Lotta al tumore al pancreas, un gruppo di ricercatori dell’Università di Verona ha raggiunto un importante traguardo: l’identificazione di un nuovo bersaglio terapeutico, l’autotaxina, potrebbe rappresentare una svolta nella lotta contro la resistenza delle cellule tumorali ai trattamenti chemioterapici. Questo passo avanti, guidato dal Prof. Davide Melisi, docente di oncologia medica presso l’Università di Verona, potrebbe rappresentare una svolta significativa nel trattamento di questa malattia difficile da affrontare. I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati su Cancer Research.
Il cancro al pancreas rappresenta una delle sfide più ardue nel panorama oncologico, privo di trattamenti mirati o immunoterapici specifici. Il Prof. Melisi, responsabile dell’unità di Terapie Sperimentali presso l’azienda ospedaliera universitaria di Verona, spiega l’importanza di questa scoperta nel contesto della ricerca condotta dal 2011. Finanziati grazie al sostegno di Start-Up Airc, il gruppo ha precedentemente evidenziato l’efficacia degli inibitori del Transforming Growth Factor Beta (Tgfß) nei confronti del cancro al pancreas.
Autotaxina, la scoperta chiave
L’obiettivo del team è stato individuare un bersaglio molecolare e hanno identificato l’autotaxina come possibile responsabile della resistenza delle cellule tumorali. L’autotaxina è emersa come un nuovo attore nel microambiente del tumore pancreatico, particolarmente nelle cellule fibroblastiche. L’inibizione del Transforming growth factor beta (Tgfß) ha rivelato la produzione di autotaxina come risposta, aprendo nuove prospettive per il trattamento.
Lo studio
I risultati dello studio non si fermano al laboratorio, ma si traducono in azioni concrete. Il team ha avviato la fase 1 della sperimentazione clinica per l’inibitore di autotaxina, ioa289, in combinazione con la chemioterapia, coinvolgendo pazienti con nuova diagnosi di malattia avanzata. Questo approccio combinato si è dimostrato promettente nel rendere le cellule tumorali più sensibili alla chemioterapia, aprendo nuove prospettive di trattamento.
Il Prof. Melisi sottolinea che questi risultati non sono solo un successo di laboratorio ma fungono da base per ulteriori studi clinici. La sperimentazione in corso e i risultati preliminari attesi offriranno preziose informazioni sulla tossicità e sull’efficacia di questa nuova combinazione terapeutica.