Al via l’era Prandelli, ottimismo e positività: “Sarà un’Italia di qualità”

Giovane, positivo, ottimista. Fin dalle prime parole pronunciate come ct dell’Italia (“Sarà un’Italia di qualità”). Cesare Prandelli è da oggi il volto nuovo del calcio azzurro che vuole e deve ripartire dopo il flop al Mondiale sudafricano. La scelta del tecnico di Orzinuovi è anche il segnale di un movimento che vuole svecchiarsi, abbandonando i cliché di tensioni solo in apparenza inevitabili.

Del resto, la parabola di Prandelli è quanto di più calcisticamente corretto si possa immaginare. Gran faticatore di centrocampo e plurivittorioso con la Juve, poi allenatore di talenti nel settore giovanile dell’Atalanta e di progetti pieni di idee, da Parma a Firenze, passando per la breve esperienza romana, la sua è una lezione di vita più che di calcio.

Perché dalla Capitale che lo aveva accolto con un ‘Ave Cesare’ se ne andò per star vicino alla moglie gravemente malata. In molti, poi, furono felici del rientro da quella rinuncia. Fino al coronamento azzurro, raggiunto con l’accordo con la Federazione per il quadriennio 2010-2014. Probabilmente, quando a 18 anni calcava i campi della C1 con la maglia della Cremonese, Claudio Cesare Prandelli non pensava che un giorno sarebbe potuto diventare il commissario tecnico della nazionale.

Invece già la sua carriera da calciatore è stata scandita da numerosi trionfi, e poi quella da allenatore costruita con una scalata costante che, se non ha portato a trionfi, gli è però valsa l’apprezzamento di tutti. E così, forte della stima dell’intero mondo del calcio tricolore, è arrivata la panchina della nazionale.

Nato il 19 agosto del 1957 ad Orzinuovi (Brescia), Prandelli cresce calcisticamente nella Cremonese, ma debutta in serie A nel 1978, a 21 anni, con la maglia dell’Atalanta. E’ un mediano di fatica, ed è proprio per crescere all’ombra di Furino che la Juventus lo tessera nell’estate del 1979: in sei stagioni in bianconero Prandelli vincerà tutto (3 scudetti, 1 Coppa Italia, 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe ed 1 Supercoppa europea) anche se non riuscirà mai a giocare con continuità. Forse e’ per questo che nel 1985 decide di tornare all’Atalanta, dove chiude la carriera nel 1990. Proprio a Bergamo comincia la sua carriera da allenatore: si forma nel settore giovanile atalantino, gestito dal grande Mino Favini, e dopo aver vinto uno scudetto primavera e un torneo di Viareggio nel 1993, compie la sua prima esperienza da professionista accettando di subentrare a quello che poi diventerà il suo grande rivale, Guidolin, proprio sulla panchina dell’Atalanta, nella stagione 1993/94.

Nel 1997/98 arriva al Lecce, sempre in serie A, dove si dimette a metà stagione, poi in due anni a Verona ottiene una promozione in A e una salvezza. A Venezia, dove ottiene un’altra promozione in A, arriva il suo primo e finora unico esonero. A Parma entra nelle mire delle grandi squadre conquistando due quinti posti e lanciando o rilanciando giocatori come Mutu, Gilardino e Adriano.

Nell’estate del 2004, grazie a questi risultati, viene ingaggiato dalla Roma, ma è costretto a dimettersi prima del via del campionato per i problemi di salute della moglie Manuela. Proprio per questo motivo si prende un anno di pausa, prima di accettare, nell’estate 2005, l’offerta dei Della Valle: a Firenze arriva la consacrazione, grazie a quattro piazzamenti di fila fra le prime quattro (anche se i primi due verranno vanificati dalle penalizzazioni di Calciopoli) oltre al raggiungimento della semifinale di Coppa Uefa nel 2008 e degli ottavi di Champions nella stagione appena conclusa.

Una stagione, quella fiorentina, in cui l’amore con la gente è stato quasi un marchio di fabbrica: così come il fair play che il tecnico ha consacrando portando, in sintonia con la linea societaria, sul campo di calcio il terzo tempo. Durante l’avventura fiorentina, però, scompare la moglie. Un evento che cementa ancora di più il rapporto con la tifoseria gigliata.

Il resto è storia di questi giorni. S’incrina il rapporto con Diego Della Valle che va ad inserirsi in una situazione non idilliaca da sempre con il ds Pantaleo Corvino. La nazionale lo attende ed è la giusta via d’uscita per tutti.

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