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Venerdì 17, perché porta sfortuna? Ecco da dove nasce questa credenza popolare

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Venerdì 17, perché porta sfortuna? Ecco da dove nasce questa credenza popolare

ROMA – Venerdì 17 è sinonimo di sfortuna. La patologia, perché si parla di questo, che colpisce molte persone che in questa giornata preferirebbero chiudersi in casa per non correre rischi, prende il nome di Eptacaidecafobia, dal greco “paura del numero 17”. Si tratta di un insieme di storie sfortunate del mondo occidentale legate al quinto giorno della settimana e al numero 17. Il venerdì è per i cristiani è il giorno della morte di Cristo (avvenuta il venerdì Santo), e il numero 17, associato alla sfera del maligno.

I primi ad avere associato il numero 17 al maligno furono gli antichi greci. Avevano ribrezzo per questo numero perché si trova fra il 16 e il 18, che invece rispecchiano la perfezione in quanto rappresentazione di quadrilateri 4×4 e 3×6. Inoltre l’Antico Testamento racconta che il diluvio universale iniziò il 17 del secondo mese. Nell’impero romano, poi, il numero 17 è associato alla sfortuna per diverse ragioni, militari e sociologiche. Nel 9 d.C., ebbe luogo la battaglia di Teutoburgo, in cui le legioni 17, 18 e 19 furono sbaragliate dai germani di Erminio. Nell’Antica Roma, poi c’era l’usanza di scrivere sulle tombe “VIXI”, in latino: “ho vissuto”, quindi “sono morto”. Nei numeri romani, “VIXI” è l’anagramma di XVII, cioè 17. Infine la smorfia napoletana dove il numero 17 è, come detto, sinonimo di sciagura. 

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