La vitamina D svolge un ruolo cruciale nel mantenimento della salute ossea e nella regolazione del sistema immunitario. Essa aiuta l’organismo ad assorbire calcio e fosforo, elementi essenziali per la formazione e il mantenimento delle ossa. Inoltre, livelli adeguati di vitamina D possono aiutare a prevenire malattie croniche come malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di cancro.
Gli anziani sono particolarmente a rischio di carenza di vitamina D per diverse ragioni. Con l’età, la capacità della pelle di sintetizzare la vitamina D attraverso l’esposizione al sole diminuisce. Inoltre, molti anziani trascorrono meno tempo all’aria aperta e hanno una ridotta capacità di assorbire la vitamina D attraverso l’alimentazione. Un’integrazione adeguata può aiutare a prevenire l’osteoporosi e le fratture ossee in questa popolazione vulnerabile.
Le persone in sovrappeso o obese tendono ad avere livelli più bassi di vitamina D. Questo può essere dovuto al fatto che la vitamina D, essendo liposolubile, viene immagazzinata nel tessuto adiposo e quindi è meno disponibile per l’organismo. Studi hanno dimostrato che l’integrazione di vitamina D può essere particolarmente benefica per migliorare la salute generale e ridurre il rischio di malattie croniche in queste persone.
Le persone con osteoporosi hanno bisogno di livelli adeguati di vitamina D per mantenere la densità ossea e prevenire ulteriori deterioramenti. La vitamina D aiuta a regolare i livelli di calcio nel sangue e nelle ossa, riducendo il rischio di fratture. L’integrazione di vitamina D, spesso in combinazione con il calcio, è una parte fondamentale del trattamento per l’osteoporosi.
Alcuni farmaci possono interferire con l’assorbimento o il metabolismo della vitamina D, aumentando il rischio di carenza. Ad esempio, i corticosteroidi, utilizzati per trattare l’infiammazione e le malattie autoimmuni, possono ridurre l’assorbimento di calcio e influenzare negativamente il metabolismo della vitamina D. Anche i farmaci antiepilettici e alcuni farmaci per la perdita di peso possono avere effetti simili. È importante che i pazienti in cura con questi farmaci siano monitorati regolarmente e che, se necessario, venga loro prescritta un’integrazione di vitamina D.
Secondo le raccomandazioni pubblicate sulla rivista internazionale Endocrine Reviews nel documento intitolato “Consensus Statement on Vitamin D Status Assessment and Supplementation: Whys, Whens, and Hows”, è fondamentale misurare i livelli circolanti di 25-idrossivitamina D (25-(OH)D) per diagnosticare correttamente l’ipovitaminosi D e determinare il bisogno di integrazione.
Il primo passo per gestire una carenza di vitamina D è il dosaggio ematico della 25-idrossivitamina D. Questo test aiuta a determinare se i livelli di vitamina D sono sufficienti, insufficienti o carenti. Secondo il professor Andrea Giustina, uno dei massimi esperti in endocrinologia, misurare i livelli di vitamina D è cruciale per impostare una terapia adeguata basata sulla severità della carenza.
La supplementazione di vitamina D è necessaria quando l’organismo non ne produce a sufficienza. Questa integrazione è particolarmente importante per prevenire e gestire i rischi associati a una carenza di vitamina D, sia di tipo scheletrico che extrascheletrico. La forma più comune di vitamina D utilizzata per l’integrazione orale è il colecalciferolo, la stessa molecola sintetizzata dalla pelle con l’esposizione al sole.
Ci sono condizioni specifiche, come l’insufficienza renale ed epatica, in cui forme più attive di vitamina D (come il calcifediolo e il calcitriolo) possono essere indicate. In questi casi, è fondamentale che sia uno specialista a curare la prescrizione e il follow-up della terapia, fino al raggiungimento dei valori ottimali di vitamina D.
Il prossimo appuntamento per un nuovo confronto di opinioni sul tema della vitamina D è previsto a Roma, dal 1° al 4 settembre 2024. Questo incontro riunirà esperti da tutto il mondo per discutere ulteriormente le raccomandazioni e le strategie per migliorare la gestione della vitamina D.