Alcune monete del vecchio conio, la Lira, ma anche una banconota in particolare, possono valere qualche migliaia di euro. A spiegarlo è Gabriele Tonello, esperto numismatico Aste Bolaffi, in una intervista all’AdnKronos.
“Premesso che rarità e conservazione sono i due parametri di riferimento, possono avere un valore numismatico le 5 lire del 1956: a seconda dello stato di conservazione possono valere tra i 50 e i 100 euro. Stesso discorso per le 2 lire del 1958. Possono arrivare a valere anche 1000 euro le 50 lire del 1958 – sottolinea l’esperto – è una moneta comune ma, in alta conservazione, quello che in gergo si dice ‘fior di conio’, ha un grosso valore”. Attenzione però, quando si parla di moneta in ‘fdc’ si intende una moneta che non presenta segni, “messa da parte quando è uscita, senza passare di mano in mano”, spiega Tonello.
Anche le 100 lire del 1954 possono avere un valore: “Sempre se in buone condizioni, ora come ora hanno un valore che va dai 50 ai 100 euro”. “Se qualcuno ha invece la fortuna di avere ancora in casa la prima serie di monete (1946-1947), serie rare con tiratura bassa, si parla anche di 6mila euro – dice ancora l’esperto – la serie completa del 1946 vale dai 1000 ai 2mila euro, mentre quella del 1947 che è ancora più rara va dai 3mila ai 6mila”. Nessun problema se non si ha tutta la serie: “Si possono valutare anche singolarmente, valgono meno ma comunque valgono”.
Infine c’è anche una banconota che ha il suo valore: “Parlo delle 50mila lire con Bernini, dei primi anni Ottanta, con la scritta in rosso della serie che ha come seconda lettera la E. Può valere tra i 200 e i 1000 euro”. La lira (simbolo: ₤, comunemente anche L. o LIT) è stata la valuta italiana dal conseguimento dell’unità nazionale nel 1861 fino all’introduzione dell’euro, cessando definitivamente di avere corso legale il 28 febbraio 2002. Il 24 agosto 1862 venne emanato il decreto che stabilì la messa fuori corso di tutte le altre monete circolanti nei vari stati preunitari entro la fine dell’anno.
1 lira da 5 g di argento al titolo 900/1000 corrispondeva a 0,29025 g d’oro fino, oppure a 4,5 g d’argento fino (scesi a 4,459 nel 1863), cioè allo stesso valore della vecchia lira napoleonica e del contemporaneo franco francese. Con quest’ultimo c’era una totale intercambiabilità, che permise la creazione dell’Unione monetaria latina e la libera circolazione del franco francese, del franco svizzero e del franco belga sul territorio nazionale italiano.