Un nuovo esame del sangue potrebbe essere in grado di rilevare la malattia di Parkinson fino a sette anni prima della comparsa dei sintomi. Questo potenziale test, frutto dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI), offre l’0pportunità di una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo di una delle malattie neurodegenerative più diffuse al mondo.
Parkinson, il nuovo test
Un team di ricercatori dell’University College di Londra e dell’University Medical Center di Goettingen ha pubblicato uno studio sulla rivista Nature Communications, in cui viene descritta la metodologia e i risultati ottenuti con questo innovativo esame del sangue. Utilizzando un sistema di apprendimento automatico, i ricercatori sono riusciti a diagnosticare correttamente 16 partecipanti che avrebbero poi sviluppato la malattia di Parkinson. L’analisi è stata effettuata su campioni di sangue di 72 individui affetti da disturbo del comportamento dei movimenti oculari rapidi (iRBD), una condizione che spesso precede le sinucleinopatie come il Parkinson.
Le persone con iRBD tendono a realizzare fisicamente i propri sogni senza rendersene conto. Tra il 75% e l’80% di questi individui sviluppa una sinucleinopatia, un gruppo di disturbi cerebrali causati dall’accumulo anomalo di una proteina chiamata alfa-sinucleina. L’AI ha analizzato otto biomarcatori nel sangue, alterati in presenza del Parkinson, identificando il 79% delle persone con iRBD come aventi lo stesso profilo di coloro che sviluppano la malattia. Questo risultato è stato confermato seguendo le 16 persone identificate per ulteriori verifiche, dimostrando l’accuratezza del test.
L’importanza della diagnosi precoce
Il dottor Daniel Truong, neurologo e direttore medico del Truong Neuroscience Institute presso il MemorialCare Orange Coast Medical Center in California, ha evidenziato l’importanza di questo sviluppo. Un test che permette la diagnosi precoce della malattia di Parkinson rappresenta un cambiamento significativo nella gestione delle malattie neurodegenerative. La possibilità di intervenire prima che i sintomi si manifestino potrebbe portare a trattamenti più efficaci e mirati, migliorando la qualità della vita dei pazienti.
Truong ha sottolineato che l’implementazione di un tale test richiede una validazione attenta e considerazioni etiche per garantire che i benefici siano massimizzati. La diagnosi precoce potrebbe portare a interventi terapeutici prima che la malattia progredisca, potenzialmente rallentando o addirittura prevenendo il suo sviluppo.
Ad oggi, la diagnosi della malattia di Parkinson si basa su una combinazione di valutazioni cliniche, anamnesi, esami fisici e neurologici, e test di supporto come DaTscan. Quest’ultimo misura la quantità di trasportatori della dopamina nel cervello, aiutando a differenziare il Parkinson da altre condizioni con sintomi simili. Tuttavia, l’assenza di biomarcatori specifici per la diagnosi precoce rimane una sfida.
Il dottor Alessandro Di Rocco, neurologo del Northwell Lenox Hill Hospital di New York, ha spiegato che i sintomi prodromici, come la stitichezza, la perdita dell’olfatto, la depressione e il disturbo comportamentale del sonno REM, possono comparire anni prima dei cambiamenti motori tipici del Parkinson. Nonostante questi indicatori, l’identificazione precoce di chi svilupperà la malattia è ancora difficile senza strumenti diagnostici più avanzati.
L’innovazione del test del sangue
Il nuovo esame del sangue sviluppato dai ricercatori britannici e tedeschi promette di colmare questa lacuna. Analizzando otto proteine nel sangue, il test può identificare i potenziali pazienti con Parkinson diversi anni prima che i sintomi compaiano. Questo approccio non solo consente una diagnosi precoce, ma offre anche la possibilità di somministrare terapie in una fase iniziale della malattia, potenzialmente rallentandone la progressione o prevenendone l’insorgenza.
Il dottor Michael Bartl, coautore dello studio, ha sottolineato che i marcatori identificati sono direttamente collegati a processi come l’infiammazione e la degradazione delle proteine non funzionali. Questi marcatori potrebbero rappresentare nuovi bersagli per trattamenti farmacologici innovativi, aprendo nuove strade nella cura del Parkinson.
Se implementato con successo, questo test potrebbe rivoluzionare il modo in cui il Parkinson viene gestito e trattato. La diagnosi precoce consentirebbe interventi più tempestivi, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti. Inoltre, i biomarcatori specifici identificati dal test potrebbero permettere trattamenti su misura, monitorando la progressione della malattia in modo più preciso e personalizzato.
Il dottor Truong ha evidenziato come un test di questo tipo potrebbe anche ridurre i costi sanitari, rendendo possibili test diffusi e accessibili. Il passaggio da un trattamento reattivo a una gestione proattiva della malattia rappresenterebbe un cambiamento radicale nel campo delle malattie neurodegenerative.