Sviluppato un test diagnostico per il tumore alle ovaie che potrebbe rilevare la malattia prima dei metodi attuali, aumentando quindi le chance di sopravvivenza delle pazienti. È il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista Cell Reports Medicine. Si tratta di un test basato su sette sostanze chimiche presenti nel fluido uterino che ha superato lo strumento principale attualmente in uso per la diagnosi del cancro ovarico, una malattia che di solito viene individuata tardivamente e che spesso è mortale. Il fatto è che il tumore ovarico epiteliale è asintomatico per gran parte del suo decorso, per cui quando ci si rivolge a un medico il tumore ha già raggiunto uno stadio avanzato, difficile da curare.
Attualmente per diagnosticare il tumore ovarico si usa un esame del sangue per la ricerca di una proteina chiamata CA125, che però non sempre rileva la malattia in modo affidabile. Per sviluppare un test migliore, il gruppo di ricerca di Pan Wang dell’Università di Pechino ha raccolto il liquido uterino di 219 donne con il tumore, alcune con tumore ovarico in fase iniziale, altre con tumore ovarico in fase avanzata, e altre ancora con tumore ovarico benigno e tumore endometriale. Il liquido uterino contiene cellule e prodotti metabolici, o metaboliti, provenienti dalle ovaie e dalle tube di Falloppio.
Utilizzando strumentazioni chimiche ad hoc (spettrometri di massa), i ricercatori hanno esaminato il fluido di 96 donne per cercare i metaboliti i cui livelli erano nettamente distinti per quelle con cancro ovarico in fase iniziale. Gli esperti hanno identificato un gruppo di sette sostanze, tra cui gli aminoacidi tirosina e fenilalanina, che potrebbero essere utilizzati per la diagnosi precoce. Poi hanno analizzato i fluidi delle restanti 123 donne per questi sette metaboliti e hanno eseguito anche il classico test CA125.
Il nuovo esame ha identificato con precisione la maggior parte delle donne con tumore ovarico in fase iniziale e si è rivelato molto più efficace del test CA125 nel diagnosticare il tumore ovarico in una fase più precoce. I risultati sono promettenti, ma il test deve essere convalidato in un gruppo più ampio di persone, confrontando il profilo di presenza e concentrazione delle sette sostanze anche in donne sane per escludere il rischio di falsi positivi.
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