Un recente studio suggerisce 11 importanti fattori predittivi che possono anticipare il rischio di sviluppare demenza fino a 20 anni prima che i sintomi si manifestino. Questa scoperta apre la strada a nuove possibilità di diagnosi precoce e interventi mirati, con l’obiettivo di rallentare il decorso della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Le evidenze emergenti indicano che le scelte di vita, la salute fisica e la capacità cognitiva a 60 anni sono elementi chiave nel determinare la probabilità di sviluppare demenza più avanti.
La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo. La sua gestione resta una sfida cruciale per la salute pubblica globale, ma lo studio condotto dal centro di ricerca non-profit RAND offre nuove speranze per affrontarla in modo più efficace. Secondo i risultati, fattori come il diabete, la mancanza di esercizio fisico, e perfino il non aver lavorato per un periodo significativo durante la propria vita, possono contribuire ad aumentare il rischio.
Uno degli aspetti centrali del rapporto riguarda l’importanza della diagnosi precoce nella gestione della demenza. I trattamenti attualmente disponibili, soprattutto per il morbo di Alzheimer, sono efficaci solo se iniziati nelle fasi iniziali della malattia. Tuttavia, solo il 16% degli individui sopra i 65 anni si sottopone a valutazioni cognitive durante le visite di routine. Questo dato evidenzia una lacuna significativa nell’identificazione dei pazienti a rischio.
La possibilità di predire il rischio di demenza in base a specifici fattori legati allo stile di vita e alla salute fisica offre un’opportunità unica.
Tra i fattori identificati dallo studio, alcuni sono modificabili, suggerendo che è possibile agire su di essi per ridurre il rischio. Ad esempio, la mancanza di esercizio fisico, l’obesità e il diabete sono stati correlati a un aumento della probabilità di sviluppare demenza. Anche l’assenza di un’assicurazione sanitaria privata e il non aver lavorato o aver lavorato poco entro i 60 anni si sono rivelati predittori significativi.
La ricerca ha evidenziato anche altri fattori, come un basso punteggio in test fisici (ad esempio, forza di presa o velocità di camminata) e una scarsa partecipazione ad attività stimolanti o hobby. Questi aspetti non solo sottolineano l’importanza della salute fisica, ma suggeriscono anche che l’impegno in attività che stimolano il cervello possa avere un ruolo protettivo contro il declino cognitivo.
Lo studio ha inoltre esplorato il ruolo della geografia e dei fattori socioeconomici nel rischio di demenza. Gli individui nati nel Sud degli Stati Uniti, ad esempio, mostrano un rischio significativamente maggiore rispetto a quelli nati in altre regioni, anche tenendo conto di altre variabili. Sebbene razza ed etnia non siano risultati fattori indipendenti, la combinazione di basso reddito e livello di istruzione insufficiente ha dimostrato di aumentare il rischio.
Questo dato evidenzia l’importanza di politiche pubbliche mirate a ridurre le disparità sociali ed economiche, non solo per migliorare la salute generale, ma anche per prevenire condizioni debilitanti come la demenza.
Un aspetto particolarmente interessante dello studio riguarda il modo in cui le persone affrontano i primi segni di declino cognitivo. Secondo i ricercatori, molti individui cominciano a prendere misure pratiche anche prima di ricevere una diagnosi formale. Ad esempio, circa il 29% di coloro che mostrano segni di demenza cerca supporto finanziario dai familiari, e una percentuale significativa si prepara a delegare la gestione delle proprie decisioni legali e pratiche.
Questi comportamenti indicano una consapevolezza crescente del problema, ma sottolineano anche la necessità di fornire maggiori risorse per aiutare le famiglie a pianificare il futuro e a gestire le sfide legate alla demenza.
Nonostante l’importanza della diagnosi precoce, i costi e la mancanza di accessibilità restano ostacoli significativi. Uno degli studi inclusi nel rapporto ha rilevato che mentre l’80% delle persone accetterebbe di sottoporsi a un test cognitivo gratuito, questa percentuale scende drasticamente quando viene introdotta una tariffa di 300 dollari.
Anche l’efficacia dei trattamenti gioca un ruolo cruciale. Circa il 60% degli intervistati ha dichiarato che sarebbe disposto a utilizzare una terapia se questa potesse aiutarli a mantenere l’indipendenza per almeno tre anni in più.
Gli esperti esterni hanno accolto con favore i risultati dello studio, sottolineando l’importanza di concentrarsi su fattori di rischio modificabili per prevenire il declino cognitivo. Clifford Segil, neurologo presso il Providence Saint John’s Health Center, ha elogiato l’approccio dello studio, che si concentra su soluzioni pratiche piuttosto che sull’uso di farmaci controversi come quelli a base di amiloidi. Ha inoltre evidenziato come misure semplici, come fare esercizio fisico e mantenere una buona salute generale, possano avere un impatto significativo.
Ryan Glatt, esperto di salute cerebrale presso il Pacific Neuroscience Institute, ha sottolineato il valore di identificare fattori di rischio precoci, ma ha anche notato che lo studio si basa su dati osservativi, il che limita la capacità di stabilire una causalità diretta. Tuttavia, entrambi gli esperti concordano sull’importanza di promuovere uno stile di vita sano e di rendere i test cognitivi più accessibili.