tra le persone.

 

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