Ricordate Telekabul, il tg della terza rete tutto spostato a sinistra? “Come mai non esiste più, si domanda qualcuno”? E’ forse morto? Assolutamente no, ha solo cambiato indirizzo andando dal pubblico al privato. Con una serie di trasmissioni che nulla hanno a che fare con il giuramento di Ippocrate del giornalismo: la terzietà, ovvero essere super partes cioè, al di sopra delle parti come dovrebbe essere la magistratura. I programmi si susseguono da mattina a sera senza praticamente nessuna interruzione.
Soltanto all’ora di pranzo c’è un break per un piatto di spaghetti, poi si ricomincia da capo. Con molta furbizia, si potrebbe aggiungere. Perché alle trasmissioni che si occupano di politica si segue una “par condicio” solo all’apparenza.
Gli invitati sono tre a uno, se non quattro a uno, ma la minoranza numerica è solo a destra. Domanda: e i conduttori? La pensano tutti alla stessa maniera seguendo una velina ben precisa a cui si adeguano naturalmente gli autori. Così l’informazione – quella vera – va a farsi benedire e chi guarda avrà notizie o commenti che hanno un solo ritornello.
Quando moltissimi anni fa cominciai a frequentare una redazione con il desiderio di diventare un giornalista fui chiamato pochi giorni dopo dal vice direttore, il quale guardandomi negli occhi mi disse: “Ricordati che nel momento in cui cominci a scrivere con la tua Olivetti (altri tempi, migliori o peggiori, lo lascio giudicare a chi legge) devi dimenticarti la tua ideologia o le simpatie per l’una o l’altra parte. Altrimenti, è meglio che scegli un altro lavoro”.
Certo si trattava naturalmente dei giornali indipendenti perché per quelli di partito la musica era giustamente diversa. Oggi, il leitmotiv ha caratteristiche dissimili che non somigliano affatto alle vecchie rimembranze.
Cosicché, la terzietà è un sogno, un desiderio che ha uno scarso seguito. In modo che nascono o crescono reti e programmi che fanno a pugni con la vera informazione che dovrebbe essere distante anni luce dalla faziosità.
E’ una moda che contraddistingue ambedue i fronti lasciando in un angolo il lettore o l’ascoltatore. Si parlava all’inizio della vecchia Telekabul diretta con maestria da Alessandro Curzi, un giornalista con la G maiuscola. Prediletta era la sinistra, quasi un tifo da curva, però lo sapevi che quella era la via che doveva seguire decisa dagli accordi intercorsi tra i partiti di maggioranza e minoranza.
Ora, essendo svanita la direttiva di un tempo, si naviga a vista. I pro e i contro si distinguono, ma non sempre chi legge, vede o ascolta è così avvezzo ai binari dell’informazione. Magari apre la tv e sfoglia un quotidiano senza sapere a chi appartenga quella rete o quel giornale. Non può andare così; l’informazione deve essere difesa a tutti i costi e si deve ben guardare da quei giornalisti che imboccano sempre una strada e non la lasciano mai, nemmeno dinanzi all’evidenza dei fatti.
Non c’è un organismo che veglia su questi argomenti. Si dice che la Costituzione ritenga a ragione che ognuno di noi può scrivere o parlare senza alcuna censura. E’ sacrosanto quell’articolo, ma ad un tempo non bisogna travisare le notizie soltanto perché la tua ideologia quasi te lo impone. Nascano pure altre Telekabul, anzi ben vengano: in tal modo il “cliente” non potrà essere ingannato.
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