
Un dolcificante popolare può favorire l'aumento di peso innescando la fame (blitzquotidiano.it)
Un dolcificante molto diffuso nelle bevande light e nei prodotti “senza zucchero” potrebbe avere un effetto tutt’altro che desiderato: aumentare la fame. È quanto suggerisce una nuova ricerca condotta dalla University of Southern California e pubblicata su Nature Metabolism, che ha analizzato gli effetti del sucralosio – uno dei dolcificanti artificiali più popolari – sul cervello umano.
Lo studio ha rilevato che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il sucralosio non solo non contribuisce a ridurre l’appetito, ma potrebbe attivare segnali cerebrali associati alla fame, aumentando il rischio di mangiare di più, anche in assenza di un reale fabbisogno calorico.
Il sucralosio
Utilizzato comunemente come alternativa allo zucchero, il sucralosio è presente in moltissimi alimenti e bevande commercializzate come “light” o “zero calorie”. Il suo potere dolcificante è da 385 a 650 volte superiore a quello del saccarosio, il normale zucchero da tavola. Tuttavia, proprio questa potenza, unita all’assenza di calorie, potrebbe innescare nel cervello un paradosso fisiologico.
L’esperimento: cosa succede nel cervello dopo aver bevuto sucralosio
Lo studio ha coinvolto 75 adulti sani, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, suddivisi in tre categorie in base al peso: normopeso, sovrappeso e obesi. I partecipanti hanno preso parte a tre sessioni sperimentali, durante le quali hanno consumato, a rotazione, tre tipi di bevande: una dolcificata con sucralosio, una con saccarosio (zucchero tradizionale) e una con semplice acqua.
Prima e dopo ogni assunzione, i ricercatori hanno sottoposto i partecipanti a una risonanza magnetica per misurare il flusso sanguigno nell’ipotalamo, valutando così l’attività cerebrale legata ai segnali di fame. Inoltre, è stato chiesto loro di indicare il proprio livello soggettivo di fame in diversi momenti della sperimentazione.
I risultati parlano chiaro: dopo aver assunto sucralosio, l’attività dell’ipotalamo risultava aumentata rispetto a quanto accadeva con acqua o zucchero. Questo aumento del flusso sanguigno è stato interpretato come un segnale di attivazione del senso della fame, che potrebbe portare a un maggiore consumo di cibo nel breve periodo.
Fame aumentata, ma non per tutti allo stesso modo

Uno degli aspetti più interessanti dello studio è che l’effetto del sucralosio sul cervello non era identico per tutti. Le differenze emerse riguardano sia il peso corporeo che il sesso biologico dei partecipanti.
Le persone normopeso hanno mostrato un incremento più marcato dell’attività dell’ipotalamo in risposta al sucralosio, rispetto a quelle in sovrappeso. In chi soffre di obesità, l’attivazione cerebrale era significativa rispetto all’acqua, ma non rispetto allo zucchero.
Inoltre, le donne sembrano essere più sensibili a questo effetto. Nel campione femminile, il sucralosio ha prodotto una risposta cerebrale maggiore rispetto sia all’acqua che allo zucchero, suggerendo che il cervello femminile potrebbe reagire in modo più forte agli stimoli dolci privi di calorie. Questo aspetto si lega a evidenze precedenti secondo cui le donne mostrano una maggiore attivazione cerebrale a stimoli legati al cibo.
Un’altra osservazione interessante riguarda la connettività cerebrale: lo studio ha evidenziato che il sucralosio aumenta la comunicazione tra l’ipotalamo e la corteccia cingolata anteriore, un’area del cervello coinvolta nella percezione della ricompensa e nei desideri. Questo potrebbe spiegare perché il consumo di sucralosio possa intensificare la voglia di mangiare o portare a episodi di alimentazione impulsiva.
Perché il cervello reagisce così?
Gli esperti ipotizzano che il cervello si aspetti un apporto energetico in seguito all’assunzione di qualcosa di dolce. Quando il dolcificante non fornisce calorie reali, il corpo “resta deluso”, e il segnale di sazietà non si attiva come avverrebbe con lo zucchero vero. Questo squilibrio tra aspettativa e realtà potrebbe innescare un aumento dell’appetito.
Eliza Whitaker, dietista e fondatrice di Nourished Nutrition and Fitness, ha commentato i risultati affermando che il cervello, quando percepisce il gusto dolce, anticipa l’arrivo di energia, ma non la riceve se il dolcificante è privo di calorie. Questo potrebbe impedire l’attivazione dei meccanismi neuroendocrini che normalmente sopprimono l’appetito dopo un pasto dolce.
Implicazioni cliniche: cambieranno le raccomandazioni?
Al momento, l’impiego di dolcificanti non calorici come il sucralosio è ampiamente raccomandato nei percorsi di dimagrimento e nel trattamento del diabete, grazie al loro ridotto impatto glicemico. Tuttavia, questo nuovo studio potrebbe spingere medici e nutrizionisti a rivedere le linee guida o, quantomeno, a valutare caso per caso.
Il dottor Mir Ali, chirurgo bariatrico e direttore del MemorialCare Surgical Weight Loss Center, ha sottolineato che già oggi si raccomanda ai pazienti di limitare l’assunzione di zuccheri e carboidrati raffinati, privilegiando proteine e verdure. Ma alla luce di questi risultati, si potrebbe iniziare a consigliare anche una riduzione dei dolcificanti artificiali, almeno in certi contesti clinici.
Non si tratta ancora di una svolta definitiva: gli stessi autori dello studio riconoscono che saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere a fondo il meccanismo con cui il sucralosio agisce sul cervello e per determinare quanto questi effetti si traducano realmente in un maggiore consumo calorico e un effettivo aumento di peso nel lungo periodo.
L’uso dei dolcificanti non calorici rappresenta uno dei paradossi più emblematici della moderna industria alimentare: nati per contrastare l’obesità, potrebbero, secondo alcuni studi emergenti, contribuire involontariamente a mantenerla o addirittura ad aggravarla.
Questo nuovo studio porta un’ulteriore conferma alla necessità di approfondire il rapporto tra dolcificanti artificiali, cervello e comportamento alimentare. Se è vero che evitare lo zucchero raffinato è fondamentale per prevenire patologie metaboliche, è altrettanto importante interrogarsi su ciò che lo sostituisce.