Chi dorme come un gufo, ossia le persone che preferiscono andare a dormire tardi e che sono più attive nelle ore notturne, hanno una peggiore risposta allo stress in base alle ore di sonno.
E una maggiore predisposizione a comportamenti a rischio, come il fumo e l’alcol. Lo indica la ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista Chronobiology International. E il cui primo autore è Francy Cruz Sanabria, condotta su un campione di 120 persone adulte e sane.
“Analizzando i comportamenti e le abitudini legate al sonno è emerso in questi anni che non siamo tutti uguali”, ha osservato il coordinatore dello studio, Ugo Faraguna, dell’università di Pisa.
“Esiste, infatti, circa il 15% della popolazione – ha aggiunto – che possiamo definire gufi. Ossia sono più attivi nelle ore notturne, fanno più tardi la sera e hanno difficoltà la mattina.
E un 15% della popolazione che all’opposto propende a svegliarsi molto presto e sfruttare al massimo le prime ore del giorno, le cosiddette allodole”.
Si tratta di due classici esempi di cronotipo, ossia una sorta di profilazione di alcune importanti caratteristiche che sono facilmente identificabili monitorandone semplicemente le abitudini legate al sonno.
Analizzando un campione 120 persone sane lo studio ha ora identificato che nei gufi esiste una minore capacità di risposta a eventi traumatici o di stress.
Come possono lutti o separazioni familiari, con risposte che sfociano a volte verso comportamenti a rischio, ad esempio il fumo o l’alcol.
“La qualità del sonno – ha aggiunto Faraguna – è ormai considerata fra i principali fattori di rischio per lo sviluppo di malattie neurodegenerative, come demenze e Parkinson. Eppure c’è ancora poca attenzione a riguardo”.
Un aiuto può arrivare dalle moderne tecnologie indossabili, che hanno semplificato enormemente la possibilità di monitorare facilmente questi parametri. Un esempio ne sono i braccialetti utilizzati nello studio e ideati dalla startup Sleepacta dell’università di Pisa. E che sarà tra gli ospiti di Converging Skills a giugno.
“Una delle speranze – ha concluso Faraguna – è che anche sul sonno aumenti la consapevolezza. Così come è avvenuto con il monitoraggio pressione arteriosa per ridurre i pericoli circolatori”.
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