ROMA – Cosa significa precettare uno sciopero? Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti, lo aveva deciso per lo sciopero di oggi, 12 dicembre, dei lavoratori delle ferrovie: poi ha cambiato idea.
Il termine “precettazione” viene spiegato dal Post.it.
Il termine precettazione deriva da una forma tarda del verbo latino praecipĕre, che fra i suoi diversi significati ha anche ordinare: nel linguaggio giuridico italiano, precettare definisce l’attività di un’autorità che ordina a un dato soggetto di comportarsi in una certa maniera e che punisce la violazione di questa norma. Il termine è applicato all’ambito degli scioperi ed è una pratica prevista dalla legge italiana, anche se attuata piuttosto raramente.
La possibilità di precettare uno sciopero attraverso un provvedimento amministrativo straordinario è prevista dalla legge 146 del 1990 che disciplina i servizi minimi da garantire in caso di sciopero e in generale dà la possibilità alle autorità statali di intervenire in casi ritenuti particolarmente critici. Tale legge è stata poi parzialmente modificata con la legge 83 del 2000. All’articolo 8 si prevede che in caso di “fondato pericolo di un pregiudizio [cioè di un danno] grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati, che potrebbe essere cagionato dall’interruzione o dalla alterazione del funzionamento dei servizi pubblici, conseguente all’esercizio dello sciopero” il presidente del Consiglio o uno dei ministri del governo (oppure il prefetto, nel caso di uno sciopero locale) possano emettere un’ordinanza.
I diritti alla persona costituzionalmente tutelati sono nominati all’articolo 1 della stessa legge e sono quelli “alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione”. Devono per esempio essere garantite la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani, la continuità dei servizi degli asili nido, delle scuole materne e delle scuole elementari, l’approvvigionamento di energie, risorse naturali e beni di prima necessità e la gestione e la manutenzione dei relativi impianti «limitatamente a quanto attiene alla sicurezza degli stessi». Insomma, un livello minimo di servizio.
La legge prevede anche che prima di emettere l’ordinanza venga fatto un «tentativo di conciliazione» tra le parti per cercare di trovare un accordo con il sindacato per risolvere il problema. Nel caso non si raggiunga un nuovo accordo, viene emessa l’ordinanza e lo sciopero – che non viene annullato, poiché il diritto a scioperare è previsto dall’articolo 40 della Costituzione – viene sospeso per quel giorno e rinviato a un altro giorno o ridotto per “assicurare livelli di funzionamento del servizio pubblico compatibili con la salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati”. Anche l’autorità che emette l’ordinanza, comunque, deve rispettare alcuni criteri stabiliti dalla legge: la precettazione deve essere emessa almeno 48 ore prima dell’inizio dello sciopero (nel caso non siano ancora in corso trattative fra ministero e sindacato) e l’utenza dei servizi coinvolti dev’esserne adeguatamente informata.
All’articolo 9 la legge prevede le sanzioni in caso di mancato rispetto della precettazone. Per i singoli lavoratori che non rispettano l’ordine di precettazione, la legge prevede multe “da un minimo di lire 500.000 ad un massimo di lire 1.000.000” al giorno (la legge è del 2000). Possono essere previste ulteriori sanzioni disciplinari anche da parte dell’azienda. I sindacati, invece, ricevono una multa “da lire 5.000.000 a lire 50.000.000” per ogni giorno a seconda della grandezza dell’associazione e della gravità del fatto. I lavoratori e i sindacati multati possono contestare i provvedimenti presi nei propri confronti al TAR. Le somme percepite vengono devolute all’Istituto nazionale della previdenza sociale, gestione dell’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria.