La felicità, questa sconosciuta. Dai saggi stoici che la definivano assenza di passioni, ai monaci zen che ne ammettevano l’inconsistenza, la felicità umana è sempre stata oggetto di riflessione filosofica. Ma non solo saggi e filosofi: anche l’uomo comune si interroga ogni giorno su come riconoscere e realizzare la propria felicità.
Qualcuno sostiene che la felicità appartiene soltanto ai bambini e agli stolti, ovvero a coloro che non hanno la possibilità di sviluppare un pensiero critico, e di ritenere che, come scriveva Schopenhauer, la vita è un pendolo che tristemente oscilla tra il dolore e la noia. Eppure, c’è chi è convinto del contrario: raggiungere uno stato di felicità non è un miraggio, ma un obiettivo concreto, attuabile e per cui vale la pena impegnarsi ogni giorno.
E così un team di scienziati, coadiuvato da un gruppo di imprenditori, oltre 30 anni fa, ha posto le basi per ragionare scientificamente ed esperienzialmente sulla felicità umana. Dimenticando i vecchi precetti desueti che predicano la sua inarrivabilità e consigliano una serena rassegnazione alle cose immutabili, questi studiosi si sono proposti di scombinare le carte, stravolgere il pensiero corrente e sono pronti oggi a divulgare una metodologia efficace per una felicità raggiungibile da tutti.
Come raggiungere la felicità? Il modello de Il senso della felicità
Secondo gli ideatori di questa metodologia è opportuno, per prima cosa, sgombrare il campo da tutto quanto sia stato detto, predicato e sentenziato sin ora sulla felicità. Una serie di idee, spacciate per verità, che nessuno ha mai messo in discussione. La felicità, quella vera, quindi non starebbe nella rassegnazione zen, nella spiritualità spartana che rifugge le cose del mondo, nella saggezza che rinuncia alle passioni, preda degli eventi e impassibile di fronte a questi. La felicità, la tanto agognata felicità, sarebbe possibile solo estirpando nelle persone il precetto comune che detta il buon senso nelle cose, la moderazione, la misura, l’aurea mediocritas. Vanno, inoltre, demolite le credenze popolari racchiuse in proverbi come “chi si accontenta gode” o “la felicità sta nelle piccole cose” che sono ritenuti tanto ingannevoli quanto diffusi.
Fin dal suo primo video, il sito web deputato a diffondere online il Senso della felicità è lapidario e volutamente d’impatto: basta con la privazione, con la moderazione, con il contenimento di sé, con l’ordine e la disciplina. E basta con l’abbassamento continuo delle aspettative e con la monotonia di una casa, di un lavoro, di un rapporto di coppia stabile, di un po’ di soldi e di qualche piccola briciola di soddisfazione, senza eccessi, naturalmente.
Secondo gli autori, l’essere umano contemporaneo è stato intenzionalmente munito di paraocchi dalla famiglia, dal sistema educativo, dalle istituzioni civili e religiose, dal mondo del lavoro, insomma, dalla società nel suo complesso. Così condizionato, quest’individuo è portato a credere che la felicità non esista, se non per qualche istante. Questo lo induce a rinunciare ai suoi desideri, a moderare il suo sano egoismo o, ancora peggio, a sentirsi in colpa per questo.
Solo abbattendo questo muro di credenze e convinzioni è possibile essere pronti alla propria rivoluzione e a fare della felicità la propria mission personale.
Distrutta la barriera di pseudocertezze e decisi a impegnarsi attivamente per il raggiungimento del proprio benessere psicofisico, si è pronti a scoprire il frutto di oltre un trentennio di studi, i cui paradigmi e risultati ribaltano completamente le ricerche sulla felicità sin qui condotte.
Sei passi verso la felicità
Sei passi, sei e soltanto sei, intesi come condizioni necessarie per il raggiungimento della felicità: non la generosità, non l’altruismo, non una buona posizione sociale né un legame monogamico per la vita. Ma aree dell’esistenza, valori che valgono, leve edonistiche ben più moderne e in linea con la forma mentis delle nuove generazioni, di quanto fin ora teorizzato e predicato.
Mobilità: muoversi per essere felici. Viaggiare, esplorare il mondo, concedersi il lusso di non relegare queste esperienze a pochi giorni di vacanza, magari sempre nella stessa località. Per il Senso della felicità muoversi è uno stile di vita e risponde alla natura errante dell’individuo, che nasce, cresce e prospera senza radici. Un inno al nomadismo, a scegliere con cura le proprie mete e i compagni di viaggio. Per la serie, chi si ferma è perduto.
Aspetto fisico: il piacere di piacere e di piacersi. Il gusto di prendersi cura di sé, fin dal primo strato, quello più visibile agli altri. Un’ode al sano egoismo, a dedicarsi tempo ed energie quotidiane per essere belli, curati, in forma. Fare del proprio corpo un tempio, per i più spirituali, o essere al tempo stesso statua e scultore della propria opera, per chi vuol vedere la questione da un punto di vista più artistico. Una felicità che nasce dal concedersi il lusso di essere, talvolta, profondamente superficiali.
Ricchezza: la libertà di decidere cosa fare della propria vita in un mondo in cui tutto ha un prezzo. Non si tratta, quindi, di una ricchezza espressa con i classici valori patrimoniali ma misurata in tempo. Tempo da dedicare a ciò che più ci piace, vero obiettivo per cui va creato, in modo onesto, e messo al proprio servizio un patrimonio. Secondo il Senso raggiungere questa libertà finanziaria è ben più importante di strappare un aumento o concludere un buon affare, soprattutto se per raggiungere questi obiettivi dobbiamo fare cose che non ci piacciono, come lavorare più di quanto vorremmo o scendere a compromessi con noi stessi, perdendo di vista lo scopo. Insomma, il denaro come mezzo e non come fine.
Spettacolarità: fare della propria vita un’opera d’arte. Il godimento che si ricava dall’esprimere la propria unicità. A valorizzarci in quanto “spettacolari individui” e a rendere evidente questa nostra singolarità in tutto ciò che facciamo. L’arte di essere sé stessi e imprimere la nostra firma in ogni azione, discorso, pensiero, come un artista i cui tratti particolari e le cui singolarità rendono ogni opera inconfondibile. In questo, studi iniziati ben prima della diffusione su larga scala di internet, risultano particolarmente lungimiranti e fotografano le ultime evoluzioni dei social network, sempre più vetrine della spettacolarizzazione del quotidiano. Davvero visionari.
Notorietà: il piacere della condivisione. Strettamente collegato al punto precedente, c’è l’invito a uscire allo scoperto, a farsi conoscere e seguire. La felicità qui deriverebbe, secondo questo modello, dalla condivisione delle proprie gioie e dei propri dolori con gli altri, amplificatore del piacere e meccanismo catartico per affrontare le difficoltà. Anche qui, un’anticipazione di ciò che la tecnologia offre oggi, potenzialmente, a tutti: il privilegio di influenzare gli altri e di diventare una celebrity, fosse anche di una nicchia.
Sessualità: moltiplicare le occasioni di godimento. Su questo punto i ricercatori non hanno dubbi. Quando si parla di sesso, felicità fa rima con libertà. Un ritorno alle origini (animali) della donna e dell’uomo, prima che istituzioni sociali come il matrimonio e la monogamia, la religione, la morale e anche gli orientamenti di genere predeterminati e comunemente accettati ci normassero, dicendoci cosa sì e, soprattutto, cosa no. L’unico limite, secondo il modello, deve essere la manifesta consensualità del (o dei) partner, il resto è tutto legittimo. Un inno quindi all’edonismo puro, senza regole e senza freni, che contempla anche poliamore e poligamia, oltre a un atteggiamento gender fluid. Un bello schiaffo ai benpensanti.
Una metodologia da mettere alla prova
Il modello de il Senso della felicità ritiene, quindi, che per un’esistenza felice vadano sviluppate armonicamente tutte e 6 le aree: mobilità, aspetto fisico, libertà finanziaria, notorietà, spettacolarità e sessualità. Sarà vero? Di certo, una vita così offre svariate occasioni per sorridere. Provare per credere.