Guerra (mondiale) alle donne: le vittime non si contano solo in numeri arabi

ROMA – Per far capire al grande pubblico le dimensioni del fenomeno-violenza sulle donne, i numeri sono un’arma pubblicitaria più efficace di qualunque campagna-choc. E se è vero che nel mondo è una piaga che si conta perlopiù in numeri arabi, in quei Paesi dove le donne sono segregate picchiate e lapidate per religione o per tradizione, è vero anche che non c’è strada o piazza d’Occidente, da Salonicco a San Francisco, da Palermo a Stoccolma, dove una donna possa sentirsi sicura. E una volta entrata in casa, le cose vanno ancora peggio. La guerra contro le donne – che si trascina da millenni, da quando le società patriarcali s’imposero sulle matriarcali – non conosce censo, latitudine, quartiere. E la parentela o gli affetti non sono un bunker che protegge, ma molto spesso un lager che opprime.

La mano che picchia o che uccide infatti è spesso quella del partner o ex partner: in Europa in sette omicidi di donna su dieci l’assassino dormiva o aveva dormito nell’altra metà del letto. Dato campione: nel 2006 nei 27 Stati europei 2.419 donne sono morte così. E negli anni successivi non sono diminuite. Mentre solo il 4% degli uomini uccisi è stato ammazzato dalla fidanzata/moglie/ex. Sempre in Europa, 1 donna su 4 ha subito almeno una volta nella vita violenza all’interno delle “relazioni di intimità”.

Se le europee hanno paura, le italiane ancora di più. E non è solo una questione di quote rosa. Secondo il “Global Gender Gap” (pdf classifica completa)“, il rapporto sulla disparità fra uomo e donna del World economic forum, l’Italia è al 74° posto su 135 Paesi, dietro a Malawi, Romania e Bangladesh. Siamo il Paese in cui è stata vittima della violenza maschile una donna su tre tra i 16 e i 70 anni. Sei milioni 743 mila, secondo gli ultimi dati Istat. Ma il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle da partner non vengono denunciate. Lo stesso nel caso degli stupri (91,6%). Dal rapporto Istat:

Tra le violenze fisiche è più frequente l’essere spinta, strattonata, afferrata, l’avere avuto storto un braccio o i capelli tirati (56,7%), l’essere minacciata di essere colpita (52,0%), schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi (36,1%). Segue l’uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1%) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (5,3%). Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero l’essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5%), l’aver avuto rapporti sessuali non desiderati (19,0%), il tentato stupro (14,0%), lo stupro (9,6%) e i rapporti sessuali degradanti e umilianti (6,1%).

E poi c’è il “femminicidio, neologismo che indica l’assassinio di una donna in quanto “femmina”. Centonovantadue donne uccise così nel 2009, centosettantadue nel 2010, quest’anno siamo a 70. Nell’ultimo decennio, non sono passati tre giorni senza che una “femmina” venisse ammazzata in Italia. In quanto “femmina”. Ma c’è anche di peggio, uscendo dai confini. Nella sola città di Ciudad Juarez, in Messico, mille donne sono state uccise in 10 anni, tutte dopo esser state rapite, seviziate, mutilate e strangolate. L’impunità dei loro carnefici è vicina al 100% dei casi.

Uccise perché femmine anche quando non sono ancora nate: è l’aborto selettivo, pratica con la quale negli ultimi trent’anni in India è stata tolta la vita a dodici milioni di bambini. La spia sono il rapporto tra i neonati maschi e le femmine. Lo standard è 105 uomini ogni 100 donne. In Albania è arrivato a 112 fiocchi azzurri ogni 100 fiocchi rosa. In Toscana, complice la forte immigrazione dall’est e da Cina e India, fra il 2008 e il 2010 mancavano all’appello cinquecento neonate. Dall’altra parte del mondo, in Canada, nella regione dell’Ontario ogni 120 secondi figli maschi ne nascono 100 femmine, se la madre è coreana. Se la madre è indiana, il rapporto sale a 136 contro 100.

La consolazione? Secondo i dati Unicef la mutilazione genitale femminile, l’asportazione intera o parziale del clitoride per negare alla donna il piacere dell’orgasmo, è in diminuzione. Il 99% delle guineane fra i 15 e i 49 anni l’ha subita, ma fra le loro figlie la percentuale scende a 54%. Anche in Egitto, a fronte di una generazione con 97% di infibulate, la successiva conta “solo” il 47%. Una tortura, un cilicio alla sessualità femminile che però continua a riguardare 130 milioni di donne nel mondo.

E se da Islamabad a Lagos le donne nel mondo islamico devono districarsi in una selva di tabù, molti ce ne sono ancora nel magnifico e progressivo mondo occidentale. Per esempio, mentre il Bangladesh, l’Indonesia, il Pakistan e la Turchia hanno eletto un premier o un presidente donna, così non è ancora successo negli Stati Uniti, in Francia (e in Spagna, in Italia…). Per non parlare della ricchissima Svizzera, dove le donne fino al 1971 non potevano neanche votare.

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