SLA, verso la diagnosi precoce con un test del sangue

Le malattie neurodegenerative come la SLA rappresentano una delle sfide più complesse per la medicina moderna, poiché spesso vengono diagnosticate in fase avanzata, quando i sintomi sono già gravi e la qualità della vita dei pazienti è notevolmente compromessa. Un nuovo studio, tuttavia, mette in luce la scoperta di un marcatore nel sangue che potrebbe consentire una diagnosi precoce di malattie come la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), la demenza frontotemporale (FTD) e la paralisi sopranucleare progressiva (PSP). Questa scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Medicine, rappresenta un passo significativo verso la possibilità di identificare queste malattie in maniera non invasiva e tempestiva.

Le malattie neurodegenerative, come la SLA, sono caratterizzate dalla progressiva degenerazione delle cellule nervose, che porta a una varietà di sintomi debilitanti tra cui paralisi, demenza, e disturbi del movimento. Attualmente, la diagnosi di queste condizioni è un processo lungo e complesso, che spesso richiede l’esclusione di altre possibili cause e si basa su test clinici, genetici e di imaging.

Tuttavia, molti di questi disturbi non possono essere diagnosticati con certezza fino a dopo la morte del paziente, quando è possibile esaminare il tessuto cerebrale per rilevare le caratteristiche proteiche specifiche della malattia.

Lo studio

Il recente studio ha coinvolto 991 partecipanti, alcuni affetti da una delle tre malattie neurodegenerative, mentre altri costituivano un gruppo di controllo di individui sani. I ricercatori hanno identificato specifiche proteine nel sangue, chiamate tau e TDP-43, all’interno delle vescicole, minuscole sacche lipidiche che possono circolare nel flusso sanguigno. La presenza e i livelli di queste proteine nelle vescicole offrono indicazioni preziose sulla possibile presenza di patologie neurodegenerative.

Questa innovazione si basa sulla capacità delle vescicole di trasportare molecole significative come le proteine tau e TDP-43, che sono strettamente associate con le tre malattie in questione. Ad esempio, la FTD è caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni nei lobi frontali e temporali del cervello, mentre la SLA coinvolge la perdita dei motoneuroni che controllano il movimento muscolare volontario e la respirazione. La PSP, invece, è causata da danni ai nervi che influenzano la deambulazione, l’equilibrio e la funzione oculare, e progredisce più rapidamente della malattia di Parkinson.

Implicazioni della scoperta

La possibilità di rilevare queste proteine nel sangue rappresenta un progresso significativo nella diagnosi precoce delle malattie neurodegenerative. Attualmente, l’identificazione di queste patologie avviene spesso tramite un lungo processo di eliminazione di altre cause possibili, il che può ritardare significativamente l’inizio di trattamenti che potrebbero migliorare la qualità della vita dei pazienti. Con un esame del sangue, i medici potrebbero essere in grado di diagnosticare queste malattie in una fase molto più precoce, consentendo interventi terapeutici tempestivi.

Il dottor Clifford Segil, neurologo presso il Providence Saint John’s Health Center in California, ha commentato: “È affascinante leggere di un possibile nuovo esame del sangue neurologico che cerca le proteine tau all’interno delle vescicole. Sebbene questo test rappresenti un nuovo modo di osservare i livelli di tau nel sangue dei pazienti, è difficile stabilire quale malattia sia causata clinicamente da livelli anormali di tau”. Questo suggerisce che, mentre la scoperta è promettente, ci sono ancora passi da compiere per comprendere appieno come utilizzare al meglio queste informazioni nella pratica clinica.

Diagnosi attuali delle malattie neurodegenerative

La diagnosi delle malattie neurodegenerative oggi è spesso un processo complesso e lungo, che richiede un attento esame clinico, test genetici e l’uso di biomarcatori di imaging. Ad esempio, la diagnosi di SLA, FTD e PSP richiede la presenza di sintomi specifici che devono essere distinti da quelli di altre condizioni neurologiche. Questo può portare a ritardi significativi nella diagnosi, durante i quali i pazienti possono subire un peggioramento dei sintomi.

Il dottor Segil ha spiegato: “Queste malattie rare causano gravi disabilità e, poiché sono rare, spesso si verificano ritardi in queste diagnosi. Secondo me, i loro quadri clinici sono molto diversi e un neurologo clinico dovrebbe essere in grado di isolare i sintomi e quindi inviare un paziente a un neurologo neuromuscolare dedicato per confermare il sospetto di SLA, e analogamente a un neurologo specializzato in disturbi del movimento per confermare il sospetto di PSP e rivolgersi a un neurologo cognitivo comportamentale per confermare il sospetto di FTD”.

Il ruolo dei biomarcatori del sangue

L’introduzione di biomarcatori del sangue potrebbe rivoluzionare il modo in cui le malattie neurodegenerative vengono diagnosticate e trattate. I biomarcatori possono fornire informazioni cruciali sulla presenza di specifiche proteine legate a queste malattie, consentendo una diagnosi più rapida e accurata. Questo non solo migliorerebbe la capacità dei medici di identificare queste malattie, ma potrebbe anche influenzare significativamente il trattamento e la gestione dei pazienti.

Il dottor Segil ha sottolineato: “Non credo che un biomarcatore dell’esame del sangue sostituirà la diagnosi clinica di un neurologo di FTD, PSP o SLA poiché si tratta di diagnosi neurologiche rare che cambiano la vita. Come neurologo clinico, penso che esami del sangue come questo test proposto sulle vescicole tau possano essere utilizzati in aggiunta a un esame neurologico dettagliato da parte di un neurologo clinico”.

L’importanza della diagnosi precoce

Uno degli aspetti più promettenti della scoperta di questi biomarcatori è la possibilità di diagnosticare le malattie neurodegenerative in una fase molto più precoce rispetto ai metodi attuali. La diagnosi precoce può avere un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti, consentendo interventi terapeutici e gestionali più tempestivi. Inoltre, la capacità di monitorare la progressione della malattia attraverso esami del sangue potrebbe fornire informazioni preziose per adattare i trattamenti alle esigenze individuali dei pazienti.

La dottoressa Shae Datta, professore assistente clinico presso il Dipartimento di Neurologia della NYU Long Island School of Medicine, ha commentato: “Queste malattie possono essere difficili da diagnosticare perché i sintomi sono simili a quelli di altre condizioni. La variante comportamentale della FTD viene talvolta diagnosticata erroneamente come un disturbo dell’umore come la depressione. Può anche essere comune avere la FTD e un altro tipo di demenza, come il morbo di Alzheimer”.

Implicazioni per la ricerca e il trattamento

Oltre a migliorare la diagnosi precoce, i biomarcatori del sangue potrebbero avere un ruolo fondamentale nella ricerca e nello sviluppo di nuovi trattamenti per le malattie neurodegenerative. Questi marcatori possono fornire indicazioni preziose sulla patologia sottostante, consentendo ai ricercatori di sviluppare terapie mirate più efficaci.

La dottoressa Anja Schneider, ricercatrice tedesca sulla demenza traslazionale e autrice principale dello studio, ha dichiarato: “La conclusione più importante è che questo è il primo biomarcatore che consente l’identificazione della patologia di base nella SLA, nella FTD e nella PSP. È anche il primo biomarcatore fluido diagnostico per queste malattie”. Questa scoperta apre la strada a nuove possibilità terapeutiche, in quanto permette di stratificare i pazienti in base alla patologia specifica, migliorando così la precisione degli studi clinici e l’efficacia dei trattamenti.

Published by
Claudia Montanari